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Un blog creato da cavaliere.templare1 il 31/01/2010

I CAVALIERI TEMPLARI

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MISTERI

Post n°14 pubblicato il 10 Aprile 2011 da cavaliere.templare1

ARCA DELL'ALLEANZA

 
 
 
L'Arca dell'Alleanza (Aron Haerit) e' il contenitore delle tavole della legge che Dio consegnò a Mosè (conteneva inoltre della manna e la verga di Aronne). Nella Bibbia l'Arca viene citata nell'Esodo e viene descritta come un contenitore di legno d'acacia, lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo ed alta altrettanto (circa 125 x 75 x 75 cm), ricoperta dentro e fuori d'oro e con quattro anelli d'oro ai suoi piedi entro i quali vengono fatte passare due stanghe di legno. Il coperchio è di oro puro sormontato da due cherubini (creature alate con il corpo di leone ed il volto di sfinge che si ritrovano anche in rappresentazioni egizie) sempre d'oro, con le ali aperte verso l'alto ed i volti rivolti verso l'interno.

L'Arca era identificata materialmente con Dio, nel senso che si riteneva realmente che Dio alloggiasse tra i due cherubini. Essa è ritenuta dotata di poteri soprannaturali ed emette potenti scariche contro chi le si avvicina impunemente.
"Allora, dalla presenza di Yahweh una fiamma si sprigionò e li consumò ed essi perirono alla presenza di Yahweh".
In questo passo ci si riferisce a Nadab e Abihu, due dei quattro figli di Aronne, sommo sacerdote e fratello di Mosè, i quali un giorno portarono degli incensieri di metallo alla presenza dell'Arca e le offrirono "strani fuochi" che erano stati vietati dal Signore. Furono quindi inceneriti dall'Arca stessa. A volte appariva una nuvola tra i due cherubini ed allora neanche Mosè aveva il coraggio di avvicinarsi ad essa. Secondo le tradizioni popolari, di quando in quando delle scintille si sprigionavano dallo spazio tra i cherubini distruggendo gli oggetti circostanti. Occasionalmente poi essa inceneriva i suoi portatori, appartenenti alla sottotribù dei figli di Kohath o li sollevava da terra senza alcuna ragione apparente per farli poi ricadere al suolo (sempre secondo leggende ebraiche e commentari del vecchio testamento). Il mistero fondamentale che corre intorno all'Arca (oltre a quello relativo alla sua natura) è costituito dalla sua scomparsa. Nella Bibbia viene detto che essa era custodita nel Sancta Sanctorum, inizialmente una tenda e poi la parte più interna del tempio di Salomone a Gerusalemme, ma poi se ne perdono le tracce ed essa non viene più citata se non indirettamente.
Numerose sono le ipotesi riguardo alla sua collocazione attuale, e quasi tutte basate sull'interpretazione della Bibbia. Tra le più attendibili troviamo l'Egitto (Nel secondo Libro delle Cronache si legge: "L'anno quinto del regno di Roboamo, Sesac, Re d'Egitto marciò contro Gerusalemme... e portò via i tesori del tempio del Signore. Portò via ogni cosa..."; in questo caso l'Arca sarebbe a Bubasti, che allora era la capitale d'Egitto. Altre ipotesi, sempre riguardanti saccheggi successivi subiti dal Tempio di Gerusalemme propongono la Palestina (nel secondo libro dei Re si legge: "…prese tutto l'oro, l'argento e tutti gli oggetti che si trovavano nel tempio del Signore e se ne tornò in Samaria" e la Babilonia (ad opera di Nabucodonosor). 
Altre possibilità sono costituite dal deserto del Sinai (Mosè sarebbe stato un iniziato del culto di Akhnaton e avrebbe rubato l'Arca portandola con sé durante l'esodo, sostituendola con una copia e nascondendo poi l'originale nelle viscere del monte Har Karkom) e dalla Francia, presso i Pirenei (dove sarebbe stata portata dai Visigoti che l'avrebbero presa ai romani che a loro volta la saccheggiarono dal Tempio) o nella
cattedrale gotica di Chartres (dove sarebbe stata portata dai Cavalieri Templari).Inoltre Hailè Selassiè, ex Negus d'Etiopia e presunto discendente della regina di Saba (che avrebbe avuto in dono da Salomone l'Arca dell'Alleanza) potrebbe aver nascosto l'Arca in una banca svizzera insieme ai suoi altri tesori (ipotesi abbastanza improbabile).Un’altra ipotesi è quella sostenuta dall'autore inglese Graham Hancock nel libro "The Sign and the Seal", tradotto in "Il mistero del Sacro Graal" (Hancock infatti afferma che in realtà il Graal sia un'allegoria dell'Arca) e cioè che l'Arca (che sarebbe il prodotto di una antica tecnologia della quale gli egizi erano a conoscenza e che veniva trasmessa soltanto ad alcuni iniziati dei quali Mosè avrebbe fatto parte), sia stata portata in Etiopia per proteggerla dapprima da un re eretico di Israele e poi dai vari saccheggi, e seguendo un percorso durato millenni, in una cripta in Etiopia, dove viene tuttora sorvegliata da un monaco custode. A riprova del retaggio egizio dell'Arca, nei "Testi delle Piramidi" una tradizione parla di una scatola d'oro nella quale Ra (il primo re degli dei Egiziani) aveva depositato un certo numero di oggetti. Questa scatola rimase chiusa in una fortezza sulla frontiera ad Est dell'Egitto per molti anni dopo la sua ascesa in cielo. Quando Geb (dio della terra) andò al potere ordinò che fosse portata alla sua presenza e dissigillata. Nell'istante stesso in cui questo accadde una colonna di fuoco incenerì i compagni di Geb ustionando gravemente Geb stesso. Hancock documenta molto bene la sua ipotesi, rifacendosi anche ad una tradizione presente solo in Etiopia, il "Timkat" (nella quale simulacri dell'Arca vengono portati in processione lungo le vie preceduti da un corteo danzante ed accompagnati da musica). Questa festa affonda le sue radici nell'antico Egitto (festa di Apet) e viene citata nella Bibbia. Infatti, quando re Davide porta l'Arca degli israeliti a Gerusalemme la descrizione dell'avvenimento è:
"Davide e tutta la casa di Israele portavano l'Arca del Signore con urla e con il suono di trombe e suonavano precedendo il Signore con ogni tipo di strumenti fatti di legno di abete, arpe, salteri , e con cornette, e con cimbali... e Davide danzò precedendo il Signore con tutta la sua forza... saltando e danzando prima del Signore".  Inoltre, nel Timkat le repliche dell'Arca (o delle tavole della legge) vengono chiamate tabot il cui significato originale era "barca come contenitore". Il termine in ebreo arcaico era tebah (da cui e' derivato il termine etiopico) che fu usato nella Bibbia per riferirsi ad imbarcazioni come l'Arca di Noè (Noah) ed al cesto nel quale Mosè infante fu posto nel Nilo ed abbandonato alla corrente. Da considerare come ulteriore prova è la presenza (antichissima ed un tempo nutrita) di una comunità ebraica che si rifà a tradizioni dell'epoca in cui l'Arca scomparve.

