Bushi ni nigon nashi

Di risposte emotivamente deficitarie, esitazioni perpetue e altre incertezze...


 
Che alla fine, di domeniche di pioggia, mica si muore. E non ci sono risposte per quelli che “le candidature solo se realmente interessati”. Sono quesiti difettosi, quelli dei pomeriggi grigi. E certe risposte si rendono inservibili se portano solo a nuove domande. Ma tant’è. Uno dei Simone, che una sera di queste mi ha regalato un fiore giallo, mi ha detto che le emozioni è importante viverle e non – sempre – analizzarle. Smettila di chiederti il perché delle cose, ha detto poi. Io volevo rispondergli che io la devo ringraziare quest’apparente ricerca di stabilità, la mia voglia di discernere. Il distinguere. Se no sarei una bandiera al vento.Ve la metto giù come va di moda oggi: sono un’addicted del capire. Sarò “rigidina”, che vi devo dire, magari ha ragione lui, sono una dipendente dai perché e dai per come, forse da piccola mi lanciavano in aria per giocare e poi non mi prendevano, ma questa cosa che tanto è uguale e tutto è così e basta e tanto poi il senso arriverà da solo e comunque dipende, a me scombussola, mi spettina e mi fa venir voglia di gridare vaffanculo, non è vero.La sequenza emotivo-sentimentale degli ultimi tempi la conoscete già, io giro per un po’ intorno ai miei recettori sensoriali, do loro un codice fiscale, un ruolo e una scadenza ben precisa in modo che sembri più semplice gestirli o visualizzarli in un’esatta simmetria (che poi esatta non è mai) e alla fine fuggo via terrorizzata. Chi vuole essere lieto sia, del doman non v’è certezza è un concetto superato come lo yogurt da bere, a me questa cosa di fare le cose tanto per m’ha stancato. E ci ho provato eh, non si dica che non ho tentato, ma sto crollando sotto il peso delle cose che non capisco. E, sempre per quella vecchia storia del guerriero della luce, io voglio dare valore alle cose che faccio.E lo so che sono una stramba cervellotica adoratrice di equazioni, ma per me trovare il senso delle cose è una missione, la ricerca di logica è uno stile di vita e ultimamente comincio a sentirmi sola in questo mondo di persone che non ha mai dubbi su niente.Azzardo punti interrogativi a volte, perché è così che sono stata cresciuta,  e mi guardano con gli occhi stralunati come a dire “ma perché mi dovrei fare di questi problemi ?” E tutti che mi rispondono non lo so, tutti che dicono è uguale, tutti vivi il presente, non preoccuparti, non prenderla così, non importa.Questo significa che tutti fanno cose e non sanno perché, dicono una cosa e sarebbe stato uguale se ne avessero detta un’altra, non hanno obiettivi, non hanno coscienza, non conoscono empatia e se ne fregano. E sono io quella strana.E’ solo una questione di onestà intellettuale, non di morale. E il punto non è cosa è giusto e di cosa è sbagliato, il punto è quello che significa per me. Il modo in cui mi fa sentire il non guardarmi più indietro, il transitare su una scala interiore di valori che si disfa sotto il miei passi, il mostrare, più che l’essere.Io lo so che le domande fanno casino e complicano la vita, e va detto che le cose migliori le ho fatte per sbaglio, ma io “che sto facendo di buono” me lo domando tutte le sere, e per amore dell’indelebile mi affido alla capacità di discernere che ci siamo tramandati di padre in figlio, che devo fare. Lascio che le parole mi sanguinino dalle dita come succede stasera, limito i danni, pretendo risposte ma ho troppa paura di far domande esplicite, mi arrendo allo sfacelo degli eventi e poi mi ricompongo.E poi di colpo alzo gli occhi da questo computer e c’è la notte e fuori piove e neanche la ricerca di senso ha più senso.