Bushi ni nigon nashi

Solo un imprevisto potrà salvami da me stessa...


 
Ispirata no. Satura forse. Debordante di motivi. Ecco perché sono qui anche stasera. Con l’anima a brandelli e il sangue che mi va a fuoco. Scriverò fino a che non mi sentirò svuotata. Quindi preparatevi, se avete voglia di leggere, oppure andate… mica mi offendo. Del resto danno la partita su qualche canale. Lo so perché in questo palazzo e in quello di fronte e a destra e a sinistra e in fondo al viale gridano tutti. A Roma usa così, cori da stadio in salotto, vuvuzela sul balcone. E’ la cultura der pupone, mica puoi fargliene una colpa. Io ho scostato le tende e aperto questa finestra che da sui tetti prima ancora di telefonare. Perché ho bisogno di scrivere e lo sa chi mi conosce davvero, il mio è un impulso senza opzioni. Non importa cosa, non importa dove né perché, io mi fermo da tutto – di solito – raccatto qualcosa che scriva o macchi o tagli e lo faccio. Vale lo stesso per le superfici. Basta che siano.Andava bene tempo fa, quando si scarabocchiavano fino allo sfinimento le tovagliette dei pub, una volta ci ho scritto sopra che l’amore avrebbe salvato il mondo. E pensavo davvero l’avrebbero incorniciata una volta che me ne fossi andata. Era quel genere di cosa che credi quando sei alle stelle e hai tutto quello che ti serve per essere felice e ti senti fortunata e grata e hai mille grazie nella testa che non sai a chi rivolgere e per questo cerchi di contagiare lo spazio circostante e chi lo abita con i tuoi deliri da Pollyanna. Stasera pensavo che vorrei provarla un’altra volta la sensazione di non voler essere in nessun altro posto al mondo. Solo un’altra volta, un’altra piccola illusione e poi smetto. Giuro.Ma immagino sia tardi ormai. E che il mio essere un’adulta mi preserverà dalle emozioni troppo forti. Come no.La fatica per sembrare indifferente mi sta consumando da dentro, ma mica demordo. Me ne accorgo che vado in pezzi, ma resisto. Stoica. Davanti al disastro delle mie questioni di  principio. Una poltiglia informe che sa di roba andata a male.Le energie che disperdo cercando di far finta di niente vengono sottratte al traballante raziocinio che mi contraddistingue, tutti i Non Importa che ho collezionato cominciano ad importare e so che presto o tardi mi faranno un culo così. Prendo provvedimenti per la coerenza, gli aggrovigliamenti inaspettati e i mesi di silenzio e zuccherini. E’ difficile comprendere perché fra tutte le voci e i silenzi e i modi di camminare e di ridere e di fare l’amore in cui ti imbatti capita quello che ti raggiunge proprio lì , dove fa sempre freddo, e lì rimane. E’ difficile, ma in qualche misura lo capisci subito che sei fregata, ti rifili storielle come se avessi ancora l’energia per crederci. E te le racconti fino a che non diventano credibili. C’è questo di patetico.Una volta mi ha scritto una tipa che era stata lasciata dal suo uomo perché lui la amava troppo e aveva annullato tutto per lei e non ne poteva più. Un’altra volta ho sentito di una ragazza che ha lasciato il suo amore perché temeva di perderlo e non voleva soffrire. E’ paradossale, no? Già me li immagino i miei 25744 illustri sconosciuti che si agitano e scalpitano che l’amore è una cosa semplice e che abbiamo gli occhi foderati di prosciutto e i sensi anestetizzati dal sale delle nostre lacrime e bla bla bla quanto la fate lunga. Noi donne sappiamo praticare l’antica arte dell’astrarci totalmente da una valutazione razionale dell’individuo – oggetto del nostro interesse - che abbiamo di fronte per puntare tutto su “quello che sentiamo”. Ci fidiamo più dei nostri sensi, regolati da ormoni, bisogni e fandonie, che dei fatti nudi e crudi. Solo le onde d’urto ci riportano alla realtà, quella zona di discontinuità che ci mette in subbuglio le emozioni, il campo fluidodinamico che ondeggia altalenando tra dentro e fuori, esserci e sparire, scrivere e tacere. E’ allora che cominciamo a tenere duro. A soppesare le situazioni, ridimensionare le aspettative, rivalutare l'amore - o quantomeno il rispetto - per noi stesse. E tieni oggi, tieni domani diventi di cemento armato e ti ritrovi i chiodi dentro al cuore e scaglie di diamante al posto degli occhi, legno di quercia sui polpastrelli e sai quella patina di resina vischiosa che sembra Distacco di cui ti ricopri? E’ un’armatura. Si chiama difendersi. Siamo tutti, forse, il Peter Pan di qualcuno.Innocenti: tutti.Senza cuore, con chi è davvero pronto a darci il suo.[C. Gamberale]