 

 
 
 

TEMPLARE CON SINDONE

Post n°13 pubblicato il 06 Febbraio 2011 da cavaliere.templare1

 
 
 

I TEMPLARI : SEMPRE PRESENTI NELLA CHIESA CATTOLICA

Post n°11 pubblicato il 06 Febbraio 2011 da cavaliere.templare1

Da uno studio approfondito della storia medievale emerge come l’Ordine del tempio di Gerusalemme non ha mai cessato di esistere: esso è rimasto vivo ed attivo fino ai nostri giorni. Questa realtà è poco nota poiché, spesso, in ogni periodo storico, è stata diffusa ad arte, una subdola propaganda mirata a diffamare qualunque evento collegato ai Templari e alle loro vicende. Quindi, contrariamente a quanto si ritiene, l'Ordine dei Templari è tutt'ora vivo ed operante. Lo dimostrano, e in maniera clamorosa alcuni avvenimenti storici che si sono susseguiti. La realtà è ben diversa da quanto parzialmente hanno scritto in modo frettoloso e superficiale autori che poco o nulla hanno a che vedere con una seria ricerca storica. Molti analisti e amanuensi, rincorrendosi e nel copiarsi fra loro, hanno dato luogo agli stessi errori e alle medesime lacune; questo fatto ha reso la loro opera poco attendibile.

E’ quindi più che giusto, obbligatorio, chiarire la nebulosa storia dell’Ordine dei Templari segnalando alcuni avvenimenti poco conosciuti.



Riporto di seguito alcuni avvenimenti che dimostrano come la continuità storica dell’Ordine sia proseguita senza essere disturbata nè dalle autorità laiche, né tanto meno dalla Chiesa. Infatti alla morte del Conte Jean de Croy, l’Ordine ebbe una parentesi di reggenza che si protrasse dal 1472 al 1478 . Ci fu allora un periodo di riflessione che portò l’Ordine ad un notevole risultato: l’elezione a Gran Maestro dell'Ordine del Tempio, di Sua Eminenza il Cardinale Roberto de Lenoncourt (Arcivescovo di Reims) che avvenne nel 1468 . L’elezione ebbe un’eccezionale importanza giuridica per la storia dell’Ordine; e questo fu un evento che riecheggia ancora oggi. Tale atto fu la dimostrazione tangibile non solo del rigetto del provvedimento adottato da Clemente V, ma volle asserire il riconoscimento della sopravvivenza dell’Ordine e della sua fattiva utilità; quindi fu implicita l’approvazione del suo operato. Il nuovo Pontefice Sisto IV era perfettamente al corrente della politica adottata dai Templari nei decenni trascorsi , nonché dell’affidabilità del porporato francese.

Da documentazioni storiche non risulta che fu richiesta dai Templari la “soppressione” della Bolla di Clemente V, poiché ciò poteva significare un implicito “do ut des” ed i Templari non si erano, come non si sono mai prestati a forme di baratto. Il Gran Maestro fu nominato da un regolare Convento o Concilio e proveniva dalla classe dei Cavalieri, era un ecclesiastico di grande intelletto, e, fu proprio per questo che l’Ordine gli fece degna corona.

Oggi, chiunque si chiederebbe come mai l'Arcivescovo della Città più importante della Francia durante il periodo medievale, Reims, potesse accettare la Carica Suprema di un Ordine colpito da interdizione, o, come qualche storico molto superficiale asserisce ancor oggi, addirittura estinto. Tale controsenso si può spiegare tenendo presente che i Papi successivi a Clemente V, e in modo particolare il Pontefice Sisto IV, (Francesco della Rovere), Papa risoluto e molto energico, non avevano dato alcuna importanza alla Bolla di Clemente V, avendo compreso l'ingiustizia e l'illegalità della stessa. Infatti, il provvedimento “clementino”, come sopra dimostrato, non poteva essere emanato; e, anche se lo fu, non avrebbe dovuto avere alcun valore o efficacia. Di fatto, accettando la Suprema Carica di Gran Maestro dei Templari certamente col "placet" del Papa, l'Arcivescovo di Reims dimostrò che se "de jure" la Bolla, pur per breve tempo, non poté essere ignorata, "de facto": essa non poté, dopo tale fatto, essere neppure accolta.

Nel 1705 il Gran Maestro è il Reggente di Francia, la nazione più potente del mondo dell'epoca; come avrebbe potuto il Papa ignorarlo? A questo punto andrebbe aggiunto un nuovo avvenimento: il 28 marzo 1808, quando era Imperatore dei Francesi Napoleone I, con suo esplicito permesso ed autorizzazione, fu celebrata una solenne e fastosa cerimonia religiosa nella Chiesa di St. Paul et St. Louis, in memoria dei Martiri Templari e del 494º anniversario del supplizio di Jacques de Molay.

Officiò la cerimonia l'Abate Clouet, canonico di "Notre Dame" de Coutances e Primate dell'Ordine del Tempio, che rivestendo i sacri Paramenti e la Gran Croce dei Templari, diede l'assoluzione a Jacques de Molay ed agli altri Templari giustiziati. Fu In quest’ occasione che le truppe francesi in grande uniforme prestarono il servizio d'onore e moltissime erano le alte personalità civili, militari e religiose presenti alla cerimonia. Dopo queste vicende storiche, il Papa dell'epoca, Pio VII, non poté più ignorare la realtà dell’Ordine. E’ facile comprende quindi che il “famoso Ordine Templare, “dichiarato estinto” era solo frutto d’ immaginazione o fantasie. Ci furono altre due cerimonie religiose che furono celebrate, la prima nel 1824 nella Chiesa di Saint Germaine-l'Auxerrois; la seconda nel 1839 nella Chiesa de "Petits-Peres". Con Decreto del 13 febbraio 1845, il principe Alphonse de Chimay e Caraman, fu inviato quale "Legato Magistrale" presso il Vaticano dal Reggente dell'Ordine Jean-Marie Raoul. Oggetto della sua missione era quello di ristabilire "ufficialmente" le relazioni diplomatiche tra l'Ordine e la Santa Sede. Era evidente, quindi, che implicitamente la Santa Sede, nel ricevere un "Nunzio", riconosceva l'esistenza dell'Ordine. Nel 1873 il Gran Maestro è S.A.R. Edoardo VII Principe tario, e poi dal 1901 alla morte della madre Regina Vittoria, Re d'Inghilterra. Oggi non si può ignorare l'ordine dei Templari, poiché siamo a conoscenza che la Suprema Carica di Gran Maestro rimase per ben 37 anni (dal 1873 al 1910) al Principe ereditario del Regno d'Inghilterra e che questa carica passò in seguito, (per gli ultimi 9 anni), al Re d'Inghilterra e Irlanda nonché Imperatore delle Indie. Va aggiunto Inoltre, che Gran Maestro dell’Ordine dei Templari dal 1910 al 1915 fu l'Imperatore di Germania e Re di Prussica, Guglielmo II. Alla luce di tali dati storici, non è facile comprendere quali siano oggi i motivi o gli eventuali interessi che abbiano desiderato affinché l'ordine rimanesse come inesistente. Forse di tale situazione sono stati protagonisti solo gli storici o anche lo stesso Ente che li istituì qualche secolo fa, nel 1118.

