Creato da Gioiasole il 24/11/2006

Funambola

Il segreto per andare avanti è iniziare (S. Berger)

 

 

Post N° 116

Post n°116 pubblicato il 08 Dicembre 2007 da Gioiasole

 
 
 

Post-Test

Post n°115 pubblicato il 07 Dicembre 2007 da Gioiasole
Foto di Gioiasole

Rubacchiato indegnamente da Ale, Up e Ody.
S’è persa la 13: significante?


01 - Che ora è: sono le 21.50
02 - Nome: per gli amici, Lu
03 - Compleanno: 1 Gennaio
04 - Segno zodiacale: Sirena (la coda del mio segno)
05 - Tatuaggi: Non mi piacciono
06 - Piercing: Non li sopporto
07 - Sei innamorata?: Magari
08 - Ti piaci interiormente? Direi di sì
09 - Hai già amato al punto di piangere per qualcuno? Eccome
10 - Hai mai fatto un incidente con la macchina? No
11 - Mai avuto una frattura? No
12 - Pepsi o coca-cola? Chinotto
14 - Colore preferito per l'intimo? grigio perla
15 - Misura di scarpe: 36
16 - Numero preferito: 6
17 - Tipo di musica preferita? Cantautori italiani, gospel, hip hop
18 - Doccia o bagno? Bagno, tantissimo
19 - Cosa odi? I prepotenti e i violenti, gli arroganti e i supponenti, gli egoisti e i maleducati. Le categorizzazioni, lo snobismo e il campanilismo; tutto ciò che può indurre distanza emozionale dagli altri
20 - Come ti vedi nel futuro? Finalmente serena
21 - Da chi hai avuto l'idea di questo test? Da Ale, Up e Ody
22 - Quale dei tuoi amici vive più lontano? Mino, nel profondo sud, mi manca tantissimo
23 - Chi sarà il più rapido a rispondere secondo te? Non saprei
24 - Il più lento? Idem, come sopra
25 - Cosa cambieresti nella tua vita? La quantità di tempo che sottraggo alla vita; la mia pigrizia
26 - Sei felice? No. Ma neanche infelice
27 - Proverbio preferito? Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te
28 - Libro preferito? Tanti… Quel che resta del giorno, Piccole donne, Jane Eyre, Viaggio in Inghilterra…
29- Di cosa hai paura? Della solitudine interiore
30 - Pari o dispari? Pari
31 - Film preferito? Casomai, Un amore splendido, Colazione da Tiffany
32 - Se potessi essere qualcun altro chi saresti? Audrey Hepburn
33 - Cosa c'è appeso al muro della tua camera? Una foto di Doisneau, regalo di mio fratello e La vergine, di Klimt
34 - Cosa c'è sotto il tuo letto? Polvere traditrice
35 - Posto dove ti piacerebbe andare? Cornovaglia
36 - Pensi che qualcuno riprenderà il test? No. Ma mi piacerebbe leggere le risposte di evasoxcaso, aldo_caposaldo e carpediem56
37 - E chi sei sicuro lo riprenderà? Nessuno, hanno di meglio da fare, immagino...
38- Di chi vorresti leggere le risposte? Ma non avevo già risposto alla 36? E comunque, degli amici che non hanno ancora fatto il test
39 - Profumo preferito? Nell’aria, quello naturale del gelsomino; da indossare, preferisco i profumi freschi e agrumati
40 - Sport preferito? Pattinaggio sul ghiaccio. Ma da quando ho quasi rischiato di perdere mezzo dito…
41- Timido o estroverso? Timida, ma mi sforzo di non darlo a vedere
42 - Soprannomi? Ciammarica (lumachina: e poi dicono che vado sempre di corsa)
43 - Mare o montagna? Mare (d’inverno, soprattutto)
44 - Hai paura della morte? Non della mia, quanto delle persone che amo
45 - A che ora vai a letto di solito? Cerco di spegnere la luce alle 23.30
46 - La prima cosa a cui pensi quando ti svegli? Uff…
47 - Cosa vuoi dire alla gente che leggerà questo test? Mi piace giocare, fa bene alla salute
48 - La peggior tortura? Dover rimanere svegli quando si ha tanto, ma tanto sonno
49 - Preferisci i biondi o i bruni? I bruni, decisamente; ma mi attirano in particolare i rasati a zero
50 - Animali? Due bastardine abbandonate che abbiamo adottato allo studio: Whiskey e Soda (sembrano due ‘mbriache quando ci vedono, per quanto scodinzolano e saltano da tutte le parti)

 
 
 

Il bello della vita che varia

Post n°114 pubblicato il 02 Dicembre 2007 da Gioiasole

Qualche anno fa, ad un posto di blocco. Carabinieri.
Li fanno scendere, sono in tre: due pescaresi e un iraniano, medici. Dopo le domande di rito ai pescaresi, tocca all'iraniano.
Nome? Nato il? Dove?
Al "Dove", il nostro amico risponde "Teheran".
Il carabiniere: "Provincia?"

