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SOSTA AD AUCKLAND

Post n°78 pubblicato il 05 Marzo 2010 da lukyll

VENERDI’  24 LUGLIO

 

Atterrato ad Auckland verso l’una di notte e dopo essere partito dall’aeroporto di Nadi, isole Fiji,  mi sono fatto venire a prendere dallo shuttle dell’hotel e subito sono andato a dormire pensando all’ultima passeggiata che avrei fatto nella città neozelandese il giorno dopo prima del ritorno definitivo.

Al mattino, con calma, bene inteso, mi sono avviato in bus per Auckland. L’autobus mi ha lasciato molto vicino alla torre alta 220 m della televisione ed ho pensato bene di raggiungerla per salire fino nella cima da dove si può ammirare tutto il panorama della città a 360°. Mentre raggiungevo la torre, sul marciapiede vedo una specie di panchina da tre  posti legata con due funi a due pali laterali alti almeno 20m. Vi erano sedute tre persone. Guardavo incuriosito mentre ad un tratto la panchina con i tre giovani se ne schizza in alto, come proiettata da una fionda e ricade dondolando più volte fino a fermarsi dopo un minuto e a ridiscendere piano piano nella sua posizione iniziale sul marciapiede.

Avevo già visto sia in Australia sia nella stessa Nuova Zelanda come lo sport o il divertimento venga inteso come una prova di  coraggio con rischio compreso. Sinceramente a me non sarebbe proprio piaciuto essere proiettato verso il cielo con una enorme fionda! Ma io sono aperto a tutte le possibilità, per gli altri, naturalmente!

Dopo un centinaio di metri arrivo alla base della torre ed alzo il naso in aria per ammirarla dal sotto in su,  quando vedo piombare dalla cima a tutta velocità verso terra una persona e, dopo essermi ripreso dallo spavento, mi accorgo che era ben legata ad un cavo e che in realtà scorreva trattenuta perché non andasse a sbattere sulla torre,parallelamente ad essa, anche se libera, con  due cavi di acciaio paralleli e verticali. Prima di sfracellarsi a terra un  sistema rallentava la corsa fino a fermare la disgraziata persona ad una decina di metri da terra. Evidentemente il divertimento consiste nel precipitare nel vuoto per quasi 200 m ed arrestarsi a pochi metri da terra ! Ho notato che il malcapitato indossava una tuta grigia e rossa, e, secondo me, era per nascondere al pubblico tutto quello che sicuramente il nostro eroe si sarebbe fatto addosso!

Salgo poi con un velocissimo ascensore fino alla terrazza, tutta vetrata, a 210 m di altezza per ammirare il panorama e proprio in quel momento vedo un ragazzino di circa 13 -14 anni che, vestito con la solita tuta grigio-rossa era appeso fuori pronto per il lancio. La sua faccia era esterrefatta, gli occhi sgranati e si capiva benissimo che non sapeva cosa fare e come comportarsi in quei pochi secondi prima del lancio. Ricordo due belle orecchie a sventola, molto rosse! Faccio velocemente una foto e giù … sparito dalla mia vista. Non ho sentito nemmeno un urlo …. E come avrebbe potuto …. Sicuramente nella gola, strozzata,  non sarebbe passato nemmeno un ago ….. figuriamoci da altre parti !!

Non solo questo, ma se proprio siete fifoni e non volete lanciarvi nel vuoto, potete sempre andare, con la solita tuta grigio-rossa, a fare una passeggiata su di una specie di marciapiede della larghezza di un metro, sicuramente costruito apposta per lo scopo, che come una ciambella circonda la torre, sempre a 200 m di altezza. Non pensiate che ci sia una ringhiera, ma solo il vuoto,  sia all’esterno che all’interno insomma potete scegliere da dove parte cadere giù! Non esageriamo, in realtà c’era attaccato alla tuta un cavetto di acciaio che con una carrucola scorreva su di una piccola rotaia due metri sopra la testa dei felici passeggeri. Naturalmente in 4 o 5 alla volta, così si ride un po’ in compagnia e si fa un bel giro! Tutto documentato da foto che potete andare a vedere nella apposita sezione.

In compenso il panorama era magnifico: oltre ai grattacieli, non molto alti, tutti vetrati e riflettenti si vedeva il porto  con tutta la magnifica insenatura, le migliaia di barche ormeggiate nel marina e le isole vulcaniche a 2-3 chilometri di distanza. La giornata era nuvolosa, con qualche spiraglio di sole che illuminava qua e là  la baia, il tutto immerso in una atmosfera umida grigio-verde mentre verso est si abbatteva un forte temporale e la visuale spariva dietro una cortina di nuvole scure.

Nella parte opposta alla baia si perdevano a vista d’occhio le casine unifamiliari, molte delle quali di legno, grigio chiaro e poi il porto industriale con i suoi container ben disposti in banchina. Ecco, il giro è fatto, ma il temporale ora è sulla baia e le isole adesso non si vedono più coperte dalle nere nuvole  che nel frattempo si sono velocemente spostate. E’ cambiato tutto, non solo la visuale ma la luce, dove prima c’era foschia e grigio adesso risplende l’acqua e si vedono le barche navigare mentre si scorgono in lontananza, oltre la città, le colline dal tenero verde dell’erba da poco nata.

Ho fatto tre volte il giro  della terrazza tanto mi sembrava diverso ogni volta ed avrò scattato non so quante foto.

Poi l’ultima passeggiata verso il porto ed il lungomare , altre foto allo skyline della città, il bus di ritorno all’albergo e  di corsa all’aeroporto per prendere il volo per Kualalampur e poi per Roma.

 

 

 

E’ più bella la nostra casa dopo due mesi di lontananza,  ritorniamo con qualche soldino in meno nella scarsella ma molto più ricchi di esperienze, di vita, di profumi di frutta esotica mai vista, di colori, del verde della lussureggiante vegetazione, del bianco dei batuffoli di nuvole che si rincorrono  sospinte dal vento, del sorriso sereno e pacifico del popolo delle isole Fiji che vive ancora in villaggi sperduti, del calore del sole, della salsedine  e delle infinite secchiate di acqua, del colore meraviglioso dei pesci e dei coralli,  delle loro strane forme, del silenzio delle isole quasi vergini e disabitate, ecc.

 Insomma tante foto che oltre nel computer rimangono nella mente insieme a tutte le altre sensazioni che il digitale , ancora, e forse per fortuna, non riesce  a memorizzare e ritrasmettere.

 

 

Alla prossima puntata?

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