 
 
 

STORIA UFFICIALE DEI TEMPLARI

Post n°10 pubblicato il 18 Marzo 2010 da cavaliere.templare1

Ordine religioso-cavalleresco (Fratres Militiae Templi), fondato nel 1119 da Ugo di Payns per la difesa del S. Sepolcro di Gerusalemme, conquistato dai crociati, e per la tutela dei pellegrini che vi si recavano. Riconosciuto da Onorio III nel 1128, fu sottoposto al diretto controllo papale nel 1139. La sua regola fu scritta sulla falsariga di quella cisterciense e venne fatta approvare da Bernardo di Chiaravalle al concilio di Troyes. I templari si distinsero in molte battaglie contro i musulmani. Espressione diretta del movimento crociato , l'ordine ebbe il privilegio dell'esenzione fiscale e giunse a ricoprire un ruolo cruciale nelle transazioni commerciali tra l'Europa e l'Oriente: questi fatti resero rapidamente i templari una vera e propria potenza economica e anche politica, mettendoli però anche in contrapposizione a molti sovrani. L'imperatore Federico II li cacciò dalla Sicilia. Nel 1291, dopo la caduta di San Giovanni d'Acri, l'ultima fortezza crociata di Terrasanta, l'ordine si ritirò a Cipro. Lo scontro con Filippo il Bello, re di Francia, che era stato attirato dalla possibilità di incamerare le loro ingenti ricchezze, fu fatale ai templari. Egli accusò di eresia e di pratiche blasfeme i templari, facendo arrestare tutti quelli presenti in Francia (1305). Dopo drammatiche vicende davanti all'Inquisizione, la monarchia francese, ormai in grado di controllare il papato, impose a Clemente V lo scioglimento dell'ordine (concilio di Vienne, 1312).

 
 
 

FRASI DI SAN BERNARDO

Post n°9 pubblicato il 18 Marzo 2010 da cavaliere.templare1

FRASI DI SAN BERNARDO
PADRE SPIRITUALE DEI TEMPLARI

- “E’ grande chi, colpito dalla sventura, non perde neanche un poco la sapienza, non meno grande è chi, baciato dalla fortuna, non se ne lascia illudere. Ma è più facile trovare chi ha saputo conservare la sapienza nella sfortuna, che chi non la perse nella buona sorte".
- “Se il fine è giusto non può essere sbagliata la lotta”.
- "M' interessa poco essere giudicato da quelli che chiamano bene il male e male il bene , che fanno tenebre della luce e luce delle tenebre".
- "Che cosa c’è di più contrario alla ragione della volontà di comprendere con la sola ragione quanto le è superiore? E che c’è di più contrario alla fede della volontà di credere quanto la ragione non può raggiungere?".
- "Amare il corpo a causa dell’anima, l’anima a causa di Dio, ma Dio per sé stesso."

 
 
 

LA FALANGE

Post n°7 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

La falange è un'antica formazione di combattimento composta da fanteria pesante i cui soldati erano dotati di lance e scudi. Le truppe erano addestrate per avanzare in formazione allineata, in modo da creare un'impenetrabile foresta frontale di lance e un muro di scudi che coprivano le parti più vulnerabili del corpo. Lo scontro tra falangi avveniva in questo modo: le due formazioni si fronteggiavano su un terreno piatto, si avvicinavano al passo, e giunte a pochi metri di distanza si caricavano a vicenda. Vi era uno scontro tra prime linee in cui ognuna delle due formazioni spingeva contro gli scudi dell'altra e menava affondi di lancia La prima delle due formazioni che si rompeva, causava lo scompaginamento dell'intero schieramento e la fine della battaglia.

 
 
 

LE LEGIONI

Post n°6 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

Le legioni rappresentavano il nerbo dell’esercito con cui Roma mosse alla conquista del mondo. Nel I secolo ne esistevano circa trenta composte da circa 5500 uomini ciascuna. L’addestramento di un legionario era molto selettivo e la paga generosa. Il servizio attivo durava venticinque anni al termine dei quali un soldato veniva congedato con un premio in denaro o in terra. Il legionario riprodotto risale all’epoca di Augusto (30 a.C.-14 d.C). L’elmetto in bronzo è di tipo coolus mentre il corpo è protetto dalla lorica hamata, una cotta in maglia di ferro indossata sopra una corta tunica. L’apparato difensivo è completato dall’ampio scutum. L’armamento offensivo è costituito da un giavellotto, il pilum, dal gladius la corta spada usata nel corpo a corpo e da un pugnale, il pugio.

 
 
 

NATO PER PROTEGGIERE...

Post n°5 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

 Nato per proteggere i pellegrini (in particolare quelli di origine tedesca) durante la marcia verso la Palestina. Nel 1291 l'Ordine abbandonò l'ultima roccaforte in Terra Santa e si insediò nei territori baltici, per proseguire l’opera di tutela dei Cristiani ed evangelizzazione delle genti pagane dei territori slavi.
Come per gli aderenti all’ordine dei Templari, I confratelli erano obbligati ad una vita votata all’osservanza del vangelo ed alla austerità dei costumi.
In breve i territori conquistati formarono un regno prosperoso, che continuò ad espandersi fino al 15 Luglio del 1410 quando l'Ordine subì una memorabile sconfitta a Tannenberg, in Prussia orientale, ad opera di polacchi e lituani: da allora iniziò un rapido processo di decadenza, culminato con il il trattato di Thorn (1466). Con tale accordo l'Ordine Teutonico riuscì a mantenere sotto il suo controllo i soli territori prussiani dovendo però riconoscere la sovranità nominale del re di Polonia su di essi. Un’epoca si era chiusa.

