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Ho scritto un poema, ma quanto è difficile editarlo

Post n°73 pubblicato il 19 Ottobre 2013 da locurtogiovanni
 

Crisi dell'editoria? Ma quando mai

 

Ho inserito in vari siti le mie poesie sociali, di politica economica, culturali ed etiche, affrontando le problematiche di tutti i giorni" senza alcun scopo commerciale.

Nel contempo, mi sono dedicato alla stesura del poema "per voi ho visto l'aldilà"; opera redatta in poco più di 4000 versi, che tratta un argomento che nessuno, dopo Dante ha più affrontato: un viaggio nell'aldilà; in ciò guidato dalla mia fede cristiana.

Ho proposto la mia opera ad alcune case editrici per una eventuale pubblicazione, anche in e-book, previa definizione dei miei diritti d'autore e se da un lato si sono complimentate con il sottoscritto, dall'altro mi hanno richiesto una seppur esigua somma ancorchè camuffata con la dicitura acquisti di esemplari a parziale copertura di spese editoriali, e pretendendo una fetta esorbitante dei miei diritti d'autore.

Personalmente, non ho mai editato un libro, ad eccezione di lavori eseguiti per il ministero dell'Economia che li ha editati, per la stesura del mio poema ho impiegato oltre sei anni, e questo mi fa presumere, che non debba passare sotto le forche caudine del noviziato, da parte di nessuna casa editrice.

Intanto non demordo e continuo a cercare;

che Dio me la mandi buona

Lo scritto che segue l'ho estratto dal menabò del mio poema”:

PRESENTAZIONE

La storia di ogni persona è segnata dal progetto che il Creatore ha per ogni sua creatura; sarà poi ciascuno a cercare nella volontà di Dio il percorso da fare.

Giovanni Lo Curto , fin da piccolo, ha sentito su di sé la mano del Signore e la protezione paterna di un papa, Giovanni XXIII.

Iniziò tutto quando partecipò ad un concorso di religione indetto dal Vaticano per tutti gli studenti delle scuole medie di primo grado di Roma.

Giovanni, che frequentava la scuola media Giosuè Borsi vinse il terzo premio che consisteva in una foto ritratto del Papa Buono, un diploma di partecipazione ed un assegno che la famiglia donò alla parrocchia Santa Maria del Soccorso.

L'adolescente Giovanni si soffermava spesso davanti al ritratto del papa e in cuor suo nacque la devozione per il beato.

Un giorno egli si trovava a Bagni di Tivoli con la famiglia e si accingeva a fare il bagno in una di quelle vasche naturali, quando entrò in un gorgo che lo inghiottì. Il terrore lo invase. Non ebbe neppure la forza di urlare. Penso al Papa Buono...e immediatamente si sentì acciuffare per i capelli. Un uomo lo aveva liberato dal laccio mortale; e lui vi riconobbe l'intervento benevolo di Papa Giovanni XXIII. Una dozzina di anni dopo ci fu un altro episodio in quel di Chivasso che rivelò a Giovanni la mano provvidenziale del Signore nei suoi confronti; come in un altro episodio ancora, avvenuto il 15 Gennaio 2013. In ambedue gli accadimenti, Giovanni pregò l'intercessione del Santo Padre con fiducia, che benevolmente aveva accolto le sue preghiere.

Questi ultimi due episodi sono riportati, con dovizia di particolari nel poema.

La domanda sorge spontanea. Perchè questi interventi della Provvidenza divina nella vita di Giovanni? La risposta può sostanziarsi nell'opera che il poeta ha scritto per tutti noi.

Gli amici, in occasione di compleanni o ricorrenze, chiedevano al giovane Giovanni di scrivere loro un acrostico.

Iniziò così il suo interesse per il poetare. Da allora passò molto tempo. Non più acrostici, ma famiglia, lavoro e pittura.

Agli inizi dell'anno 2008, dialogando ( si fa per dire) nel web con il suo amico artista Vincenzo Cangiano, pittore e poeta, Giovanni sentì un prorompente desiderio di rispondergli..... “per le rime”, cioè in versi. Da qui, un ricimentarsi nel poetare, soprattutto un comporre versi nei vari dialetti italiani, in modo particolare quelli legati alle sue radici: romanesco, veneto, siciliano.

Tutto ciò scaturisce dallo stretto cordone ombelicale che lo lega alle genti contadine, delle filande, delle fabbriche, ai piccoli allevatori..., agli eroi ed eroine della quotidianità, i quali "veramente tacciono" , non per soggezione o omertà, ma per quella discrezione che, nel silenzio, li pone più vicini al creato ed al Creatore.

Gente che, pur non avendo i soldi per arrivare alla fine del mese, vive e non sopravvive perché per essa l'essenziale è "non lasciarsi vivere".

La cultura contadina/operaia è rivestita di vera, sana, ma nel contempo amara semplicità. Sì, amara! Perchè quando accadono i grandi sconvolgimenti naturali ed antropici i contadini e gli operai sono i primi a soffrirne, e a lungo. Questa cultura fondata sul realismo e sul buon senso è per loro e per noi linfa vitale, che ci consente di ripartire, anche con penuria di mezzi, ma con volontà e con amore, per affrontare l'esistenza.

Una cultura tonificata dai suoni provenienti dal lavoro. Suoni che volteggiavano nelle aie al momento della battitura dei cereali. Suoni mai single, ma sposi delle canzoni intonate dalle mondine, dai trallallero liguri, delle operaie nelle filande e dalle genti contadiine, per scandire e ritmare gesti ripetitivi e monotoni.