Venerdì sera, quasi mezzanotte. Non troviamo più la macchina dove l'abbiamo parcheggiata. Fa un freddo cane. Dopo venti minuti di avanti-indrè per il Corso e di "ma tu ti ricordi che siamo scese qui, no" "e che ne so, sei tu che sei di Pescara" "ma io mi ricordo che l'abbiamo messa qui" "oddio, me l'hanno rubata" "ma no, che dici" "e adesso come faccio, come me ne torno a Roma", passa una macchina dei carabinieri. La mia collega si sbraccia per fermarli. "Non trovo più la mia macchina, aiutatemi", in lacrime, e quelli scoppiano a ridere. Che ti ridi, vorrei tanto sapere.
"Per caso è un'Audi grigia?"
"Sìììì"
"E non la trovi più, eh?" No, è che volevamo chiederti di ballare la macarena, qui in mezzo alla strada, a mezzanotte e con un freddo cane.
"No, non la trovo più"
"Di Roma?"
"Sìiii"
"Ma tu sei di Roma?"
"Sìììì"
"Di Roma dove?"
"Come dove. Rrroma."
"Ma Roma Roma?"
"Sì, Roma Roma"
"No, perchè io la conosco bene, Roma"
Io mi tocco la fronte: nonostante il freddo, sudo.
"Sì, va bene, ma la macchina...?"
"L'hanno presa i vigili."
E ci voleva tanto. 

 
 
 

Particolari

Post n°113 pubblicato il 25 Novembre 2007 da Gioiasole

Prologo.
Ci sono cose che sembrano accadere apposta per poi rincorrerti nel tempo. I miei primi tempi all’università sono stati segnati da un professore tremendo. Era capace di spaccarti l’autostima in due con un’ironia talmente pesante, che di notte sognavi ubriacature di alka seltzer per riuscire ad alzarti al mattino e presentarti a lezione con l’orgoglio un po’ meno ammaccato della volta prima. Quando gli mostravi i tuoi disegni, te li guardava in assoluto silenzio, allontanandoli da sé con il tipico gesto che fanno i presbiti per vederci meglio, mentre tu dall’altra parte attendevi il responso all’erta, spostando nervosamente il peso, ora sull’uno, ora sull’altro piede, come fanno i bambini quando devono far pipì. Immancabilmente, alla fine, se ne usciva con una delle sue sparate che facevano più morti che feriti – e quelli in fila dietro di te che si sbellicavano dalle risate. D’altra parte, non ho mai capito – né saputo – se il suo fosse uno show a beneficio degli astanti o se fosse un particolare modo di essere che esprimeva anche quando era dal dentista. A me è capitato, piuttosto banalmente, di vedermi buttare il foglio quasi in faccia ed essere apostrofata bruscamente con un “Ma che sei, un lanciatore di coltelli? Hai disegnato delle frecce che paiono delle baionette”. A me sembravano delle normalissime frecce. Ma chi se le scorda più.

Il fatto.
Ci sono cose che, dicevo, nel tempo, sembrano rincorrerti. Alcuni giorni fa, infatti, la stessa scena si è ripetuta, quasi identica, nel mio studio. Riuniti attorno ad un tavolo, il mio capo ed un giovane architetto neoabilitato, appena entrato a far parte della nostra ‘scuderia’, discutevano tranquilli attorno ad un progetto, quando, ad un certo punto, il mio capo ha levato urla tanto disumane che sembrava dovesse venir giù il soffitto. Allarmata, ho subito pensato che il mio giovane collega dovesse averne combinata una davvero grossa, tipo mettere il bagno al centro della sala da pranzo, tanto per dirne una. E invece, quando mi sono avvicinata al tavolo, ho avuto una stranissima sensazione di dejà-vù alla vista di un paio di frecce circondate da un segnaccio rosso. Eccole lì, le frecce incriminate. Le mie ex frecce. Ho alzato lo sguardo, immediatamente comprensiva, verso il volto paonazzo del povero ragazzo, che ha fatto spallucce, come a dire “che cavolo hanno, stè frecce, che non va”. Eh, ragazzo. Dillo a me.
In seguito, in macchina, diretti verso un cantiere, mi azzardo a far notare al mio capo che, forse, la sua reazione è stata un tantino esagerata (la memoria delle umiliazioni è tenace). Per un paio di frecce - e vabbè che abbiamo l’occhio clinico. Al che lui, ancora urtato, mi fa notare che “sono i particolari, che mi fanno capire tante cose dei miei collaboratori”.
Mi scappa un “Eh” talmente intriso di ironia, che lui mi guarda di traverso e mi affretto a modificare l’espressione della mia faccia in una più adeguata, comprensiva, e faccio sissì con la testa. Mi chiedo se anche lui ha avuto un professore come il mio. A guardarlo, sono sicura di sì. Anzi, il suo dev’essere stato peggio, vista l’intransigenza (esagerata) che ha sulla grafica delle frecce. Allora divento comprensiva sul serio, poveraccio. E penso: che c…, ehm, che fortuna che ho avuto.