 
 
 

FAMOSI PER IL CORAGGIO

Post n°4 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

I cavalieri templari erano famosi per il loro coraggio ed il loro armamento, invidiato dagli eserciti di tutto il mondo. La punta di forza dello schieramento era la carica di cavalleria, dove cavalli e cavalieri bene armati si lanciavano contro le schiere saracene, spazzate via sovente, non essendo in grado di reggere quasi mai l’impatto. Questa particolarità degli eserciti occidentali via via diventerà un tallone d’Achille visto che gli arabi, imparata la lezione, attiravano la cavalleria “franca” su terreni disagevoli, per poi infliggere pesanti danni con i loro arcieri a cavallo.
Gli statuti dell’ordine del tempio regolamentarono questa importante manovra di battaglia, gli ingressi nei ranghi, la condotta fino alla vittoria o alla sconfitta “E se, Dio non voglia, accade che i cristiani siano sconfitti, nessuno deve abbandonare il campo di battaglia e tornare alla guarnigione finché rimane in piedi anche un solo vessillo bicolore; e chi lo fa venga espulso per sempre dalla casa."

 
 
 

IL SANTO GRAAL

Post n°3 pubblicato il 03 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

Quali sono le origini del Graal? Il primo a nominarlo fu Chretien de Troyes nella sua opera "Perceval le Gallois ou le Compte du Graal" nel 1190: viene visto come una coppa, ma non ci sono riferimenti di un suo legame con Gesù. Nel testo arturiano "Joseph d'Arimathie - Le Roman de l Estoire dou Graal" del 1202 scritto da Robert de Boron, il Santo Graal viene descritto come il calice dell' Ultima Cena, in cui Giuseppe d'Arimatea aveva raccolto il sangue di Gesù crocifisso. Nuovi elementi in merito li ritroviamo in "Le Grand Graal", un testo di cui non conosciamo l'autore, che continua e integra il racconto del "Joseph di Arimathie". Il Santo Graal viene associato a un libro scritto da Gesù Cristo, alla cui lettura può accedere solo chi è in grazia di Dio e le verità di fede che esso contiene non potranno mai essere pronunciate da lingua mortale senza che i quattro elementi ne vengano sconvolti. Se ciò, infatti, dovesse accadere, i cieli diluvierebbero, l'aria tremerebbe, la terra sprofonderebbe e l'acqua cambierebbe colore. Da questo si deduce che il libro-coppa possiede un temibile potere. Ma perché il calice fu portato proprio in Inghilterra? I sostenitori della sua esistenza materiale affermano che durante la sua permanenza in Cornovaglia, Gesù aveva ricevuto in dono una coppa rituale da un Druido convertito al cristianesimo e quell'oggetto gli era particolarmente caro. Dopo la crocifissione, Giuseppe d'Arimatea aveva voluto riportarla al donatore ulteriormente santificata dal sangue di Cristo; il Druido in questione era Merlino. Sia come sia, le peripezie subite dal Graal dopo il suo arrivo in Inghilterra variano in modo considerevole a seconda delle varie fonti. Estrapolando dalla Materia di Bretagna gli episodi più ricorrenti, è possibile tracciare schematicamente il seguito della storia. Giunto a destinazione Giuseppe affida la coppa a un guardiano soprannominato "Ricco Pescatore" o "Re Pescatore" perché, come Gesù, ha sfamato un gran numero di persone moltiplicando un solo pesce.  Secoli dopo nessuno sa più dove si trovi il "Re Pescatore" e il "Santo Graal". Sulla Bretagna si abbatte una maledizione chiamata dai Celti "Wasteland" , uno stato di carestia e devastazione sia fisica che spirituale.  Per annullare il Wasteland Merlino dice a Re Artù che è necessario ritrovare il Santo Graal. Un Cavaliere (Parsifal o Galaad "il Cavaliere vergine") occupa allora lo "Scranno periglioso", una sedia tenuta vuota alla Tavola Rotonda, su cui può sedersi (pena l'annientamento) solo "il Cavaliere più virtuoso del mondo", colui che è stato predestinato a trovare il Santo Graal. Ispirato da sogni e presagi, e superando una serie di prove perigliose come il "Cimitero periglioso", il "Ponte periglioso", la "Foresta perigliosa" eccetera, Parsifal rintraccia Corbenic, il Castello del Santo Graal e giunge al cospetto della Sacra Coppa. Non osa però porre le domande "Che cos è il Santo Graal? Di chi esso è servitore?", contravvenendo così al suggerimento evangelico "Bussate e vi sarà aperto" e così il Santo Graal scompare di nuovo.
Dopo che il Cavaliere ha trascorso alcuni anni in meditazione, la ricerca riprende e finalmente Parsifal (o Galaad) pone il quesito, a cui viene risposto. "È il piatto nel quale Gesù Cristo mangiò l'agnello con i suoi discepoli il giorno di Pasqua. (...) E perchè questo piatto fu grato a tutti lo si chiama Santo Graal". Il Re Magagnato si riprende, il Wasteland finisce; Re Artù muore a Camlann e Merlino sparisce nella sua tomba di cristallo. Il Santo Graal viene a questo punto, siamo intorno al 540, riportato da Parsifal a Sarraz, una terra in medio oriente impossibile da situare storicamente e geograficamente; non è infatti in Egitto, ma "vi si vede da lontano il Grande Nilo" e il suo Re combatte contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolomaica si estinse prima di Cristo. Per secoli non si parlò più del Santo Graal, finché, verso la fine del XII secolo, esso tornò improvvisamente alla ribalta a causa delle Crociate. A partire dal 1095, molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa, ed erano entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche del luogo e sicuramente qualcuna di esse parlava del Santo Graal, un sacro oggetto dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l'Europa e vi si diffuse. C'è anche chi ritiene che il Santo Graal sia stato rintracciato dai Crociati e riportato nel Vecchio Continente. Se questo corrispondesse alla realtà, dove si troverebbe allora il Santo Graal?
Intorno al 1210, nel poema Parzival, il tedesco Wolfram Von Eschembach fornisce una nuova interpretazione sulla natura del Santo Graal. Non e' più una coppa ma:
"una pietra del genere più puro (...) chiamata lapis exillis. (Se un uomo continuasse a guardare) la pietra per duecento anni, (il suo aspetto) non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diventerebbero grigi". Il termine lapis "exillis" e' stato interpretato come "lapis ex coelis", ovvero "pietra caduta dal cielo": e difatti Wolfram Von Eschembach scrive che la pietra era uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero e portato a terra dagli angeli rimasti neutrali durante la ribellione.Se si analizzano le varie vicende storiche che si sono succedute nel corso dei vari secoli, si trovano testimonianze della presenza del Santo Graal in Inghilterra, Francia, Scozia, Galles, Spagna, Iran, Italia… e persino a Oak Island, nella New England (USA).  Una interessante, quanto suggestiva, ipotesi, vede il Santo Graal individuato a
