Bushi ni nigon nashi

Mi ricordo che gridavo. Mi ricordo che piangevo.


"Mi sono fermato e ho ascoltato le grida e ho gridato anch'io.Ho gridato quanto più forte potevo gridare. Nessuno mi ha sentito e nessuno mi ha risposto.Ho gridato quanto più forte potevo gridare, ma nessuno mi ha sentito".[James Frey - In un milione di piccoli pezzi] Mi ricordo che alla fine ho sorriso.Io sorrido sempre.Ho sorriso e preso a strapparmi via i pensieri dalla testa con quel paio di tenaglie pesanti che tengo nel cassetto per le emergenze. Ho chiuso gli occhi, perchè non mi tradissero e sorriso.Poi è arrivata la musica. Quella che mi nasce nelle tempie per salvarmi.Quella musica di pianoforte senza argini che sempre e per sempre mi condurrà lontana anni luce da dove non voglio essere.Sai come va a volte, che ti senti l'anima rivoltata e uno strano dolore alla bocca dello stomaco, qualcosa che grida, scalcia e strepita punti interrogativi e se ne sta senza una risposta a frignare con le sue ridicole domande tatuate sulle braccia.Quello che pesa più di tutto, alla fine, è il silenzio.Ci sono persone che poi non ce la fanno.Perchè hanno talmente tanto amore dentro e sono così fragili in certe sere che basta poco, un sorso di troppo, quell'ultima boccata, e il dolore prende il sopravvento e ti distrugge.Basta poco. Basta essere così, come me.Per resistere devi tenerti stretti i tuoi sogni e non sognare che bellezza, per tutti, e gioia, per ogni cosa, e valore, per le cose che fai, onore, anche negli sbagli, coraggio, per la vita. Anche quando si incasina, anche quando mente, anche quando poi, alla fine, si dimentica di te o comincia a prenderti in giro, come fa con me, giocando come fossi una marionetta del circo dei matti.Mi costringe la vita. Mi mette alla prova, proprio quando ho l'anima consumata dal tempo e dagli inganni e poi si nasconde, lasciando intorno indizi fatti di fumo.Stasera no, ti prego. Potrei non farcela.E' che nel tempo ho ritrovato il mio orgoglio sottovuoto. Gli ho dato una spolverata e ricominciato ad usarlo, me lo stendo sul viso con un pennello piatto, come fanno certe donne col fondotinta.Mi fa sentire, sai, come se avessi un peso nel disegno delle cose, come se davvero contasse essere quel genere di persona che ci tiene ad essere quella che fugge, perchè se fuggi hai vinto, come in amore. Ma l'amore non c'entra. Non questa volta.C'entra l'attesa. L'ambizione. La paura di non farcela.Le domande, tutte insieme, che si riversano sui miei cuscini ogni volta che vado a dormire.La musica stasera ha quel non so che di malinconia velata da sassofono triste. Se ne sta in alto sulla punta della luna e scende con una pioggerellina di note che filano come stelle di natale.Non gli puoi dare un nome a serate così, quando il tempo sembra si trovi addosso delle crepe e prenda a ripararsi da solo e malamente, sovrappnendo gli strati, appuntando gli orli, creando inestetici spessori, cuciture grossolane.Io ho fatto del mio meglio, credo di essermi impegnata come mai prima d'ora.Sono scesa a compromessi, creduto a piccoli, subdoli ricatti, ingoiato rospi dalla pellaccia dura e ricoperta di pustole tossiche come fossero bonbon di zucchero e canditi. Mi sono bendata per non guardare e ho fatto finta che potesse essere abbastanza per una come me. Ma sbagliavo.