GRAFFIGNANA NOTIZIE

Secondo lo psicologo Boienti è colpa dei genitori moderni che non impongono le regole


Secondo lo psicologo Boienti è colpa dei genitori moderni che non impongono le regole  «I genitori spesso hanno paura a contenere i figli e a imporre delle regole, per timore che questo generi chissà quali devianze. Invece ci troviamo esattamente nella situazione opposta, senza limiti i ragazzi eccedono in comportamenti violenti e “strabordanti”». Ad analizzare i due episodi di violenza avvenuti negli ultimi giorni nel Lodigiano, a Lodi e a Graffignana, è lo psicologo Claudio Boienti, 42enne direttore dello studio Akoè e psicoterapeuta infantile. In particolare l’esperto si riferisce alla lite fra due 11enni compagni di classe sfociata nelle minacce con un coltello. «Naturalmente non vanno colpevolizzate le famiglie - aggiunge -, nel quotidiano siamo tutti molto presi dal lavoro, dall’ansietà, da urgenze che spesso sono diverse dai bisogni della famiglia. Ma certo il “libro familiare” di questo ragazzo andrebbe letto per capire cosa lo abbia spinto a reagire con tale rabbia a una provocazione». Che si stia abbassando l’età di questi episodi di violenza «è sotto gli occhi di tutti», ma non si tratta di un problema dei bambini, «loro imparano il senso dell’impunità dagli adulti» nel vissuto quotidiano. «Si impara che si può andare oltre perché manca il contenimento, e questo genera la devianza». E gestire i conflitti è sempre più difficile, «perché c’è un allentamento della cultura del rispetto e delle regole, sia a casa che a scuola, che porta inevitabilmente i ragazzi a utilizzare modelli di riferimento aggressivi, per lo più proposti dai mass-media». In ogni caso, aggiunge, si tratta di casi isolati e circoscritti, sui quali sarebbe sbagliato parlare di “bullismo” e che andrebbero analizzati caso per caso. «La cosa importante è non generalizzare, questi episodi non sono la normalità fra i ragazzi». Il caso di Lodi, invece, è diverso, sia per l’età dei protagonisti che per l’estrazione sociale. «La questione non va trattata sul piano etnico, ma non va nemmeno negata la realtà. Il fatto cioè che gruppi di immigrati che vivono lo stesso disagio sociale si uniscano in aggregazioni che spesso scivolano nella violenza. Reagire in modo violento può diventare quindi un pretesto per scaricare la rabbia e la frustrazione che nascono dal contesto sociale in cui si vive. Senza contare che il gruppo, il “branco”, fa cadere il senso della responsabilità di quello che si fa». (D.C.)