Rennes-le-Chateau dal parroco Bérenger Saunière. Il parroco, dopo dei lavori di ristrutturazione alla antica chiesa, nel 1891, rinviene delle misteriose pergamene contenenti messaggi cifrati. Questi messaggi avrebbero portato Bérenger Saunière ad un quadro di Poussin, e quindi ad una antica tomba nelle vicinanze di Rennes-le-Chateau. Che Bérenger Saunière avesse rinvenuto, magari proprio in quella tomba il Santo Graal? Questo non lo sappiamo, i fatti comunque attestano che il parroco, da una situazione di modesta esistenza, si trovò a spendere cifre elevatissime. Si calcola che abbia speso in totale una somma pari al corrispondente di 30 miliardi dei giorni nostri.  Il vero Santo Graal, comunque, era tutt’altro che un mero oggetto di idolatria. Se viene letto con attenzione, il romanzo di Wolfram Von Eschembach, racconto iniziatico e alchemico al tempo stesso, descrive bene cosa sia veramente la ricerca del Santo Graal: in poche parole si tratta di un "simbolo".  Soltanto il cavaliere che si immerge totalmente nel suo compito, che vi dedica anima e corpo, può trovare il Santo Graal, ovvero l’unione estatica con Dio, la via della perfezione verso la Gerusalemme Celeste. Sembra superfluo perciò affannarsi ancor oggi in tentativi di rintracciare la vera reliquia del Santo Graal, anche se molti rivendicano di esserne i depositari. I  Cavalieri Templari avevano stretto rapporti con la "Setta degli Assassini", un gruppo iniziatico ismailita che adorava una misteriosa divinità chiamata Bafometto . Per alcuni il Bafometto altro non era che il Santo Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Cavalieri Templari, che lo avevano portato in Francia verso la metà del XII secolo. Se le cose fossero davvero andate così, ora il Santo Graal si troverebbe tra i leggendari tesori dei Cavalieri Templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo del castello di Gisors. Il Santo Graal si trova a Castel del Monte - I Cavalieri Teutonici, fondati nel 1190, erano in contatto sia con i mistici Sufi, una setta islamica che adorava il Dio delle tre religioni, Ebraica, Islamica e Cristiana, sia con l'illuminato Imperatore Federico II Hohenstaufen, a sua volta seguace di quella dottrina. Tramite i Cavalieri Teutonici, i Sufi avrebbero affidato il Santo Graal all'Imperatore, affinché lo preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate. In tal caso, il Santo Graal si troverebbe a Castel del Monte, un palazzo a forma di coppa ottagonale edificato apposta per custodirlo. Secondo questa ipotesi il Santo Graal sarebbe il simbolico "Fuoco Reale" fonte della conoscenza, adorato dai seguaci di Zarathustra a Takht-I-Sulaiman, il principale centro del culto di Zoroastro. Takht-I-Sulaiman potrebbe essere dunque la mitica Sarraz, da cui il Santo Graal (Fuoco Reale) giunse, a cui ritornò e dove forse si trova ancora. Dopo che il culto di Zoroastro venne soppresso, alcune delle sue dottrine furono ereditate dai Manichei e, di seguito, dai Catari o Albigesi; questi ultimi erano giunti in Europa dal Medio Oriente, passando per la Turchia e i Balcani, e si erano stabiliti in Francia nel XII secolo. Nel 1244, dopo una lunga persecuzione da parte del Papato e dei francesi, furono sterminati nella loro fortezza di Montségur; se avessero portato con loro il Santo Graal durante le loro peregrinazioni, ora esso potrebbe trovarsi insieme al resto del loro tesoro in qualche impenetrabile nascondiglio del castello. Oltre a queste teorie ne esistono anche altre che coinvolgono l'Italia: Il Santo Graal si trova a Torino. Importato forse dai pellegrini che si spostavano per l'Europa durante il medioevo o forse dai Savoia insieme alla Sacra Sindone, il Santo Graal sarebbe giunto nel capoluogo piemontese; le statue del sagrato del tempio della Gran Madre di Dio, sulle rive del Po, indicano, a chi è in grado di comprenderne la complessa simbologia, il nascondiglio della Coppa.  Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le spoglie di San Nicola, e in loro onore venne edificata una basilica.  In realtà la translazione del Santo era solo la copertura di un ritrovamento ben più importante, quello del Santo Graal. I mercanti erano in realtà cavalieri in missione segreta per conto di Papa Gregorio VII. Il Pontefice era al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua ricerca, né l'eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano o comunque il simbolo di una religione ancor più universale di quella cattolica. Gli premeva di recuperarlo da Sarraz in quanto temeva che la sua presenza sul suolo turco avrebbe aiutato i Saraceni nella loro espansione ai danni dell'Impero Bizantino, e avrebbe nociuto al programmato intervento di forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. Non è dato di sapere dove si trovasse la coppa e chi comandò la spedizione. La scelta di custodire il Santo Graal a Bari anziché a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri per la Terra Santa (la prima crociata fu bandita sei anni dopo il ritrovamento) e il Santo Graal avrebbe riversato su di loro i suoi benefici effetti; in più la sua presenza avrebbe protetto Roberto il Guiscardo, Re normanno di Puglie, principale alleato del Papa nella lotta contro l'imperatore Enrico IV. A ricordo dell'avvenimento, sul portale della cattedrale, si trova l'immagine di Re Artù e un'indicazione stilizzata del nascondiglio. Anche in Germania le versioni della leggenda del Santo Graal sono numerose, ed è proprio in questa nazione che la ricerca del Santo Graal si lega alla figura di Adolfo Hitler. Fin da ragazzo Hitler era affascinato dai riti e dalle cerimonie sacre e la sua giovinezza risenti dell'influenza di molti medium e studiosi nell'occulto che abitavano la città di Braunau dove era nato; ed anche il futuro capo del nazismo si racconta che possedesse poteri medianici che lo assalivano nel momento della sua più forte tensione nervosa. La preveggenza di Hitler sorprendeva i suoi collaboratori tanto da mutare la loro fedeltà verso il Führer in fanatismo. Hitler, per esempio, predisse l'esatta data dell'entrata delle truppe tedesche a Parigi, annunciò la data di morte di F. Roosevelt e predisse la data dell'arrivo a Bordeaux dei violatori del blocco navale. Ma le previsioni esatte di Hitler non si limitarono comunque solo alla politica, ma anche alla vita quotidiana. Il mistero del Santo Graal, il sacro calice che gli studiosi esoterici nazisti del tempo mutarono in "Sang Raal (sangue reale)", cioè sangue di Cristo crocifisso raccolto nella coppa e portato in Francia e poi in Bretagna da Giuseppe d'Arimatea, lo affascinò e lo ossessionò per tutta la vita. Si diceva che nessuno poteva porsi alla ricerca del Santo Graal se non fosse stato un cavaliere puro e casto, come Galaad figlio di Lancillotto. Ma anche questi, considerato il più generoso e valoroso cavaliere della corte di Re Artù, a causa dei rapporti adulterini che ebbe con Ginevra moglie del Re, non fu più degno di porsi alla ricerca del Santo Graal. La ricerca del Santo Graal era dunque vietata ai peccatori ed Hitler considerandosi invece degno per la sua vita vegetariana, di celibe, si pose alla sua ricerca credendo egli, medium e studioso di occultismo dotato di energie misteriose, di potervi riuscire. Diramò così l'ordine a tutti i suoi collaboratori affinché si procedesse alla ricerca. Ma anch'egli, che credeva di potere assurgere nel mondo a vendicatore di Cristo, fallì e così la leggenda del Santo Graal rimane tuttora avvolta nel mistero.

