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ARTICOLO TRATTO DA "IL GIORNO" DEL 9/01/2010 - Domenico Campagnoli. La meccanica lodigiana trema


— LODI —A LANCIARE l’allarme è stato, qualche giorno fa, il segretario provinciale della Cgil, Domenico Campagnoli. La meccanica lodigiana trema: tante ditte sono agli sgoccioli nell’utilizzo di ore di cassa integrazione, vicine al fatidico tetto delle 52 settimane in un biennio. A stilare l’elenco delle aziende in difficoltà è Aniello D’Errico, responsabile del comparto per il sindacato Cisl. «La Giandoni di Castiraga Vidardo ha già finito le settimane di cassa ordinaria, chiede ora la cassa straordinaria di un anno per i suoi 200 lavoratori», spiega. L’elenco è lungo. «La Vebe di Borgo San Giovanni è già in cassa straordinaria fino ad aprile ma ha preferito sospendere l’ordinaria perché aveva già “consumato” 6 mesi. Da maggio in poi, resterebbero ancora 6 settimane di ordinaria per i 60 lavoratori», aggiunge. I problemi sono diffusi, in un comparto tradizionale del Lodigiano che però è stato investito in pieno dalla crisi economica.«LE OFFICINE Curioni di Galgagnano hanno già finito la cassa ordinaria e la straordinaria, ora stanno usando la cassa in deroga che di norma dura un anno, per cento lavoratori», spiega ancora D’Errico. Che fa la sua analisi sulla situazione generale: «Non so fino a che punto si potrà andare avanti, quando sono in tanti a fare ricorso alla cassa e poche ditte che versano fondi, diventa un problema». Ancora: alla Scomes di Castiglione d’Adda i circa 80 dipendenti sono già in cassa straordinaria da settembre. E alla Alusteel di Somaglia, da luglio a giugno, il “pane quotidiano” per 45 persone è la cassa straordinaria.ALL’ORIZZONTE, dopo la cassa straordinaria per le ditte cosa c’è? «Andando per logica, scatta la mobilità. Ma ci sono anche casse in deroga e contratti di solidarietà, però lì ci sarà da litigare: perché le ditte in questi casi spendono di più». La Cisl punta molto sul contratto di solidarietà. «È un ottimo strumento, ma gli industriali non lo vogliono perché preferiscono tagliare i “rami secchi”». Allo stabilimento Marcegaglia di Graffignana (120 lavoratori) «hanno allungato il brodo — dice D’Errico —: invece di usare la cassa tutta insieme, l’hanno diluita. Sono al terzo “giro”, ne avrebbero ancora uno (13 settimane, ndr). Per come l’hanno impostata, non dovrebbero esserci problemi di gestione». Alla Radital di Fombio (apparecchiature elettriche) cassa in corso: secondo la Fiom, sono fuori produzione 20 lavoratori a zero ore su 50. Lavoro “a singhiozzo” anche alla Fabro Codogno (refrigeratori) e alla Telme Codogno (macchine per gelato). Invece alla Beta Utensili di Castiglione è scattata la cassa integrazione ordinaria: si lavora una settimana sì e una no (50 operai) mentre alla Italtergi di Codogno (60 dipendenti) non si lavora affatto di lunedì e venerdì.OLTRE AI GRANDI NOMI, altre 30 piccole aziende rischiano. «Non faccio nomi perché perderebbero il fido in banca e rischiano di essere vittime di concorrenti sleali. È già successo che il concorrente della tal ditta sia andato dal committente per dire: “non fidarti, vedi - lo scrivono i giornali - il tuo fornitore sta fallendo...scegli me”». In tutto — stima D’Errico — mille tute blu sono a rischio. Fabrizio Lucidi