Bushi ni nigon nashi

Vorrei poter credere che la vita sia davvero qualcosa di più di un fiume che ti trascina via...


E’ che nutrivo molte aspettative nei confronti della settimana appena trascorsa. Pensavo che qualcosa sarebbe accaduto, di grandioso, e che tutto sarebbe stato come desideravo fosse.Credevo in un’epifania. Nella salvezza, nella morte e resurrezione. Credevo, soprattutto. E forse aspettavo, intimamente, che quel sogno fatto al mattino, con l’alba che entrava dalle finestre, si sarebbe avverato. Mia nonna lo diceva sempre. Non raccontarli i sogni che fai, che se no non si avverano più, diceva. Io non li ho raccontati a nessuno. Li ho cullati nella mente per un po’, accarezzati alla luce del sole e rigirati tra le mani come fossero un cubo di rubik da cui tirar fuori una soluzione. Orienta gli spigoli e posiziona gli angoli. E tenta di non disfare la parte del cubo che hai risolto. Dei 43 miliardi di miliardi di combinazioni prima o poi l’azzeccherai quella giusta, che diamine.Una cosa che ho capito con il tempo è che quello che credi di sapere di te stessa è solo una minima parte delle cose che la vita ti farà scoprire di essere. Io ho capito di avere il tipo di pazienza che solo i vinti hanno. Quelli che tanto, che vuoi che cambi, un giorno in più, una settimana, mesi, anni. Non importa. La vita è talmente lunga e il mondo così vasto e il mare di combinazioni del mio cubo magico sterminato. La mia è una sorta di pazienza meditativa. Il tipo di calma apparente che nasconde un ribollire di emozioni ingestibili, voli pindarici, doppi salti mortali, tuffi carpiati e contorsioni spasmodiche. "Avrei superato meglio quel momento se le mie emozioni mi avessero tirato tutte nella stessa direzione, ma non era così semplice. Venivo sbattuta di qua e di là come un foglio di carta nel vento". Così mi costringo al silenzio, alla vita, all’impegno, agli interessi, agli amici, all’avere sempre qualcosa da fare, pur di non dar voce alle debolezze delle 2.30 di notte. Faccio finta di nulla, ma mi accorgo di tutto. Ascolto i suoni, imparo lezioni e seguo andamenti, metto mi piace. Non chiedo. Non più.Ho capito che avrei dovuto smettere quella sera che fu, quando alla fine di tutto le risposte c’erano, ma mancavano le domande. Soprattutto mancava la parte bella di ogni inizio.Che poi non esserci è un no. Te lo prendi in faccia come uno schiaffo e finisce che ti spella viva e basterebbe anche quello, senza tutte le cambiali di circostanza da accettare come garanzia. Basta quello. Non esserci è un no. Mi sono chiesta più volte che cosa ha determinato tutto questo.Se congiunzioni astrali sfavorevoli, interazioni stellari improbabili, eclissi lunari ed eruzioni vulcaniche abbiano interferito in maniera così inaspettata e preponderante nella mia vita, se invece si tratti della solita storia del si chiude una porta affinché si possa spalancare un portone e abbassare un ponte levatoio, se magari ho sbagliato qualcosa, se non sono abbastanza o se semplicemente non poteva funzionare.Forse dipende dalla personalità. Come diceva Chiyo è una questione di elementi. Nella mia probabilmente ci sono acqua e legno.  L'acqua si scava la strada attraverso la pietra e, quando è intrappolata, si crea un nuovo varco, ma il legno mi tiene ancorata al terreno come un albero sakura, impossibile da estirpare. Quale dei due prevalga è questione di momenti.In certe notti mi dimentico le questioni di principio e sono come in balia di una malefica dolcezza che mi fa dire le cose giuste alle persone sbagliate. E viceversa. Altre mi ritrovo ad introdurre nuove variabili ai metodi di risoluzione del cubo. Mi blocco su una fase, sbaglio mossa, ragiono troppo, disfo tutto e ricomincio. Resto incollata al terriccio dei miei “basta quello”.Predico bene e, invece di razzolare, ruzzolo male. Di pancia, faccia a terra e gomiti scorticati, come succede a tutti quelli che inciampano sulla persona giusta al momento sbagliato. E viceversa. “Le avversita’ assomigliano a un forte vento che non soltanto ci tiene lontano dai luoghi in cui altrimenti saremmo potuti andare, ma ci strappa di dosso tutto il superfluo cossichè in seguito ci vediamo come realmente siamo e non come ci piacerebbe essere.”[A. Golden - da Memorie di una Geisha]