Epilogo.
Che volete che vi dica. Il mio capo non è pazzo (almeno lo spero; esagerato, lo è sicuramente), né lo era il mio professore (non oso immaginare cosa possa essere diventato oggi). È che quello che noi mostriamo agli altri - di solito particolari che riteniamo insignificanti - dice molto di ciò attraverso cui siamo passati, ed è ciò che, per molti ma non per tutti, fa la differenza. Quelle frecce, da un lato la dicevano lunga sul grado dell’attenzione e dell’interesse per i particolari del mio povero collega, che nel nostro campo è fondamentale; dall'altro, erano la prova dell’insegnamento ricevuto e della volontà/capacità di apprendere ciò che gli era stato insegnato. Come sempre, sono le piccole cose che rivelano di noi più di quanto immaginiamo. E che o ci fregano o fanno la nostra fortuna.

 
 
 

Un bel po' di tempo fa

Post n°112 pubblicato il 18 Novembre 2007 da Gioiasole

Un bel po’ di tempo fa, Ale mi ha invitata a partecipare al gioco delle cinque date importanti della mia vita. La cosa mi ha leggermente messa in crisi, perché, non volendo mancare ad una promessa ma non avendo neanche lontanamente le idee chiare al riguardo, ho tergiversato un po’, navigando tra i ricordi. Ho scoperto che, in realtà, non ho date abbastanza significative da menzionare e, tolta la mia data di nascita, abbastanza singolare, essendo venuta al mondo una fredda mattina del 1° Gennaio 1969 – cosa che mi ha privata della possibilità di festeggiare in maniera degna, visto che tutti dichiarano che sia una data impossibile da dimenticare, ma se ne scordano puntualmente nel momento fatidico e provate un po’ ad immaginare perché – dovrei elencare la data della mia laurea e quella della mia abilitazione alla professione di Arch. Ma, date fatidiche o no, per quanto importanti esse siano, ho preferito ricordare i momenti davvero significativi per me e che non hanno una data ben precisa, ma sono circoscrivibili ad un periodo.
Avevo sette anni quando, nel lontano 1976, mio padre comunicò a noi, suoi diletti pargoli, che la nostra fantastica stanza dei giochi, un camera di quasi 35 metri quadri, sarebbe stata ‘smantellata’ per diventare un salotto a tutti gli effetti e che nel pomeriggio sarebbe venuto l’Architetto – figura per noi totalmente ignota e per questo oscura, non ascrivile a nessun cartone animato - a prendere le misure. Una tragedia. A nulla valsero pianti e urla: l’Architetto (c’è sempre un pregresso, nelle nostre scelte) era, ai nostri occhi, il mostro che avrebbe poi distrutto i nostri murales con gli indiani pellerossa – uno dei pellerossa era stato disegnato su una parete da mio fratello seguendo il mio profilo e poi decorato con tanto di penne sulla testa e strisce rosse e blu sugli zigomi – i totem e le tipiche tende coniche, i teepee. Era la fine di un’epoca (e vorrei ben dire).
Alla tenera età di dodici anni – eravamo nel 1981, se non ho sbagliato i conti – ho preso l’irrevocabile decisione che sarei diventata Architetto (repetitia iuvant?). E così è stato, malgrado tutto e tutti contro: il giorno della mia abilitazione avrei voluto fare il gesto dell’ombrello rivolto all’umanità intera, ma ero troppo stanca ed euforica, per cui hanno prevalso altri sentimenti ed altri gesti.
Il 25 ottobre 1987 (questa me la ricordo, eccome, e sono passati vent’anni…) entrai in una clinica di Bologna per un’operazione importante. Non ringrazierò mai abbastanza mio padre per il coraggio che ha saputo infondermi e mia madre per essermi stata vicina tutto il tempo. I miei fratelli… beh, loro erano a casa ad aspettarmi. Bravi ragazzi.
E infine… la quinta data – ma non l’ultima, spero - è segnata nell’agenda dei miei sogni più tosti, insieme a quella dell’abilitazione (depennata). Ogni tanto la sfoglio, per vedere se è ancora lì, assieme alla lettera a Gesù Bambino. Quando – e se: l’ipotetico è d’obbligo - la vivrò, champagne per tutti. Promesso.

