Bushi ni nigon nashi

Disegni ambigui e macchie di inchiostro. Carenze.


 
E’ una sera da scrivere. Ecco perché sono qui. Con il culo sul pavimento piastrellato del balcone, la schiena contro l’armadio delle scope, le gambe incrociate, gli occhi pieni delle stelle che non vedo, le dita che prudono delle parole che non dico.In questi giorni di fughe sconclusionate piene di attese, progressi professionali e rapide smentite sottaceto, luci stroboscopiche ed ombre cinesi, ho avuto a malapena il tempo di soffermarmi sulle cose sbagliate e dar loro un nome. Le ho chiamate impulso, urgenza e sentimento. E mi hanno portato nient’altro che guai.Guai con il pensiero logico. Le muffe razionali, i grilli sparlanti, le oscurità emotive, l’allergia alle privazioni, gli spiragli soprattutto. Le porte che lasciano passare la luce, quel tanto che basta per pensare che lì dietro c’è il giorno. E’ come se il domani avesse un nome, da pronunciare sottovoce, ma non arrivasse mai. E questa specie di notte prima degli esami sa di cannella e uva fragola, birra cruda e sapone di marsiglia. Così giro intorno alla luna stanotte, che mi dia delle risposte, se ne ha. Perché io so solo che, come quello, so di non sapere.Stasera sto scrivendo come se in realtà stessi componendo una macchia di Rorschach, sporco il foglio un pezzo alla volta, riempio righe, incastro dettagli, ma in realtà quello che vorrei dire è che non ho nulla da dire. A parte, forse, questo smisurato bisogno di raccontarsi verità, come fanno quelle amiche che passano pomeriggi interi a mangiare gelato e scambiarsi monosillabi, solo per il gusto di condividere. Che tanto, alla fine, qualcosa verrà fuori.E ci scommetto le ginocchia, qualcosa verrà fuori anche da questo post, che è nato così, come una voglia segreta e non può chiudersi senza nulla da dire. Ma anche sì. Del resto, pare sia così che funziona"Si sedette sui gradini, senza entrare. Era ancora buio. C'erano rumori strani, rumori che di giorno non si sentono. Come briciole di cose che erano rimaste indietro, e adesso si davano da fare per raggiungere il mondo, e arrivare puntuali all'alba, nel ventre del rumore planetario.C'è sempre qualcosa che si perde per strada, pensò. Devo smetterla, pensò. […] Non si finisce da nessuna parte, così. Sarebbe tutto più semplice se non ti avessero inculcato questa storia del finire da qualche parte, se solo ti avessero insegnato, piuttosto, a essere felice rimanendo immobile". [Alessandro Baricco - City]