     

 
 
 

LA NASCITA DEI TEMPLARI

Post n°2 pubblicato il 02 Febbraio 2010 da cavaliere.templare1

 

La Nascita dei Templari

Anno di Grazia 1118, Gerusalemme. Erano passati circa vent'anni dall'entrata di Goffredo di Buglione nella Città Santa.

Dopo l’appello di Papa Urbano II, nel concilio di Clermont-Ferrand, l’Europa si accese letteralmente di zelo crociato. Subito, nel 1096, partì dalla Francia una spedizione organizzata. Assieme ai più importanti signori europei, quali il fratello Baldovino de Bouillon, Baldovino di le Bourg, Raimondo VII di Tolosa, Boemondo di Taranto e suo nipote Tancredi d'Altavilla, accompagnati dal Vescovo Ademaro di le Puy, guida spirituale della Crociata, Goffredo di Buglione  percorse mezza Europa, i domini dell'Impero bizantino e l’Anatolia, conquistando, non senza problemi e ristrettezze, le importanti città di Nicea e Dorileo, e poi, l’anno successivo, Antiochia, Maarrat an Noman ed El-Bara. Presa anche Jaffa, ai Franchi non rimase altro che puntare sulla Città Santa: l’assedio iniziò il 7 giugno, per terminare poco più di un mese dopo, il 15 luglio, giorno in cui i crociati, stremati e assai ridotti in numero, entrarono vittoriosi in Gerusalemme. La Crociata aveva funzionato: nonostante i problemi che aveva causato durante il suo svolgimento, il sogno di Urbano si era realizzato. Al più valoroso ed importante dei capi crociati, Goffredo di Buglione, fu offerta la Corona della città Santa, ma egli la rifiutò in cambio del titolo di “Advocatus Sancti Sepulchri”. Qui ebbe termine, per così dire, la prima, grande Crociata. All’alba di questo nuovo regno, la Terra Santa fu divisa in quattro potentati: da nord a sud, la Contea di Edessa, il Principato di Antiochia, la Contea di Tripoli ed il Regno di Gerusalemme, affidati rispettivamente a Eustachio di Boulogne, fratello di Goffredo, Tancredi d’Altavilla, Raimondo di Tolosa, e Goffredo di Buglione, il quale, però, morto l’anno dopo, affidò la corona della Città Santa al fratello Baldovino I.

Al tempo dell’arrivo dei franchi in Outremer, erano tre le potenze maggiori, le uniche capaci di contendersi il primato in Palestina: l’Impero bizantino, gli Arabi sotto l’egida dell’Impero turco dei Selgiuchidi, ed i Franchi.

Quello che era stato appena creato si mostrava ancora un gracile Regno costiero in Palestina, i cui capi dovevano barcamenarsi in un numero enorme di problemi: anzitutto, la minaccia islamica, che seppur sconfitta durante le varie battaglie della Prima Crociata, ora si stava riprendendo e, sotto la guida di abili emiri, costituiva sempre più un pericolo per i Cristiani; da parte dell’Islam arrivavano un gran numero di attacchi di guerriglia, mirati spesso ai pellegrini o ai mercanti che solcavano le vie non certo sicure della Terrasanta. Basti pensare che le vie attorno a Gerusalemme furono malsicure almeno fino al 1127.

Oltre questi problemi provenienti dal campo musulmano, ve ne erano diversi legati alla stragrande maggioranza dei capi crociati, che dopo aver fatto l’impresa, decise di tornare in Europa, non curandosi del fatto che il nuovo regno necessitava di una forte difesa; infine, i problemi interni al campo cristiano stesso, ove le differenze tra i soldati, tutti provenienti da realtà diverse l’una dalle altre, erano motivo di aspri dissapori.

In un clima simile, quasi sfociante nell’anarchia, si presentò, all’appena creato Re di Gerusalemme, Baldovino II, un piccolo gruppo di uomini, i quali richiesero al Re di mettersi al suo servizio per proteggere i pellegrini che dall’Europa si recavano in Terrasanta. Il capo di questi uomini era un piccolo nobile della regione francese della Champagne, Hugues de Paynes.

La storia dei cavalieri che arrivano davanti al Re di Gerusalemme e chiedono di entrare al suo servizio, è narrata, a grandi linee da tutti i cronisti, senza che nascano dubbi sulla veridicità del fatto. Il cronista del tempo Giacomo di Vitry riporta:

Alcuni cavalieri amati da Dio ed ordinati al suo servizio, rinunciarono al mondo e si consacrarono a Cristo. Con voti solenni pronunciati davanti al patriarca di Gerusalemme, si impegnarono a difendere i pellegrini contro briganti e predatori, a proteggere le strade e a fungere da cavalleria del Re Sovrano. Essi osservavano la povertà, la castità e l’obbedienza, secondo la Regola dei canonici regolari. I loro capi erano due uomini venerabili, Ugo di Payns e Goffredo di Saint-Omer. All’inizio, solo nove presero una così santa decisione, e per nove anni servirono in abiti secolari e si vestirono di quel che i fedeli davano loro in elemosina”.3  

Si è discusso molto sulla persona del fondatore dell’Ordine templare, e non sempre si è concordi sulla sua vita o sulle origini. Si è spesso ipotizzato francese o italiano, a seconda che si voglia prendere in considerazione una o l’altra delle lezioni del suo nome: Payns, Paynes, Payen, Paiens, Paen, Pagan o Pagani. Stabilire precisamente da quale regione provenisse è un’opera ardua, anche perché molti se ne contendono i natali. Pare in ogni caso più probabile la teoria che lo vuole originario della Champagne, e più in particolare di un piccolo centro a sud di Troyes. Qualcuno pone i suoi natali intorno al 1072, altri sostengono semplicemente che all'epoca in cui si presentò al Re di Gerusalemme fosse già in avanti con gli anni. Si ritiene seguì la prima Crociata verso il 1100, che, ritornato in Europa, accompagnò il Conte di Bar in Terrasanta, e che vi rimase, o vi ritornò nel 1114, anno in cui si ha notizia di lui.

