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ARTICOLO TRATTO DA "IL CITTADINO" DEL 6/08/2009 - Le opere di Piero Passoni si trovano in via Selvagreca


Le opere di Piero Passoni si trovano in via Selvagreca Colori e tele “nascoste”: un mondo da riscoprire al mercatino dell’usato n Gli occhi di Moro, la maschera da clown che se ne sta lì, appesa al collo. E ancora la guerra fredda del pensiero e quella calda delle strade tra "brigate" rosse e nere. Ci sono tutte le contraddizioni di un decennio nelle tele di Pietro Passoni, oggi in vendita tra un jukebox scordato e un frullatore. Tra la polvere e gli scaffali del Mercatino dell'Usato di via Selvagreca, si nasconde un piccolo “tesoro”, tessuto su fini allegorie. Un compendio della storia di questo paese, della sua politica, dei suoi personaggi chiave. È tutto nelle opere di questo pittore milanese scomparso nel 1987, all'età di 72 anni, stroncato da un male incurabile. Narratore appassionato di favole ai nipoti («le sue storie originali potevano durare anche un anno» racconta Gilda, la nuora, che oggi abita a Graffignana), «Nonno Pejo», così lo chiamavano loro, che ha vissuto e lavorato a Milano tutta la vita, nel suo studio al 327 di via Forza Armate, aveva un rapporto speciale con il Lodigiano. Lo frequentava con assiduità. Qui si era trasferito il figlio Mario, architetto prematuramente scomparso quattro anni fa; qui aveva scoperto la bellezza di un paesaggio fatto di distese d'erba e piccoli gioielli, le chiese parrocchiali che nell'arco della sua vita ha dipinto quasi interamente. Qui, e a Graffignana per la precisione, nella casa del figlio, dove ora vivono i nipoti e la nuora, resta il suo patrimonio artistico: circa 300 tele che esplorano forme, modi e generi di fare pittura differenti. E tra Graffignana e Lodi, ora, si può anche vedere quel filone politico di opere, dipinto tra l'inizio e la fine degli anni Settanta. Diplomatosi al liceo artistico di Brera nel 1939, Passoni ha lavorato all'ospedale Fatebenefratelli di Milano tutta la vita. Socialista convinto, la sua non era semplice satira. Di quegli anni, la nuora Gilda, anche lei pittrice, che ha conosciuto Mario, il figlio di Passoni, all’accademia Cimabue di Milano, racconta di un fervore che non era solo acume politico, ma anche voglia di fare chiarezza, “smascherando” gli uomini politici del suo tempo. Una sorta di svelamento pirandelliano, uno studio quasi introspettivo dei grandi dell'epoca. «Diceva sempre che ognuno di noi quando è in pubblico indossa una maschera, diversa a seconda dei suoi interlocutori - racconta Gilda - ; sosteneva che solo la morte potesse far cadere questa maschera». È in quest'ottica allegorica che nascono i due grandi lavori che raccolgono da una parte i "cattivi" e dall'altra i "buoni" della storia, in cui Passoni ha scelto di ritrarre accanto a Madre Teresa di Calcutta e il mahatma Gandhi, anche Sandro Pertini. Dalla personalità taciturna, ma estremamente vitale, Passoni veniva nel Lodigiano ogni quindici giorni. Si fermava il sabato e la domenica; passava il tempo con i nipoti e partiva con la sua macchina fotografica alla scoperta delle sue chiese, che poi catalogava e dipingeva. È qui che conobbe la cerchia di pittori santangiolini, tra cui l'amico fraterno del figlio, Angelo Savarè. «Non era legato direttamente a nessuna galleria e quindi ad oggi non esiste una valutazione economica dei suoi quadri, ora in vendita a una cifra irrisoria che non rende certo loro giustizia - spiega Savarè -. Accanto alla spinta critico-interpretativa della storia, nella sua opera è presente una ricerca cromatica costante che è proseguita e si è ampliata nel filone paesaggistico, in cui non sono rari i quadri di grandi dimensioni». Su una piastrella, custodita con cura nella casa di Graffignana, si legge «Ama il tuo sogno, seppur ti tormenta» frutto del genio dannunziano. «Per me è un tormento il pensiero di dover in qualche modo lasciar andare queste opere e mi sono sempre rifiutata di farle valutare - spiega Gilda -: hanno sempre avuto un valore affettivo. Ho regalato tutti i suoi cavalletti, ora mi rendo conto che quel patrimonio va valorizzato». Trecento opere, chiuse nella cantina laboratorio di Graffignana, accanto alla sala della musica, dove ancora riecheggiano le risate dei pittori riuniti per far festa o per discutere di colori, tele e pennellate; trecento opere che ancora aspettano di essere conosciute dal pubblico lodigiano.Rossella Mungiello