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Razze e selezione oggi


Tra ipocrisia e ignoranza, arroganza e superficialità - parte 5Queste riflessioni introducono i prossimi due punti da trattare: liceità del continuare  selezione/allevamento di determinate razze e necessità di una maggiore regolamentazione di tutto il processo di nascita/sviluppo/cessione/detenzione di un cane.Delle trecento ed oltre razze riconosciute cui ho precedentemente accennato, ve ne sono molte per le quali semplicemente il presente contesto civile ed urbanizzato è inconciliabile o difficilmente/rischiosamente conciliabile con le loro peculiarità. Non cado qui in contradizione negando il peso di educazione ed apprendimento nella costruzione della personalità di ciascun cane: tuttavia, se è pur vero che Belyaev negli anni ’50 addomesticò sperimentalmente la volpe, per ovvi motivi, grazie a Dio, fino ad oggi a nessuno è venuto in mente di andarsene in giro con una volpe al guinzaglio… Per gli stessi motivi, cani da pastore e bovari senza armenti e mandrie da condurre e proteggere, mastini senza proprietà da vigilare e difendere, cani da caccia grossa che hanno da cacciare solo giochini di lattice nell’appartamento dei padroni, sono semplicemente delle aberrazioni.Sarà per l’ignoranza ancora tanto diffusa, che spesso porta a travisare completamente il comportamento di cani stressati per mancanza di un obiettivo nella vita (necessità spesso impellente, anche per via del corredo genetico), sarà per la volontà, in fin dei conti, di possedere il cane e non di cercare una vera interazione, un vero rapporto di comunicazione (o per l’incapacità diffusa di fare tanto), il fatto è che le nostre città sono invase da cani con forme più o meno gravi di stress, intolleranze sociali, fobie, perdita delle capacità comunicative, oltre a problemi fisici di vario tipo.Senza contare le pure e semplici aberrazioni della selezione, che ha creato e perpetuato nel tempo deformazioni fisicamente e fisiologicamente incompatibili col benessere dei cani. Al riguardo, sarebbe interessante fare un’indagine sul grado di consapevolezza dei proprietari di cani brachicefali (bulldog, carlini,…) pesantemente invalidati alla respirazione o di cani con handicap di movimento in generale a causa dell’obesità cui sono predisposti (labrador), di razze soggette a tare scheletrico-articolari endemiche (PT, rottweiler,..). Sarebbe interessante indagare con questi proprietari quanto il benessere dei loro cani, così tipicizzati, stia loro effettivamente a cuore.Ma il problema forse più impressionante, è rappresentato dalle condizioni di vita in totale assenza di comprensione da parte dei padroni in cui vive un’infinità di cani.Solo l’ignoranza e la superficialità degli stolti proprietari permette di non vedere la concreta ed evidente esistenza di un problema…prima che questo (spesso) si manifesti nella sua forma parossistica, con le conseguenze del caso.A chi abbia la sensibilità e coscienza sufficienti ed avvertirlo, si pone quindi il problema della liceità di proseguire nella perpetuazione e libera vendita e detenzione di animali fuori contesto quanto un cacciatorpediniere in una piscina o quanto l’albatro di Baudelaire sul ponte della nave, in balia dei rozzi marinai.Se da un lato il sistema delle associazioni ed enti cinofili si rivela assolutamente inadeguato di fronte a determinati imperativi morali ed etici (quale, ad esempio, risolvere la condizione deplorevole dei cani che vivono in contesti - per loro e le loro peculiarità – alienanti) ed incapace, oltre che indisposto, a porre un controllo e freno all’attività degli allevatori, dall’altro lato riporre fiducia nella consapevolezza e responsabilità dei proprietari è, il più delle volte, semplicemente utopistico. Soprattutto assodato (condizione che ho rilevato spesso nei forum da me frequentati) che molti proprietari deplorano la piaga del randagismo e piangono le condizioni dei poveri cani abbandonati, ma reagiscono aggressivamente ed offensivamente prospettando loro la castrazione/sterilizzazione del loro prezioso esemplare purosangue come parte della soluzione del problema. E assodato,  soprattutto, che ancora oggi, la stragrande maggioranza dei proprietari è incapace/non interessata ad occuparsi del benessere “integrale”, “etologicamente corretto” dei propri cani.Non prima, perlomeno, di essere stati magari morsi o di aver dovuto sopportare situazioni di disagio inenarrabili (questi sono tratti comuni nell’esperienza di ambulatorio di autori diversi, da Fisher a Pageat, da McConnell a Dodman).