Grazie, Ale. All’inizio non pensavo che ce l’avrei fatta, ma poi è stato bello.

 
 
 

Dell'importanza di avere un blog

Post n°111 pubblicato il 10 Novembre 2007 da Gioiasole

Lei è giovane, anzi giovanissima. Ha ventiquattro anni ed è la ragazza più straordinaria che io conosca. Suona il violoncello: contemporaneamente al Conservatorio studiava anche Farmacia. Non so come facesse, ma in ambo le parti riusciva ad ottenere risultati incredibili. Fino a quando la legge non ha detto basta: o l’uno o l’altra. E lei ha seguito la sua inclinazione naturale. E scrive, da sempre. I suoi scritti sono stati così apprezzati, che è stata selezionata per scrivere, con altri, una commedia teatrale. Dulcis in fundo, in quella stessa commedia, il regista ha anche voluto che recitasse, suonasse e cantasse in assolo senza musica. Dopo una vita che mi sembra di conoscerla, ho scoperto solo da poco che è soprano - con la conferma di una modestia impressionante. In questi giorni è in tournèe per l’Italia, l’ho vista pochissimo dall’estate scorsa. Lei è quella che si fa (e ti fa) tante domande. A molte è rimasta senza risposta. “Mi chiedo, Lu”, mi ha detto una volta, in vacanza, un attimo prima di addormentarci, “perché se non fai mai del male a nessuno, se sei sempre corretta… perché alla fine devono sempre farti del male?” In due, quell’estate, avevamo gli stessi occhi tristi.
Quando seppe che avevo un blog, fu contenta, ma anche stupita. Sapeva fin troppo bene quanto il mio tempo fosse risicato, e non solo per ‘ovvi’ motivi.
“Io non potrei mai aprire un blog.”
“E perché? A te piace scrivere.”
“Non è per quello. Lo sai, mi manca il tempo.”
“Ma puoi scrivere quando vuoi, non ci sono mica scadenze. E poi è una cosa tua, privata.”
“No, non è privata… gli altri leggono quello che scrivi, ti commentano… e, bene o male, si aspettano una risposta e un commento al proprio blog. Non sarebbe corretto, da parte mia, non rispondere per lungo tempo.”

Già, non sarebbe corretto. Quindi io, che alla correttezza ci tengo, non avrei mai dovuto aprire un blog, visto il tempo da quark che vi dedico.
Della serie: o hai un blog, e quindi scrivi; o non hai un blog e leggi quelli degli altri, che è meglio.
Ve lo avevo detto che è una persona straordinaria.

 
 
 

Conversazioni.

Post n°110 pubblicato il 04 Novembre 2007 da Gioiasole

Sister: “Pronto?”
Io: “Dove sei?”
S.: “Ah, sei tu.”
I.: “No, sono George Clooney. Dove sei?”
S.: “Sul treno, sto tornando a casa.”
I.: “Stai bene? Non ti sei fatta sentire per niente da quando sei partita!”
S.: “Sto benissimo, se sapessi… è stata una giornata fantastica!”
I.: “Sono contenta. Va bè, allora. Ci vediamo a casa…”
S.: “Ho un sacco di cose da raccontarti! Non ci crederai…”
I.: “Ah, bene… me le racconti quando ci vediamo, ok?”
S.: “Se sapessi, Lu! Da morir dal ridere!”
I.: “Che bello. Fammi andare ora, mi racconti tutto quando torno a casa.”
S.: “Perché, dove vai?”
I.: “Al Megalò a fare spese.”
S.: “Al Megalò?? Volevo venire anch’io, al Megalò.”
I.: “Così impari, la prossima volta.”
S.: “Stronza.”
I.: “Anche tu.”
Click.
Digito sul cellulare. Credito esaurito.
Stronza.

Il giorno dopo.
I.: “Beh, allora?”
S.: “Allora, che?”
I.: “Le meraviglie che dovevi raccontarmi a tutti i costi ieri al cel???”
S.: “Eh? Ah, sì… te le racconto dopo, prima devo fare una telefonata. Torno subito.”
Torni subito? Maddai.

Due ore dopo.
I.: “Allora?”
S.: “…?”
I.: “…!”
S.: “…?!”
I.: “Senti, per favore. Ieri mi hai fatto due marron glasè così al cellulare. Mi hai praticamente esaurito il credito, eh. Ora che posso stare ad ascoltarti… o mi racconti tutto o ti sequestro il Mac.”
S.: “Eh? Ah… più tardi, eh? Ora sto facendo qui.”
I.: “Ok, ho capito. La prossima volta vedo di richiamarti al cel.”
Col cavolo.



