Bushi ni nigon nashi

L'amore salverà il mondo.


 
Mezz’ora e poi vado, lo giuro. Scrivere stanotte ha un sapore strano, agrodolce direbbe qualcuno. Io “agrodolce” è una definizione che detesto. Forse perché lo usa Adele in quella canzone, non so. E lo so, lo so, non fate caso a come scrivo stanotte, prendete tutto per buono, perché vado di getto, di pancia, come stessi vomitando. Che poesia. E’ da tanto che non vengo qui. So che altri hanno bazzicato questi luoghi, cercando risposte a domande mai fatte, pezzi di vita vissuta in comune, situazioni in cui riconoscersi. Ma sapete, a volte siamo solo degli sconosciuti capitati per caso nelle foto degli altri. Gente di passaggio dentro un’inquadratura. Non c’è nulla che ci tenga, nulla per cui gli altri dovrebbero tenerci. Saremo per sempre la figura sullo sfondo, l’immagine sfocata, la sagoma irriconoscibile. A volte bisogna rassegnarsi ad essere le comparse in un colossal, la maschera a teatro, il tizio dei pop corn. E non è che sono venuta qui tutta di fretta per fermarmi a dire questa roba qui, è stata solo un digressione, una delle tante che di certo mi capiterà di fare, scombinata come sono. E’ che di emozioni contrastanti ne ho collezionate così tante negli ultimi tempi che non so più se le lacrime che piango a volte, su quella male/benedetta panchina del parco siano di gioia o dolore. Vado a correre ancora se non piove, nonostante gli allenamenti di calcio continuo a correre come se non ci fosse un domani, e al diavolo la pioggia, il freddo e le foglie secche. Quel posto mi ha salvato la vita troppe volte per poter pensare di abbandonarlo. Che dicevo? Ah, sì ecco, vedete? Mi perdo nei discorsi. Dicevo che vado a correre e andando via raggiungo il boschetto, mi siedo su quella panchina (sempre la stessa of course), metto la testa in mezzo alle ginocchia e piango. E lo so che detta così ci sarebbe da mandarmi che so, la lega del nastro rosa, quelli contro la violenza sulle donne, un telefono amico almeno, il wwf finanche, qualcuno che venisse a darmi una botta in testa, ma vedete, non è una cosa triste. E’ un cosa che a pensarci sa proprio di infinito. Perché a me, quello che mi scatena il pianto, è l’emozione. Emozione per due che si tengono per mano, per la gente che sorride, per i bambini che corrono, per le nuvole, ecco sì, l’emozione per le nuvole, i raggi del sole che filtrano tra i rami, i cani, i treni, i fiori, le canzoni nelle cuffiette. Stasera guardavo il mondo dal finestrino di un pullman affollato di gente che, come me, tornava a Roma dopo il weekend. Bloccati sul raccordo insieme ad un altro milione di persone che strombazzavano e si incazzavano e sbraitavano agitando braccia, alzando toni, luci e livelli di testosterone (come fanno gli animali per la conquista del territorio). Con la testa appoggiata al vetro e gli occhi aperti sui sogni, ho incrociato la traiettoria di due che ridevano e si baciavano e parlavano e si sfioravano e ah, un miracolo on the road ho pensato, l’amore ho pensato. Questi due si salveranno ho pensato.E io ho bisogno di un rifugio ho pensato. Adesso, sapete. Un rifugio e qualcuno che mi tolga la ruggine dal cuore, perché così non ce la faccio. Qualcuno che mi sbottoni l'anima, non solo la camicia. Ho bisogno di ricominciare a crederci, perché non mi fido più, non mi confido più. Di nessuno e con nessuno. C’ho questa specie di morte che qualcuno m'ha seminato dentro, una solitudine fredda, un silenzio che grida. Una cosa che fa a pugni con l'emozione.E sapete quelle situazioni senza domani, come quando state facendo la cosa sbagliata ma va bene uguale?Ecco, va bene uguale. Forse sbaglierò. Forse cadrò e farà male da morire.Forse troverò quelle mani [com’era quella parola per descrivere le mani che si trovano eccetera, come cazzo era quella parola che non mi viene, c’era una parola… ] e invece di camminare comincerò a correre. Non lo so, non so più niente... ma ehi, quella parola forse l'ho trovata, vorrei chiamarla destino, ma non mi sembra ancora il caso, però la voglio.Come diceva quella lì, dovesse far male da morire è vivere che voglio.