Anch'io, a volte, precipito nella tristezza, anzi, nella disperazione. Allora il mio bel castello, che costruisco e ricostruisco con fatica intorno a me, rovinosamente precipita. Così mi ritrovo a guardare le mie gambe che si muovono con fatica , le braccia e le mani che funzionano peggio. Ritorno ai tempi felici nei quali avevo la vita nelle mani e la conducevo dove volevo, ricordo la mia totale autonomia che mia arroccava nell'alto della presunzione (voglio, posso e comando) e che faceva lievitare la mia autostima, Mi sentivo bene nel mio mondo. Non avevo bisogno di nessuno, al di là dei mie famigliari.E poi ancora. . . ieri mi lavavo, mi profumavo, mi truccavo, vestivo bene, calzavo scarpe col tacco e quando andavo per strada, gli uomini si voltavano a guardarmi, Che bello! Oggi temo di prendere il raffreddore, perchè, se non c'è nessuno ad aiutarti a soffiare il naso, o inspiro forte e deglutisco il muco, oppure se scende sulla bocca lo mangio. Che schifo!Allora piango, piango, piango finchè non ho più lacrime, per tutto il negativo che mi passa addosso.Ma questo pianto è liberatorio: è come una valvola di sfogo dalla quale escono tutte le amarezze accumulate giorno dopo giorno, sia per lamia totale mia dipendenza che per il difficile adattamento.A questo punto, sempre, e sottolineo "sempre", scatta in me una molla, anzi un riscatto da quelle tenebre e ciò mi permette di ricostruire un' altero bel castello che mi difende, per un pò, dagli attacchi della tristezza e mi concedde di rannicchiarmi nel suo interno, avvolta nel calore di tanti affeti. E la ia vita continua il suo corso in serenità.
Momenti di sconforto
Anch'io, a volte, precipito nella tristezza, anzi, nella disperazione. Allora il mio bel castello, che costruisco e ricostruisco con fatica intorno a me, rovinosamente precipita. Così mi ritrovo a guardare le mie gambe che si muovono con fatica , le braccia e le mani che funzionano peggio. Ritorno ai tempi felici nei quali avevo la vita nelle mani e la conducevo dove volevo, ricordo la mia totale autonomia che mia arroccava nell'alto della presunzione (voglio, posso e comando) e che faceva lievitare la mia autostima, Mi sentivo bene nel mio mondo. Non avevo bisogno di nessuno, al di là dei mie famigliari.E poi ancora. . . ieri mi lavavo, mi profumavo, mi truccavo, vestivo bene, calzavo scarpe col tacco e quando andavo per strada, gli uomini si voltavano a guardarmi, Che bello! Oggi temo di prendere il raffreddore, perchè, se non c'è nessuno ad aiutarti a soffiare il naso, o inspiro forte e deglutisco il muco, oppure se scende sulla bocca lo mangio. Che schifo!Allora piango, piango, piango finchè non ho più lacrime, per tutto il negativo che mi passa addosso.Ma questo pianto è liberatorio: è come una valvola di sfogo dalla quale escono tutte le amarezze accumulate giorno dopo giorno, sia per lamia totale mia dipendenza che per il difficile adattamento.A questo punto, sempre, e sottolineo "sempre", scatta in me una molla, anzi un riscatto da quelle tenebre e ciò mi permette di ricostruire un' altero bel castello che mi difende, per un pò, dagli attacchi della tristezza e mi concedde di rannicchiarmi nel suo interno, avvolta nel calore di tanti affeti. E la ia vita continua il suo corso in serenità.