Morale. Io e mia sorella, pur vivendo insieme, non ci vediamo praticamente mai. Per cui possiamo comunicarci le novità, qualora ve ne fossero, quasi sempre a tratti. Telegraficamente, in pratica. Le rare volte, poi, che ci troviamo a bazzicare un terreno comune, lei è o sempre impegnata a 'fare qualcosa qui' o è al telefono. Poichè bazzica anche questa rete, d'ora in poi proverò a comunicarle qualcosa qui, chissà che non recepisca il messaggio. Chissà.

 
 
 

Sotto pelle

Post n°109 pubblicato il 07 Ottobre 2007 da Gioiasole


Avevo ventitrè anni, quando lo conobbi. Ufficiale dell’Aeronautica militare, alto e ombroso, era straordinariamente bello. Per la prima e unica volta nella mia vita, mi innamorai perdutamente. Anche se lo sentivo diverso da me: eravamo come due estremi che una strana alchimia unisce e allontana. Mi innamorai, così, semplicemente. Della sua insicurezza che sfociava troppo spesso in una gelosia cupa e dolorosa; dei suoi silenzi che parlavano della solitudine di un ospedale in una terra che non gli apparteneva, di un rapporto difficile con un padre autoritario ed esigente.
Con il tempo avevo imparato a gestire anche la sua gelosia, che mi costringeva a rimanere in casa nelle ore più improbabili aspettando una sua telefonata dall'aeroporto; a rinunciare agli amici e persino alla danza. Conoscevo i suoi segreti, sapevo cosa si nascondeva dietro quell’alienante insicurezza. Ma avevo imparato ad amarlo, ritagliando la mia vita a pezzettini sempre più piccoli, finché di essa non rimase più nulla.
Poi arrivò quella telefonata. Secca, brutale. Cattiva.
Inaspettata.
Non ti amo più. Ho un’altra. Da tempo.
Mi hanno raccontato che mi trovarono svenuta per terra, con ancora la cornetta del telefono in mano. Dall’altra parte, solo un ‘tu-tu, tu-tu’ insistente. Io non ricordo nulla di quello che successe, fino a quando riaprii gli occhi e mi ritrovai nel mio letto. Ricordo solo gli sguardi preoccupati di mio cognato e di mia sorella, delle mie amiche. Non lo sapevo ancora, ma quel giorno una parte di me si era ammalata per sempre.
Poi mi ammalai sul serio: due mesi a letto con la febbre alta e le mie amiche che si alternavano per tentare di sbollentarmi con impacchi di acqua fredda e alcol sulla pelle. Nei due anni successivi non diedi più esami; dormivo e mangiavo pochissimo, ma fumavo come una scannata, come se le sigarette potessero mantenermi agganciata alla vita di tutti i giorni. C’è una mia foto di quel periodo che non riesco ancora oggi a guardare senza rabbrividire, ma non ho il coraggio di buttarla via. Magra da far paura, uno scarno fagiolino verde infilzato nella forchetta e una sigaretta tra le dita.
Poi le mie amiche cominciarono a sposarsi, una dopo l’altra: quell’anno dissero il loro sì in cinque. Aprire la busta color avorio dell’invito era una sofferenza. Ogni volta inventavo una scusa per non esserci. Febbroni, esami improrogabili, una caviglia slogata. Qualcuna ha capito, qualcun’altra mi ha perdonata dopo tempo.
Quando mi si avvicinava qualcuno per cui provavo attrazione, scappavo. Come quel pomeriggio in un negozio di scarpe, quando entrò un ragazzo alto e biondo che gli somigliava tantissimo: fuggii all’improvviso, senza una parola, lasciando la commessa impietrita. Era una cosa istintiva, come un cane da corsa che comincia a correre appena vede il coniglio finto. Mi faceva impressione questa cosa, questo malessere che si insinuava anche negli strati normali della mia vita quotidiana. Non scemava mai; neanche quando, qualche tempo dopo la fine di quella storia, mi legai ad un’altra persona. Forse era troppo presto, non so. Ma segnai il destino di quest’uomo, e di quelli che vennero dopo, come lui, l’ufficiale, ha segnato la mia.
Da allora sono sempre in fuga. Non riesco a lasciare a nessuno il tempo necessario per fermarsi abbastanza a lungo sotto pelle.

Non so perché ho raccontato questa storia. Forse perché spero che la paura dell’abbandono si sia risolta per sempre. Però è vero che scrivere è un gesto quasi catartico: rileggere queste righe, che ho tracciato per la prima volta, dà un leggero senso di liberazione. È come se questa storia non mi appartenga. Non più.

