Bushi ni nigon nashi

Guardo le stelle... prendo coraggio. Sopravvivo.


 Stasera ho scritto una mail a Sham. Le ho raccontato ogni cosa, le sensazioni, i sentimenti, il senso del non senso, la disfatta, l’abbandono, le luci nella notte, i miei risvegli, le ho detto di tutte le volte che mi sforzo di fare qualcosa di importante mentre quello che vorrei è lasciarmi cadere nel vuoto. Ci sono cose, come questa musica di pianoforte, che sembrano parlino di me. Che raccontino il mio stato meglio di qualunque post o sms ed e-mail io decida di scrivere. Così ho deciso di non provarci per un po’ e di mettermi lì a leggere tweets in giro, regalare stelline di approvazione, copiare sui miei quaderni pezzi di libri che mi hanno accarezzato il cuore in questi giorni. Sembra di vivere dentro le citazioni. Questi giorni che sono pieni di uno strano senso di primavera. Il dolore che sto incubando, il male profondo, lo stato di abbandono in cui versano le mie braccia, l’acqua dagli occhi, il sorriso spento stanno via via lasciando il posto ad una specie di rassegnazione. Il fiume di desolazione che straripava ad ogni tramonto ora scorre composto e lento nel suo letto di ciottoli e ghiaia, l’angoscia della prima sera è stata domata, adesso dorme accoccolata come un gatto selvatico sulla poltrona dove alle 3.40 di ogni notte la raggiungo. Aspetto l’alba accarezzandomi i ricordi come un vampiro affamato e poi torno a letto, dove riesco a dormire altre due ore. Poi è giorno. E con la luce del sole la vita è più sopportabile. Poi tragitti, scale e ascensori. Telefoni, computer, persone, persone, persone e spremersi fino all’ultima goccia, fuorché… pensare. Stasera sono tornata in quella chiesa. E non è stato per pregare. Sono entrata e mi sono seduta in un angolo. C’era come una musica d’organo che non faceva alcun suono. C’era quindi un silenzio d’organo. E c’ero io, che riuscivo ad esistere in un posto, immobile, senza impazzire. Le chiese mi hanno sempre fatto piangere. E sempre mi sono chiesta il perché. Forse è per quell’uomo morto, appeso lì sulla croce. Forse è per l’esattezza di tutte le centinaia di candele accese da una speranza. Forse è per l’incanto straziante di quei vetri colorati, le colombe bianche, i fiori sempre freschi, la luce limpida che filtra dalle porte. Forse è per il principio della cassa armonica, che aumenta l’intensità del suono e ne caratterizza il timbro, sfruttando il fenomeno della risonanza, che mi sembra di sentire di più [me] quando ci sono dentro. "Abbi il coraggio di restare pur avendo fallito alla grande. Fai che la gente si chieda perché sorridi ancora…”