Una cultura segnata dai ricordi di veglie nelle quali la gente, stando di più vicino agli animali, per proteggersi dal freddo, intonava le canzoni note nell'ambito lavorativo e ripetute anche attorno ai focolari delle enormi cucine, per sentirsi famiglia, per stabilire relazioni positive.

Suoni ravvivanti delle feste paesane, degli allegri balli tradizionali, accompagnati dalle coinvolgenti bande musicali.

Tante, troppe cose sono cambiate, a volte supinamente subite. Di chi è la colpa?

Giovanni va spesso a Rosciolo, una frazione di Magliano dei Marsi, ai piedi del Monte Velino; luogo di villeggiatura, conosciuto dagli escursionisti montani e dagli appassionati d'arte: gli uni per le scalate, gli altri per la visita alle due bellissime chiese sorte nel millecento.

Lì, durante l'estate si organizzano feste, concerti e succulente mangiate "alla paesana". Lì la stagione estiva è un lungo istante che permette di incontrarsi e riconoscersi, quasi un ringiovanire l'animo e rinnovare i rapporti umani.

Per Giovanni, sostare nella sua torre dell'antica Rosciolo significa non dimenticare le sue origini contadine, ma per mezzo di esse riuscire a vivere profondamente il reale quotidiano e non l'immagine di esso, che pur se addolcita dai ricordi più belli e cari, porterebbe ineluttabilmente ad un lasciarsi vivere.

In questi luoghi della memoria contadina, così densi di semplicità e di rigore etico, si ritrovano le orme degli uomini che hanno fatto grande l'Italia.

E' attraverso il suo poetare ed il suo dipingere, che Giovanni vuole far emergere questa cultura ed unirsi agli anziani per indicare ai giovani i valori perenni della laboriosità, della verità, della giustizia, dell'uguaglianza e dell'amore.

E' attraverso questa cultura che i giovani devono continuare a plasmare non solo il loro futuro, ma anche quello dei loro figli, percorrendo anche la conoscenza di altre culture e civiltà, confrontandosi con esse mediante un dialogo che arricchisca entrambi, senza affossare le proprie radici, le tradizioni e gli usi di ciascuno, nel rispetto del popolo ospitante.

A questo riguardo è d'uopo fare una digressione per poi fare una riflessione.

Per alcuni anni Giovanni si è recato ad Urbino con cadenze trimestrali, per adempiere ad un compito istituzionale: eseguire verifiche amministrativo-contabili in una struttura statale.

In una di quelle giornate, all’ora di pranzo, Giovanni e l’eccellenza dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino, andarono in un ristorante. Quel giorno e in quel luogo, per pura coincidenza ed in un tavolo separato, erano presenti per il desinare il compianto rettore dell’Università di Urbino Carlo Bo e gran parte del senato accademico. Arte e sapere erano fianco a fianco in un convivio.

A Giovanni fu assegnato il posto a capo tavola.

Da quel momento gli sguardi dei personaggi della tavolata accanto si posarono su di lui: illustre sconosciuto.

Sorrisi ed inchini furono rivolti al nostro poeta, da tutti gli accademici, al momento del congedo.

Basta occupare un posto particolare per essere riverito? Pare di sì. Questa non è "cultura"; ma forse, involontariamente, gli illustri accademici avevano avuto l'intuizione che in mezzo al nostro gruppo c'era un artista.

Giovanni, terminato il lavoro giornaliero si inoltrava per le vie antiche e ricche di storia e d’arte di Urbino.

In quei momenti a lui sembrava che il tempo sonnecchiasse, per consentirgli di immergersi con la fantasia in un mondo meraviglioso. La gente intorno a lui subiva il fascino delle opere artistiche e si esprimeva come se ognuno fosse pittore, scultore, poeta, architetto...

Tutti parlavano di arte, si sentivano in dovere di parlarne per il semplice fatto di essere lì ad Urbino, patria di Raffaello Sanzio.

Succede in ogni parte del mondo, quando ci si trova immersi nell'arte.

Lui, come artista, era stimolato a discutere con gli interlocutori occasionali, a cena o al bar, sulle tecniche pittoriche o sul modo di plasmare la materia. Involontariamente educava ad entrare nel mondo artistico con obiettività: discernendo il godimento estetico delle opere, dall 'abilità, dalla creatività e dalla genialità dell'artista.

Certamente la cultura, e in essa l'arte, in particolare la verità che le sostiene, non possono essere imbrigliate, legate, pressate o mistificate.

Giovanni è convinto che l'artista, attraverso il suo lavoro comunica il bello, il brutto, il vero che gli stanno intorno, le sue aspirazioni, i suoi ideali e le sue emozioni.

Occorre "educare all'arte" per poterla comprendere, essendo però consapevoli che non tutti siamo artisti.

Il nostro poeta ha percorso e continua a percorrere la strada delle arti pittorica e poetica con abilità ed umiltà, per regalare al mondo, attraverso le sue opere, l'essenza della cultura che ha radici terrene e ali spirituali.

E' un messaggio d'Amore che si serve delle parole generate dai pensieri e dei colori nati dalla suddivisione del bianco, pura luce per esprimere, in sintesi, un canto alto e profondo :L'ARTE E' LA BELLEZZA DELLA VERITA'.

Attraverso la vita di Giovanni, vita tanto comune a tutti i mortali, il Signore vuole insegnarci a credere nel Suo Amore Misericordioso che ci invita a scoprire ogni giorno le bellezze del creato, la profondità dell'animo umano e la grandezza della Redenzione.


 

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