 
 
 

Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 06 Ottobre 2007 da Gioiasole


Stamane, durante il viaggio in macchina per andare al lavoro, parlando del più e del meno, la mia collega mi ha raccontato di un gradevolissimo weekend che lei e suo marito hanno trascorso in una specie di ritiro spirituale per sole coppie. Tutto molto carino, divertente, costruttivo. Quel che a me sconcerta un po' di questa storia, non è tanto che si vada in ritiro - che poi, per chi la vive può essere anche una cosa positiva, perchè le coppie si confrontano, nell'ambito di un proprio percorso spirituale, sulle problematiche della famiglia - quanto il circoscrivere in ambiti specifici la condizione degli esseri umani. Così come ci sono ritiri per coppie, così esistono quelli per single e, addirittura, per divorziati. A ciascuno il suo, insomma. Ne è nata un'accesa discussione, perchè mi sono chiesta che razza di comunione spirituale vogliano realizzare, se ci dividono in compartimenti stagni: un weekend le coppie, un altro i single, il prossimo i divorziati. Va bene il confronto tra esperienze simili, ma addirittura separarci, isolarci, per smistarci in categorie... Così succede che, se hai la sfortuna di essere unico single in una comitiva di coppie, queste ti partono per una settimana in ritiro in montagna e tu resti a casa a far la calza davanti alla Tv. Al che la mia collega ha ribattuto: "Ma tu, scusa, non puoi andare al tuo, quello dei single?" Che significa, il mio? Io voglio vivere in mezzo alle persone, stare con i miei amici senza dover guardare a nessuna condizione e mi secca un tantino essere lasciata fuori solo perchè qualcuno ha deciso che io lì non posso entrare. Sarò mica contagiosa?
Diamo pure la colpa al cambio di stagione, ma a me certi discorsi fanno venire solo il nervoso...ed anche un po' di tristezza.
Andiamo a dormire, va'.

 
 
 

Neve senza vento

Post n°107 pubblicato il 30 Settembre 2007 da Gioiasole

Leggevo in Lezioni americane, di Italo Calvino: “nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio”. Non una fuga verso il sogno, ma un modo di guardare il mondo in un’ottica differente. Che poi sarebbe un modo diverso di approcciarsi ad esso e di viverlo.
Così, come Perseo, che sfugge alla morsa pietrificatrice di Medusa, semplicemente guardandola attraverso il riflesso di uno specchio – uno scudo.
Leggevo: e pensavo a quanto sia facile condannarsi alla pietrificazione, alla pesantezza. Persino ciò che non dovrebbe esserlo affatto, si ostina a mostrare il rovescio della medaglia, rivelando un peso addirittura insostenibile.
Se è vero che possiamo sfuggire a questa condanna grazie alla nostra intelligenza, sensibilità e vivacità della mente, come sostiene Calvino; se è vero che, come sostiene qualcun altro, “noi possiamo decidere come affrontare le cose e quale decisione prendere”, io mi auguro di avere abbastanza intelligenza, sensibilità e vivacità mentale da essere in grado di non permettere a ciò che – e a chi - mi circonda di trasformarmi in una statua di me stessa.
Di più: vorrei essere in grado di compiere quel miracolo che segue al gesto di Perseo che, con inaspettata delicatezza, pone la testa recisa di Medusa su un letto di foglie e ramoscelli marini che al contatto con il mostro pietrificatore si trasformano in coralli.
Se non ora, almeno in un futuro prossimo venturo.

 
 
 

Sabato mattina

Post n°106 pubblicato il 30 Settembre 2007 da Gioiasole

1. Intelligenza:
quando ti accorgi che il ragionamento del tuo capo non fila.
2. Saggezza:
quando eviti di farglielo notare.


P.S.: dopo avermi costretta a sgobbare di sabato, mi ha chiesto di lavorare anche domenica mattina.
Mi sentivo fantasticamente punto 1.
Non riuscivo a mettere in atto punto 2.
Per fortuna ha cambiato idea.

 
 
 

Giovedì mattina

Post n°105 pubblicato il 27 Settembre 2007 da Gioiasole

Faccio appena in tempo a bere il secondo caffè della giornata… il primo, però, da quando entro in studio.
“Devo darti una notizia: aspettiamo un bambino...”
Baci, abbracci. Sorrisi tra colleghi e pacche sulle spalle.
E’ un periodo di notizie maledettamente belle.
Silvia si sposa la prossima primavera.
Fede aspetta il suo primo bambino.
Sento gli occhi che mi pungono stranamente.
Vado a fare un altro caffè.
Con doppio zucchero.
Che stamattina ci va maledettamente bene.

Ultimamente il mio nick mi sta sulle balle. Non potevo scegliere, che so, Frutta&Verdura?

 
 
 

Lunedì mattina

Post n°104 pubblicato il 24 Settembre 2007 da Gioiasole

Devo farmi dare il libretto delle istruzioni.
Non mi ricordo mai come si fa a scendere dal letto.