Appena ricevuti dal Re, i nove uomini furono alloggiati presso il quartiere del Tempio di Salomone, vicino a quella che, in quel tempo era chiamato Tempio del Signore, la Moschea di al-Aqsa, come riportato da Vitry.

E poiché non avevano chiese o dimore di loro proprietà, il Re li alloggiò nel suo palazzo, vicino al Tempio del Signore. L’abate ed i canonici regolari del Tempio diedero loro, per le esigenze del servizio un terreno non lontano dal palazzo; e per questa ragione essi furono chiamati più tardi Templari.” 4

Dopo questa data, la storia di Ugo e dei suoi non è più documentata per circa un decennio, durante il quale, probabilmente, i cavalieri dovettero organizzarsi e iniziare il loro compito. Ad ogni modo, quello che era il primo, esiguo, gruppo di cavalieri dovette crescere parecchio in questi dieci anni: lo dimostra il fatto che, un personaggio importante come Ugo, conte di Champagne e probabilmente non solo lui, si fece templare nel 1126, e che, almeno dal 1125, Hugues de Payens sentì il bisogno di consultare il Papa per capire se la sua opera fosse giusta e cristiana, e, in caso favorevole, far riconoscere il suo gruppo dalla Chiesa: questo gruppo non era più l’esiguo drappello di cavalieri, ma non era ancora una realtà consolidata in grado di far fronte ai propri compiti, ed attraversava dunque una "crisi di crescita". Per questo bisognava fare un viaggio in Europa, con lo scopo di far conoscere l’Ordine all’Occidente, farlo approvare dal Papa e concedergli una regola, e trovare una certa adesione tra i potentes cismarini.5

La migliore occasione per compiere un viaggio in Occidente arrivò nel 1127, allorché Baldovino lo incaricò di partire, assieme al legato Guillaume de Bures ed al signore di Beirut Guy Brisebarre per la Francia, ove il Re avrebbe scelto un nobile degno di sposare la figlia maggiore del Sovrano di Gerusalemme, Melisenda. Ugo portò con sé cinque confratelli: il fiammingo Goffredo de Saint-Omer, Payen de Montdidier, Archambaud de Saint-Amand, Goffredo Bisot e Roland.6

Giunti in Europa, Ugo ed i suoi cavalieri si recarono in Francia, ove, in occasione del loro arrivo, fu programmato un Concilio che vedesse tutte le personalità di spicco della Chiesa del tempo. Il Concilio, fissato per l’inizio del 1128, fu insediato a Troyes, cittadella poco distante dalla paese natale di Ugo. Tra le altre importanti figure, compariva un monaco cistercense di 38 anni, già da tempo considerato come uno dei personaggi più notevoli della Cristianità: il suo nome era Bernardo, da poco asceso alla carica di abate presso Chiaravalle.

Essendo entrato in contatto con i cavalieri di Ugo tramite Andrea di Montbard, Bernardo si avvicinò a loro e si interessò vivamente del loro modus vivendi: più volte espresse il proprio dispiacere per il fatto che uomini come Ugo ed i suoi non fossero entrati a far parte della comunità cistercense, tuttavia non negò ai suoi amici cavalieri il proprio importantissimo aiuto.

Forti di un aiuto tanto efficace, Ugo ed i suoi si presentarono a Troyes, davanti ad un’immensa assemblea di nobili e prelati. Lo scopo principale del Concilio - di cui Bernardo era l'organizzatore - era il riconoscimento di una Regola. Il testo primitivo della Regola stessa, descrive così il primo nucleo di Cavalieri presenti all'occasione:

"Era presente fratello Ugo di Payns, maestro dei Cavalieri, che aveva portato con sé alcuni fratelli: essi erano Roland, Goffrey, Goffrey Bisot, Payen de Montdidier, Archambaud de Saint-Amand […]”. 20

Il fine del Concilio, l’ottenimento della Regola, fu pienamente raggiunto, anche se sarebbe errato affermare che fu il Concilio a concedere ai Cavalieri una Regola. Infatti, essa già doveva preesistere almeno dalla fondazione a Gerusalemme, per essere poi giustapposta agli Statuti di ispirazione benedettina ad opera del Concilio. Il Concilio, ed è bene ricordarlo, si limitò a integrare la Regola – già da tempo assunta dai Templari sul modello di quella benedettina – con gli statuti monastici comuni alla maggioranza degli Ordini, ma la Regola originaria non subì correzioni radicali; semplicemente fu “approvato ciò che era buono e vantaggioso e scartato ciò che pareva irragionevole”. 

Con il riconoscimento dell’Ordine dei Templari, la Chiesa accettava una realtà con cui si era sempre dovuta confrontare, il proprio rapporto con la guerra e gli uomini d’armi. Già con Sant’Agostino8 s'era iniziato a parlare di questo importante argomento, e si iniziarono a delineare le tracce per distinguere una guerra da una “guerra giusta”, che, se diretta contro i nemici di Cristo e della Cristianità, sarebbe potuta divenire una Guerra Santa. Ovviamente, la guerra sarebbe dovuta essere l’ultima soluzione, preceduta sempre da trattative volte, se possibile, ad ottenere la pace senza spargimento di sangue. Ma quando non fosse possibile trattare con il nemico, e fossero coinvolte persone innocenti, allora la guerra sarebbe stata non solo approvata, ma anche voluta da Dio. Con la riforma di Gregorio VII, poi, il versar sangue per la salvezza della Cristianità sarebbe divenuto un atto di epurazione dai peccati: nacque così la “Pax Domini”. Del resto, il Medioevo sarebbe rimasto fortemente influenzato dalle idee riformistiche di Papa Gregorio, che trovarono la propria massima espressione in uno dei più grandi Papi del periodo, Innocenzo III. Così, malgrado la Chiesa medievale affermi che l’ordo oratorum - gli uomini religiosi - non possa impegnarsi assolutamente in battaglia: 

ciò non vuol dire che i credenti, in particolare i Re, i nobili, i cavalieri, non debbano essere chiamati a perseguire scismatici e scomunicati. Infatti, se non lo facessero, l’ordo pugnatorum sarebbe inutile nella legione cristiana.”9  

Ancora, a favore della guerra santa, concepita non solo come difesa materiale della Chiesa, ma piuttosto come riscatto per la propria anima, si può leggere:

Dio ha istituito la guerra santa, in modo che l’Ordine dei cavalieri e la moltitudine instabile che avevano l’abitudine ad impegnarsi in reciproci massacri, come gli antichi pagani, possano trovare una nuova via per ottenere la salvezza.”10  

Al cavaliere, uomo pericoloso e dannoso per gli innocenti, era ora offerta la possibilità di redimersi convertendosi in Cavaliere di Cristo, e combattendo per difendere la Chiesa e la Cristianità egli avrebbe riscattato i propri peccati e sarebbe tornato nell’amore di Dio, che alla sua morte lo avrebbe accolto nella compagnia dei martiri. La concezione della guerra giusta e di quella santa, intesa come modo per guadagnarsi la salvezza eterna, trovarono effettiva corrispondenza nell’Ordine templare ed in San Bernardo, che più tardi avrebbe composto per Ugo di Paynes l’opera più importante della concezione medievale del rapporto Cristianità-guerra, il Sermo de Laude Novae Militiae.

