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Ho sentito Lara 382, una voce semplice e calda trasportata dalle onde nella pianura Padana. Accento romagnolo: quel tanto che basta per far sognare sole e spiagge e tanta tanta voglia di mare, in compagnia, naturalmente.
L’occasione? Leggere post 268 e commenti: http://blog.libero.it/ancoraunastella/commenti.php?msgid=5580249&id=157600#comments .
Come molto spesso dico: il giorno dopo un gran giorno è sempre un piccolo giorno, peccato non esserci stato.
p.s. Ho sentito anche Sonia ma questo per me non è una novità, sempre bello comunque.
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“sono lontani quei momenti
quando uno sguardo provocava turbamenti
quando la vita era più facile
e si potevano mangiare anche le fragole
perché la vita è un brivido che vola via
è tutt'un equilibrio sopra la follia,
sopra la follia!!”
“ed un pensiero le passa per la testa,
forse la vita non è stata tutta persa,
forse qualcosa s'è salvato,
forse davvero,
non è stato poi tutto sbagliato
forse era giusto così
forse ma forse, ma si…”
Un si colmo di rassegnazione o un modo per convincersi che…….…una forma come un’altra per accettare la vita per quella che è: una forma brutale e dolce per raggiungere la morte. Ma allora davvero la vita è il ponte che scavalca il fiume del tempo ed ha come obbiettivo la morte?
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Chiudo gli occhi e sogno. Sono sveglio e sogno. E’ bellissima questa sensazione di leggerezza che sto vivendo. Ogni tanto mi capita di star bene, di avere la percezione che tutte le forze dell’universo siano orientate nel verso giusto. Sono pochi attimi che vivo intensamente, estraniandomi da tutto e da tutti, che mi donano pace e un senso infinito di appartenere a qualcosa di più grande. Trovo accordo tra presente e passato. Il tempo andato è la mia grande ossessione. Vivo il presente pensando al passato, come se fossi un vecchio seduto in riva al fiume che ripercorre i giorni della sua vita. Trascorro le mie giornate serenamente, affronto i problemi che l’esistenza mi propina, ma basta un piccolo stimolo per distrarmi e riportarmi indietro. La luce del tramonto, quella dell’alba, l’odore della terra bagnata, il cielo azzurro, il cielo colmo di nuvole, la pioggia: la natura è una fonte inesauribile di ricordi.
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La vita è legata ad un filo, alle decisioni prese di giorno in giorno, alle cose non fatte e anche se fossero fatte non cambierebbe niente. Forse.
Fu un semplice tocco, uno sfioro così sottile che gli fece venire i brividi, tutto il corpo reagì in un tremore da fargli sfuggire di mano la monetina. Il centesimo percorse il metro che lo separava dal suolo e precipitando, acquistò velocità. Urtò sul pavimento, rimbalzò e ricadde dritto, cominciò a rullare. Scivolò via. La cassiera lo guardò mortificata e si scusò, mentre lui seguiva con gli occhi la moneta. Lo spicciolo finì la sua corsa tra le corsie dei giocattoli, fra la gente che ignara continuava a far compere. Un centesimo, ma si lasciamolo stare lì, valeva così poco e poi aveva fretta.
“In un noto supermercato, raccoglie un centesimo da terra, lo ingoia e muore soffocato bimbo di due anni” La sintesi dell’articolo riportato sul giornale locale il giorno dopo.
Quanto vale un centesimo?