 
 
 

Pre-dizioni

Post n°103 pubblicato il 20 Settembre 2007 da Gioiasole

Delle due, l'una.
Ovvero:
se non è zuppa, dev'essere per forza pan bagnato?

Due giorni a letto, con pressione bassissima, vertigini, nausea ed un principio di svenimento.
E' venuto il dottore, mia madre era in trepida attesa al mio fianco.
Misurata la pressione, auscultato il battito cardiaco. Tutto a posto, sembra.
Stress. O forse...
"Senti", mi dice il dottore, dopo avermi scandagliato le pupille, "non è possibile che tu sia incinta?"
Altro principio di svenimento, questa volta da parte di mia madre.

Caro dottore,
è vero che i tempi sono cambiati, che c'è stata l'emancipazione, il sessantotto e tutto il resto. Non so la sua, ma mia madre ha una certa età ed è un po' all'antica, sa. E quella storia dei figli che nascono fuori dal matrimonio non l'ha mai mandata giù come si deve. Per cui, la prego, la prossima volta che dovrà darmi una notizia del genere, si accerti che mia madre non sia nei paraggi. Anzi, le sarei molto grata se lei si premurasse di darmi qualunque notizia dopo aver visto le mie analisi. E, per favore, quando le avrà viste, non mi risponda con un forse. Ma con un sì o un no. Grazie.

 
 
 

Comunicazione di servizio

Post n°102 pubblicato il 19 Settembre 2007 da Gioiasole

Help!

Non riesco più a vedere i video di You Tube...

All'apertura della pagina mi compare

questa scritta:



Non
ho idea di come si possa verificare se effettivamente JavaScript è
disattivato; nel dubbio ho installato la versione più recente di Flash
Player (per MacOsX), ho riavviato il Mac, ma... Nulla. Si apre la
pagina, ma i video non si vedono neanche dalla prima schermata.E fino a
ieri sera non c'erano problemi...

Potete aiutarmi?

Grazie!





(Non è che qualcuno mi ha fatto il voodoo? E no, dai...)

 
 
 

Doppio zero dopo l'uno...

Post n°100 pubblicato il 18 Settembre 2007 da Gioiasole

Amici miei...
se non lo avete ancora fatto,
leggete un po' qui:


clicca sul libro, no?


Ody, questo era ciò che poteva servirmi per superare l'horror vacui... :)

(E tu, sbirro, me lo fai un sorriso, ora?)

Per tutti gli altri: eh no, non era tutta una menata per pubblicare il centesimo post. Parola di scout (ma quando mai lo fui?)

...e non trascurate la 'sindrome di Fido'...

 
 
 

Post N° 99

Post n°99 pubblicato il 15 Settembre 2007 da Gioiasole

Oggi mi sento un po’ come quel matto che dovendo scavalcare cento cancelli per fuggire dal manicomio, al novantanovesimo si è stancato e ha detto: “Sono stanco, torniamo indietro.”
Ebbene, io, al novantanovesimo post, mi sono accorta che mi sono stancata di scrivere qui. Certo non tornerò indietro, non chiuderò il blog: almeno fino a quando ciò mi sarà permesso da Libero, vorrei conservare queste pagine. Da parte mia spero che il centesimo post lo scriverò domani, o anche questa sera stessa. Ma qualcosa mi dice che, almeno per un po’, non sarà così.

Ieri ho camminato a lungo con in testa una canzone e la sabbia sotto i piedi.
Nel salutarvi, vi lascio in compagnia di quella canzone. Fino al nostro prossimo incontro. Un abbraccio con un sorriso a tutti quelli che passeranno di qui,
Gioia

 
 
 

In cucina con Gioia(sole)

Post n°98 pubblicato il 13 Settembre 2007 da Gioiasole

Un uomo di genio non commette errori: i suoi sbagli sono l'anticamera della scoperta.
James Joyce