Ottenuta dopo il Concilio una Regola approvata ed un riconoscimento formale da parte della Chiesa, due compiti su tre erano stati espletati, ma ne mancava ancora un terzo, indispensabile per la sopravvivenza dell’Ordine: il reclutamento di nuove leve in tutta Europa.

Subito dopo il Concilio di Troyes, dunque, Ugo e i suoi si divisero, intraprendendo ognuno una strada diversa: era l’anno 1128. Durante questi viaggi viaggi, i Poveri Cavalieri di Cristo iniziarono a raccogliere le prime donazioni: in origine si trattava di piccole proprietà delle famiglie dei Templari, come ad esempio la mansio di Ypres donata dai Saint-Omer; in seguito, a mano a mano che l’Ordine fu conosciuto ed amato, si riscontrarono donazioni da parte di persone di tutti i tipi, specie del ceto della media nobiltà. Le donazioni si susseguirono con frequenza sempre più alta, specialmente in Francia. Inizialmente, i pochi possedimenti dell’Ordine contavano solo le terre messe a disposizione dai soci aderenti. Col Concilio di Troyes, poi, sia i padri che parteciparono al concilio sia i nobili e i grandi possessori terrieri iniziarono ad avvicinarsi al Tempio. Terreni, case, mansiones furono donati con frequenza abbastanza alta da permettere all’Ordine uno sviluppo che avrebbe toccato presto anche il Portogallo e l’Italia.

La regione che vide il maggiore e più veloce sviluppo dell’Ordine fu la Linguadoca, dove, a Tolosa, i Templari comparvero tra il 1129 ed il 1132 in una delle loro prime riunioni pubbliche, alla quale seguirono diverse donazioni. Si contarono subito donazioni di cavalli ed armature, di camicie e mantelli, e persino donazioni da un solo denaro, come quella di tale Pons Pain Perdu. Addirittura, nel 1131, il Re d'Aragona Alfonso I il Battagliero, senza eredi maschi, decise di lasciare il suo intero Regno ai Templari, che ovviamente rifiutarono l'offerta.

In meno di due lustri, l’Ordine divenne una realtà consolidata nella collettività, tuttavia, non era esente da critiche che lo tacciavano di essere un’organizzazione ibrida, derivante da un aperto contrasto tra la vita monastica e quella guerresca .

Questo problema dovette essere per molto una spina nel fianco per Hugues de Payens, il quale dovette nutrire seri dubbi in merito alla questione. In preda a questo atroce dubbio, Hugues si rivolse più volte all’amico Bernardo di Clairvaux, per conoscere il pensiero dell’abate su questa incresciosa questione.

Il risultato fu un breve sermo composto fra il 1128 ed il 1134, il cui titolo fu de Laude Novae Militiae, l’Elogio della nuova Cavalleria, uno scritto in forma epistolare che affronta tre problemi in particolare:

-         È giusto andare in guerra e combattere, quando la religione cristiana è contraria allo spargimento di sangue?

-         Cos’è questa nova militia, fatta da monaci combattenti, apparentemente nati da un contrasto inconciliabile?

-         In cosa differisce la militia Christi dalla militia secolare?

In breve, sostiene San Bernardo, la guerra è giusta se effettuata in un tentativo di difendere un Regno da un oppressore esterno; ma se invece che un Regno, l’oggetto della guerra è la difesa della Cristianità, allora la guerra stessa si sublima, fino a divenire santa. E quando – afferma Bernardo –  il Cavaliere di Cristo uccide un malfattore non viene considerato omicida ma, "malicida, vendicatore da parte di Cristo di coloro che operano il male". Certo – continua – non si dovrebbe uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire l’oppressione dei fedeli.

E con questo discorso ci si allaccia alla militia Christi, una cavalleria che combatte esclusivamente per la difesa dei fedeli da qualunque nemico, imperniata della charitas cristiana. In questo modo è introdotto il paragone tra la militia Christi e la saecularis militia: mentre gli esponenti della prima conducono una vita sobria seguendo i voti monastici, combattono per Cristo, scendendo in guerra armati solo dell’armatura di ferro e della Fede e considerando la guerra un atto di difesa dei più deboli, gli esponenti della seconda vivono nel lusso più sfrenato, interessati solo ad arricchire le loro proprietà. Essi vestono di seta, ingioiellano le gualdrappe dei propri cavalli e ornano i propri elmi con lunghissime penne colorate, e così, sfarzosi più che ben armati, scendono in campo sperando solo di vincere per potersi arricchire ulteriormente. Credete forse che la spada del nemico rispetti l’oro, risparmi le gemme o non possa trapassare la seta?

Ma, cosa più importante, i cavalieri di Cristo, morendo o uccidendo, conservano pura la loro anima, perché combattono la guerra del Signore, mentre i cavalieri secolari rischiano, più che la vita, di dannare l’anima, perché se uccidono peccano mortalmente e se muoiono periscono per l’eternità.10

Queste riflessioni, sicuramente, dovettero avere un ottimo effetto su Ugo, il quale, liberatosi finalmente da tutti i propri dubbi ed incertezze, poté andare avanti con sicurezza nel proprio intento, e tornare in Terrasanta verso il 1130.

Il piccolo gruppo di monaci guerrieri che aveva lasciato in Terrasanta qualche anno prima, era ora una realtà consolidata in tutta Europa, una realtà che sarebbe cresciuta fino a diventare l’Ordine cristiano più potente della storia.

Ugo morì il 24 maggio 1136. il suo posto sarebbe stato preso da un cavaliere borgognone Roberto di Craon, che avrebbe accresciuto ulteriormente l’Ordine del Tempio. La vita di Ugo, il primo monaco cavaliere, sarebbe stata un fulgido esempio di fede, coraggio e cavalleria per tutti i Templari che sarebbero venuti dopo di lui.

 
 
 
 

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