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Insisto nel pensarti. Il mio pensiero è sempre occupato dalla tua presenza. Nulla ha più senso e continuo a girare come una pazza per la stanza. Prendo un libro, quello che mi hai regalato un anno fa, lo sfoglio. Cerco di leggerlo per distrarmi. Chiudo il libro, il tuo fantasma continua ad ossessionarmi. Lo caccio via. Grido grido. Mi manchi per Dio, cosa posso farci se sono cotta di te, se non riesco a pensare ad altro. Basta, mi sdraio sul letto, ho bisogno di riposare. Sono coricata di schiena, guardo il soffitto, non è viola, ma mi viene lo stesso da canticchiare “Quando sei qui con me, questo soffitto viola ……”. No non era così. Mi basta dire “quando sei qui con me”, che allungo la mano e ti cerco nel posto vuoto accanto al mio. Il tuo cuscino è ancora lì, rotolo e ci sprofondo dentro la faccia. Respiro immersa nei tuoi resti. Il tuo posto sa di te. Mi rigiro portandomi dietro il cuscino, mentre continuo ad annusarlo, riguardo il soffitto. Infilo la mano dentro le mutandine. Mi tocco. Accarezzo il mio sesso è piacevole. La mano segue i tuoi gesti, il mio sesso urla, vuole te. No, basta basta. Ho una fitta allo stomaco, qualcosa me lo stritola. Mi giro di lato con le gambe rannicchiate, le ginocchia toccano il ventre, la mano è pietrificata stretta fra le cosce. Fisso il tuo posto vuoto, e assurdo assurdo, che io stia qui, chiusa tra quattro mura a cercarti a rievocare la tua presenza. Ho voglia di vivere, voglio vivere, ma non riesco a liberarmi dalle catene che mi legano a te.
“Io non ti ho legata. Sei libera, vai, se vuoi vai. Prendi la strada che desideri, ma fai in modo che non sia la mia e che non la incontri per nessun motivo”.
Come posso seguire il mio destino se tu mi hai rubato il pensiero, se hai chiuso le finestre del mio cuore, impedendogli di volare. Dammi il mio pensiero, tu me l’hai rubato. Esci dalla mia mente, vai via. VIA.
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Come vagoni del treno, le mie giornate seguono la motrice. Seguono me. Non ci sono più stazioni nelle quali sostare, nessun passeggero da far salire. Solo correre, correre lontano. La città scorre parallela alla mia vista, ma i miei occhi sono fissi sulle rotaie e guardano lontano dove i binari s’incontrano. E corro corro, per raggiungere quel punto, per deragliare e tornare indietro. Vorrei che la ferraglia si contorcesse su se stessa, e mi stritolasse, come la serpe fa con il topo, e, infine m’inghiottisse.
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Esco dalla metropolitana e mi fermo. Un fiume di persone mi sfiora. Facevo parte del flusso senza accorgermene e ora sono come una goccia d’acqua che all’improvviso impazzisce e cambia direzione. Corrono. Freneticamente camminano verso le uscite. Affolleranno gli autobus o le altre linee del metrò, per raggiungere le loro dimore, le quattro mura pagate faticosamente a rate. A fatica raggiungo la riva e mi tiro fuori dalla mischia. Non ho fretta di tornare a casa, non ho nessuno ad aspettarmi. Le mie quattro mura possono aspettarmi all’infinito, non scappano e non si annoiano. Voglio riflettere, passeggiare per Milano da solo. E bello essere liberi è una sensazione favolosa. Via tutto dalla testa, cerco di svuotarla completamente. Voglio rinascere e ricominciare a vivere senza di lei.
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Percorro la strada che mi porta al tuo cuore.
Ancora,
appoggio la mia faccia sul tuo petto,
per sentirlo battere.
Una volta,
appena mi avvicinavo,
lo sentivo esplodere,
sentivo il suo rintocco toccandoti;
ora emette un suono muto,
una specie di scricchiolio che mi lascia indifferente.
Una volta ci amavamo.
Una volta……
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Inviato da: c.sonia
il 28/06/2010 alle 11:49
Inviato da: salsadetress
il 15/03/2010 alle 08:28
Inviato da: c.sonia
il 12/03/2010 alle 16:18
Inviato da: c.sonia
il 30/10/2009 alle 21:23
Inviato da: Sonia
il 28/10/2009 alle 11:21