1. Tagliate un blocchetto decisamente grosso di burro e mettetelo a sciogliere in una padella antiaderente.
2. Nel frattempo, con la mano destra sminuzzate finemente la cipolla nel tritaverdure e con la sinistra buttate il macinato in padella dimenticandovi di far prima dorare la cipolla.
3. Trattenete le imprecazioni ed affrettatevi a buttare la cipolla finemente tritata sul macinato.
4. Salate e mescolate bene, quindi alzate la fiamma.
5. Telefonate alla mamma e poi aprite il blog per rispondere ai commenti.
6. Se sentite scoppiettare il macinato nella padella, pensate pure che è l’inquilina del piano di sopra che sta provando le scarpe nuove. Quindi continuate a scrivere i vostri commenti sul blog degli amici. Ad uno scoppiettio un po’ più potente degli altri, alzate per favore lo sguardo dal vostro Mac e rendetevi conto che la padella sta mandando segnali di fumo, quindi accorrete rapidi a spegnere il fuoco.
7. Mescolate con vigore con un mestolo di legno per staccare il blocco ben tostato dal fondo della padella, continuando finchè non ritorna a mostrare l’aspetto più rassicurante di un macinato ben cotto.
8. A questo punto versate un’abbondante dose di parmigiano grattugiato e rimescolate con nuovo vigore, facendo attenzione a non far cascare i chicchi di macinato tostato sul piano in acciaio dei fornelli, appena lucidato da vostra sorella. Sennò sono cavoli vostri.
9. Dopodichè, cercate disperatamente la noce moscata in polvere che siete sicurissimi di avere nello stipetto della vostra cucina, sperando ardentemente che non sia scaduta. Quando la trovate e vedete che è scaduta, buttatela.
10. Scolate la pasta e unitela al composto.
11. A questo punto amalgamate il tutto con la besciamella preparata quando non scrivevate sul blog e infornate.
12. Tornate a scrivere sul blog e dimenticatevene. Al resto ci penserà il timer.

 
 
 

Bonnie & Clyde

Post n°97 pubblicato il 13 Settembre 2007 da Gioiasole

No. Purtroppo non voglio parlarvi della coppia di criminali più famosa del mondo, ma di un altro tipo di criminali. I miei colleghi. Bonnie&Clyde, appunto.
Coppia di fatto in tutto e per tutto, al lavoro, pure, fanno tutto in coppia. Si muovono in tandem. Chiedi una cosa all’una e ti risponde l’altro.

Oggi ho beccato per la milionesima volta Clyde dare uno sbaciucchio a Bonnie. Ora, poiché Bonnie lavora piazzata sulla scrivania proprio di fronte alla mia, la cosa mi rompe un tantino.
Per fortuna la postazione di Clyde è un piano sotto al nostro, ad un tiro di schioppo, insomma, alla fine ci separa solo una rampa di scale, ma meglio di niente. Solo che Bonnie passa il tempo affacciata al parapetto come Giulietta. E vai con la musica, quando passa Romeo.
Poi, ogni volta che Clyde sale su, è tutto un pussi pussi bao bao. Che nervi. Mi toglie la concentrazione.

Così oggi mi sono procurata un bel mucchietto di munizioni in elasticoni verdi.
Al primo pussi pussi che mi distoglie dalle mie cose, gliene sparo una sul culetto. A tutti e due. Lo giuro.

Difesa personale, vostro onore. E’ che non è giusto. Al lavoro, almeno, no. Echecavolo. E’ da un pezzo che evito anche i film d’amore. E fra un po’ sarà pure Natale.

 
 
 

11 settembre

Post n°96 pubblicato il 11 Settembre 2007 da Gioiasole

Il destino non è nella ruota ma nelle tue mani.
Ed è per questo, credimi, che è meglio fingersi acrobati che
sentirsi dei nani.

Renato Zero, La tua idea

In giorni come questo è difficile non sentirsi dei nani.
Ed è ancora più difficile fingersi acrobati.
(September 11, 2001.
Another day that will forever be remembered.)

 
 
 
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AREA PERSONALE

 
E ti vengo a cercare anche solo per vederti o parlare perché ho bisogno della tua presenza per capire meglio la mia essenza
E ti vengo a cercare con la scusa di doverti parlare perché mi piace ciò che pensi e che dici perché in te vedo le mie radici
E ti vengo a cercare perché sto bene con te perché ho bisogno della tua presenza
F. Battiato
 
 
"Non possiamo sapere cosa ci potrà accadere nello strano intreccio della vita. Noi però possiamo decidere cosa deve accadere dentro di noi, come possiamo affrontare le cose, e quale decisione prendere, e in fin dei conti è ciò che veramente conta." J.F. Newton
 

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Non vi è nulla di meno seducente della presenza ossessiva, quasi ingombrante di una persona che invade ogni spazio della vita dell'altro. Impara dai musicisti a dosare le pause. Come nella musica le pause hanno la funzione di creare attesa, di lasciare senza fiato, così la tua assenza e il tuo silenzio possono alimentare il desiderio che l'altro ha di stare con te.

 

ULTIMI COMMENTI

Buon Natale, un anno dopo... :) W.
Inviato da: falco58dgl
il 23/12/2011 alle 15:21
 
Ognuno ha una carica emotiva "finita"...
Inviato da: upmarine
il 30/08/2011 alle 17:31
 
va be', li prenderò anche come auguri di...
Inviato da: odio_via_col_vento
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e tanti auguri di buon anno :)
Inviato da: nnsmettodsognare
il 12/01/2011 alle 11:06
 
Scusa il ritardo ma sono ancora in tempo, spero, per farti...
Inviato da: arimatec
il 02/01/2011 alle 14:50
 
 

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