GRAFFIGNANA NOTIZIE

ARTICOLO TRATTO DA "IL CITTADINO" DEL 26/10/2009 - DON GNOCCHI


Ruolo da protagonisti per alcuni di loro, dal parroco a lettori e latori dei doni Dai colli a Milano 350 persone per il concittadino più illustre Nello stesso momento in cui cadeva il drappo che in Duomo copriva l’urna, a San Colombano è stato svelato il quadro di Beato don Carlo Gnocchi. Per sei minuti le campane hanno suonato a festa: sei minuti, a rappresentare simbolicamente i sei anni dell’infanzia passati in terra banina dal venerato concittadino. La comunità locale ieri si è divisa per vivere il momento della sua beatificazione: 350 persone (insieme ad un gruppetto proveniente da Miradolo, Borghetto e Graffignana), su sei pullman partiti con destinazione Milano, hanno assistito alla messa in Duomo; il resto dei fedeli ha seguito il collegamento con il megaschermo allestito alla parrocchia di San Colombano con don Paolo Beltrametti che ha presieduto la cerimonia svelando il dipinto. Il parroco don Mario Cipelli, infatti, non c’era, perché era invece tra i sacerdoti celebranti alla messa in Duomo. Il parroco non è l’unico banino che ha avuto un ruolo attivo nella funzione: Fabio Belloni, che attualmente abita nella casa che fu di don Carlo Gnocchi, ha portato i doni all’altare, Giuseppe Coldani, che ha conservato il padre di don Carlo nella tomba di famiglia, ha ricevuto la comunione dal cardinale Tettamanzi, e Giuseppe Anelli è stato interprete delle letture durante il rito. E poi altri 350 fedeli plaudenti, che sono arrivati poco prima delle 10 e fino al termine del collegamento con l’Angelus sono rimasti in ossequiante attesa nella piazza principale meneghina. «Per noi - spiega don Cipelli - è un evento di straordinaria importanza al quale ci siamo preparati con grande fermento. Ma non ci fermiamo qui, perché avremo tante altre iniziative da proporre: per ordine prossimamente c’è la professione di fede, il concerto d’organo, la campagna d’iscrizione per l’Aido, visto che don Gnocchi lo si può considerare un antesignano della donazione di organi. Avevamo 250 iscritti e siamo arrivati a 500, ma vogliamo raggiungere i 2000. Ricorderei che nella data opportuna ci sarà anche la consegna del Banino d’oro alla memoria di beato don Carlo Gnocchi». L’entusiasmo del parroco lo si scorge anche nel gruppo che con lui ha voluto essere presente a Milano: per i fedeli in trasferta dal Lodigiano sono stati riservati 190 posti a sedere e altrettanti in piedi. «Ci siamo dovuti un po’ sacrificare - ha detto Mauro Steffenini, che ha guidato la comitiva - ma per far sì che altre persone potessero partecipare a questo avvenimento che ha calamitato davvero una moltitudine di genti da tanti posti d’Italia e anche dall’estero». Ogni momento è stato particolarmente toccante. I banini sono rimasti catturati dalla liturgia. Hanno chiacchierato tra loro per ribadire ancora una volta, quasi per prenderne coscienza, che finalmente il loro compaesano era stato fatto Beato. Già, proprio banino di nascita e per i primi anni di vita, un aspetto che fino a qualche anno fa era stato dimenticato. Anche per merito del direttore de «Il Cittadino» Ferruccio Pallavera sono stati presi in considerazione i sei anni della sua esistenza a San Colombano. «É un onore avere come concittadino beato don Carlo Gnocchi - dice Steffenini -, che per noi era già santo. Difficile a volte spiegare quello che si prova». Ancor di più quando l’urna contenente le reliquie è stata trasportata in mezzo ai fedeli. Ad un passo dai banini, che hanno pregato e si sono fatti il segno della croce. «Era come vedere - dice uno del gruppo - don Gnocchi in carne ed ossa tra di noi. Pareva essere un protagonista della piazza, insieme alla folla festante, tanto era ben conservato». L’urna in cristallo, precedentemente avvolta da un drappo bianco di circa 4 metri realizzato dalle suore dell’Istituto Santa Maria Nascente, è stata realizzata dallo scultore orafo Lineo Tabarin (Verona). Lunga due metri, è impreziosita da inserti in ottone, lapislazzuli e da castoni che riproducono i luoghi e i momenti più significativi della vita di don Carlo, attraverso la riproduzione di sei stemmi: quelli di Papa Benedetto XVI (Pontefice della beatificazione), del Cardinale Dionigi Tettamanzi (Arcivescovo della beatificazione), della Fondazione Don Gnocchi, dell’Associazione nazionale alpini (don Gnocchi fu cappellano delle penne nere durante la tragica ritirata di Russia), del comune di Milano (luogo dove è avvenuta la morte), oltre allo stemma originario della Fondazione Pro Juventute (Opera da lui creata nel dopoguerra e divenuta oggi Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus). C’è anche lo stemma del comune di San Colombano al Lambro, dove don Gnocchi è cresciuto e si è formato durante l’infanzia. L’urna e il relativo supporto pesano circa 500 chilogrammi. E.C.