GIORNI STRANI

I figuri a cavallo 3


Lo Zio socchiuse il cancello e, scortato da Flavio e dal Greco, osò spingersi qualche metro più avanti; quindi lanciò ai nottambuli una richiesta pacifica affinché si presentassero. Non li invidiavamo affatto. Ancora, con voce più gracidante e perentoria, scagliò la richiesta dell’Officina fra le tenebre della campagna. Nessun segnale di ritorno, sonoro o visivo che fosse. Roland abbozzò un guizzo d’istinto puro, ma lo Zio lo bloccò con energia, afferrandogli il polso. Era ormai lampante che Giannetto non aveva affatto sognato.Poi, interpretando un cenno di Silvano, aprii la cassa e assieme a Giulia distribuiile cartucce e le doppiette. In men che non si dica tutti ne imbracciavano una: alcuni lo facevano con sorprendente disinvoltura; altri, come Laura e Patrizia, sembravano appena usciti dal fornaio con una baguette in mano, un filone che scottava; Felice era oltremodo esaltato della situazione, anche se più che un’arma pareva afferrasse una di quelle lance degli autolavaggi a gettoni.Ora una buona parte del gruppo, su indicazione dello Zio, si era schierata su una linea di difesa al di fuori del cancello, un ginocchio sul terreno, doppiette alte in direzione degl’invasori. Tutti pronti a menare le danze all’imminente comando del sergente canuto. Gli altri della seconda linea, in piedi e dietro alla cancellata, ci avrebbero dovuto coprire le spalle. Nel frattempo, il Direttore era piombato sulla scena. Nel caos, Laura, Patrizia e Raffaella brontolavano qualcosa a mezza bocca: le becaline non vedevano alcun aggressore, questo mi era sembrato di udire.D’improvviso, un cavallo accennò una mossa verso la nostra porzione di scacchiera. Mai un tale irrilevante movimento fu così denso di significati. Una potente scarica di paura ed esaltazione mi pervase, gl’indici lisciarono a più riprese il grilletto rovente, ormai al bivio della via del non ritorno. Adesso i nostri indici esercitavano una lieve pressione sul grilletto.Silvano deglutiva senza requie.Io ero in apnea. Ai miei lati, l’Ungherese respirava come un asmatico e il Greco schioccava la lingua come un cavallerizzo. Gabriel, imperturbabile, era un tutt’uno con le seconde linee: un polpettone umano.Se fosse scoccata la scintilla sarebbe stato un massacro: era il mio pensiero fisso sul palcoscenico, così allucinatorio da sembrare al di sopra della realtà. Ma una stella provvidenziale sorvolò Torre dell’Uovo e, uno per volta, lentamente, i figuri ci diedero le spalle e si dissolsero nella notte.