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ARTICOLO TRATTO DA "IL CITTADINO" DEL 21/07/2009 - Aguzzi insegna ad usare gli strumenti per gli esperimenti spaziali


Ha 32 anni, pensava di progettare mobili, poi ha scoperto gli ambienti estremi e ha “toccato le stelle” Designer, istruisce i Gagarin del futuro Aguzzi insegna ad usare gli strumenti per gli esperimenti spaziali Anche se andare nello spazio non le piacerebbe poi così tanto, Manuela Aguzzi alle stelle ci è già arrivata ed è riuscita a costruire, in soli trent’anni di vita, una carriera brillante nel campo delle scienze aerospaziali. Classe 1977, iscritta all’anagrafe di Graffignana ma residente a Colonia vicino alla sede del centro europeo Astronauti, Manuela Aguzzi è una degli istruttori che insegnano ai Gagarin del futuro il funzionamento delle strumentazioni installate a bordo della stazione spaziale internazionale, utilizzate per condurre esperimenti di fisica, biologia e scienza dei fluidi. «Quando gli astronauti vengono assegnati ad una missione - spiega Manuela - vengono qui nel centro di addestramento di Colonia e noi li prepariamo per lo specifico esperimento al quale sono stati assegnati. Abbiamo simulatori e modelli in scala reale sui quali possono esercitarsi, e noi li guidiamo in questo processo. Io in particolare mi occupo di esperimenti nell’area della fisiologia umana e, in parte, della scienza dei fluidi». Roba da cervelloni insomma, da superman dell’ingegneria oppure – come nel caso di Manuela – da designer col pallino delle missioni spaziali: «Quando mi sono iscritta alla facoltà di disegno industriale credevo che essere un designer significasse più o meno saper progettare oggetti d’arredamento e poco altro, ma poi ho cominciato a frequentare alcuni corsi più specifici, dedicati alla progettazione di oggetti, attrezzature o soluzioni abitative idonee agli ambienti estremi. È stato un colpo di fulmine, e ho capito subito che in questo campo avrei trovato maggiori possibilità di espressione, un terreno praticamente inesplorato dove è ancora possibile, a differenza del design tradizionale, dare il proprio contributo. Nella tesi mi sono occupata di microgravità poi, nei successivi tre anni di dottorato, ho avuto modo di approfondire lo studio del design per l’esplorazione planetaria e di seguire alcuni workshop alla Nasa, all’Esa e in Cina. Il 13 giugno 2007 discutevo la mia tesi di dottorato al Politecnico di Milano, il mattino del giorno dopo ero già nel mio nuovo ufficio a Colonia». Lavorare all’estero le piace («Qualche volta però l’Italia mi manca, soprattutto a tavola!») e l’ambiente di lavoro è quanto mai stimolante per il clima internazionalista che si respira all’Eac, sia dal punto di vista umano che professionale: «Noi istruttori abbiamo tutti competenze diverse: ci sono ingegneri, botanici, fisici, e confrontarsi è sempre interessante. Credo molto nel valore del dialogo critico: lo spirito creativo del design impara dall’ingegneria a rimanere coi piedi per terra, a fare progetti concretamente realizzabili, l’ingegneria a sua volta prende spunto dal design per aprire i propri orizzonti e trovare il modo di costruire qualcosa che fino a poco prima si credeva impossibile». Per Manuela insegnare agli astronauti come fare un elettrocardiogramma in orbita non significa soltanto saper utilizzare con sufficiente abilità la relativa attrezzatura, ma le richiede una conoscenza più approfondita, da acquisire attraverso un corso di fisiologia, uno stage all’estero e lunghe ore di lettura in ufficio: «Ogni volta che veniamo assegnati a un nuovo esperimento per noi si apre un nuovo mondo - spiega -. Posso dire con franchezza che questo è un lavoro dove non si finisce mai di imparare». E fa sorridere, sapendola oggi alle prese con dinamica dei fluidi ed equazioni differenziali, pensarla ancora ragazzina, seduta tra i banchi del liceo artistico per la lezione di ornato: «È stata un’esperienza unica, ma se devo essere sincera mi è capitato molte volte di chiedermi: ma perché non ho fatto il liceo scientifico? Ho dovuto colmare parecchie lacune, ma con un po’ di costanza ce la si può fare e comunque, anche se non c’è molta arte nelle mie lezioni, continuo a coltivare questo interesse nel tempo libero». Qualche speranza allora rimane di rivederla più spesso a passeggio tra le italiche bellezze? Non si può mai dire, ma quanto ad arte, ed è lei stessa a confermarlo, la Germania non scherza, Colonia poi è seriamente incantevole. Silvia Canevara