Gameness

Randagi.


Ovvero chi fa soldi coi cani senza essere allevatore e chi infanga gli ideali che finge di difendere – parte 1ran|dà|gioagg., s.m.2a agg. AU di animale domestico, spec. cane o gatto, che è senza padrone o che è stato abbandonato o si è smarritodo|mè|sti|coagg., s.m.3a agg., di animale, che è allevato dall’uomo per la sua utilità o per compagnia: il cane e il gatto sono animali domesticiIl dizionario (il De Mauro Paravia on-line, nella fattispecie), non sembra lasciare adito a dubbi: il cane, in quanto animale domestico, è allevato dall’uomo “per la sua utilità o per compagnia”.Un rapporto utilitaristico, che non può quindi non prevedere l’interruzione, temporanea o definitiva, casuale o volontaria: il ritorno alla condizione selvatica (la condizione dei cani paria), l’abbandono o lo smarrimento.Ed ecco che il beniamino di casa diventa un randagio.Agli antipodi dell’allevamento come business, che ho cercato di smontare ed analizzare precedentemente, dovrebbe stare il mondo del volontariato, dell’associazionismo, degli enti no profit dediti a salvaguardia, cura, recupero e reinserimento dei cani che per un motivo o per l’altro, hanno vissuto l’esperienza del randagismo o comunque dell’abbandono.Purtroppo la corruzione e lo sciacallaggio, la cattiva gestione ed il dolo, la malafede e l’ignoranza, come aspetti collaterali di tanto sano ed onesto impegno, anche nell’ambito del volontariato sono una realtà nota ed innegabile. Gli enti animalisti non si sottraggono a questa legge. Anzi.Questo articolo vuole essere di esplicita denuncia verso un animalismo falso, ipocrita, frainteso, l’animalismo del quale si riempiono la bocca tante persone che nell’ambito del volontariato e dell’associazionismo, un ambito nel quale generalmente non è richiesta nessuna particolare competenza o titolo e che quindi è per sua natura aperto a tutti, hanno trovato un modo per rispondere a loro personali esigenze, mentre a parole (parole spesso inconciliabili coi fatti e con l’ignoranza spesso manifestata) professano l’amore per gli animali.Queste esigenze talvolta sono banali necessità (contatti e interazioni sociali, desiderio di fare nuove conoscenze, di trascorrere del tempo in un’attività così facilmente appagante – per l’uomo che pensa di contribuire alla salvezza delle povere bestie sfortunate), altre volte sono deprecabili mire (bisogno di imporsi su di un gruppo di persone, arricchimento personale – nel senso di sottrazioni di denaro o ottenimento di favoritismi e privilegi).In ogni caso, a farne le spese sono le necessità di quegli animali a protezione dei quali si dovrebbe ergere l’ente di cui fanno parte (anzi, che compongono) queste persone. Insomma, l’ipocrisia del patetismo e la patetica ipocrisia dell’”impegno per il bene dei poveri animali sfortunati”.Premessa e contestoUn ottimo spunto a trattare questo argomento mi è stato off
erto da un sito che ho scoperto di recente: http://randagismo.info/. In questo prezioso sito, che invito tutti a visitare e leggere con grandissima attenzione, gli autori hanno raccolto articoli e materiale relativo agli abusi di alcuni tra i più famosi enti di protezione animale italiani, con relative vicissitudini giudiziarie.La mia attenzione è stata attratta particolarmente dalle vicende di ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali, in una media sezione provinciale del quale ho prestato il mio servizio di volontario per un anno, approdando  - dopo l’esperienza fatta - ad una fortissima repulsione verso ‘certo’ volontariato e ‘certo’ associazionismo che, se da un lato mi ha risvegliato da una mia certa ingenuità, dall’altro mi ha caricato di rabbia verso tanta ipocrisia, così rivoltante proprio perché esibita con tanta arroganza.Ho sempre saputo di non essere solo nel mio disgusto per tanta malafede ed ignoranza (il numero di defezioni da parte di volontari e persino responsabili e veterinari tirocinanti nel canile nel quale ho prestato servizio era alto), ma constatare che ‘il marcio’ in seno a questa organizzazione esiste ed è stato talvolta anche condannato dalla legge italiana (nel sito citato troverete addirittura documenti relativi ad interpellanze parlamentari), il poterlo contestualizzare nell’ambito di una mala gestione a livello nazionale (come dimostra il materiale di randagismo.info), mi ha dato lo stimolo per denunciare, in questa sede, ciò che ho visto.Le necessarie premesse sono che non ho assistito a scenari estremi da canile lager (in tal caso, avrei denunciato semplicemente la cosa alle autorità competenti), ma ad un diffuso degrado culturale, alimentato dai responsabili della struttura (nonché responsabili ENPA, ente gestore del canile) ed incompatibile con gli ideali che ENPA ‘dovrebbe’ rappresentare.Non narrerò quindi di episodi da girone dantesco, ma spero vivamente, in ogni caso, di dissuadere le persone che mi leggessero (e che davvero hanno interesse per il benessere degli animali e dei cani in particolare) a sostenere in alcun modo questi enti se non hanno direttamente modo di verificare l’utilizzo dei fondi devoluti e di vivere personalmente ed attivamente la realtà alla quale pensavano di fare delle donazioni.Semplicemente perché in un canile come quello dove ho prestato servizio io, le energie e la sincera buona volontà di decine di volontari, di tutte le età, vengono sprecate e dissipate da responsabili inetti, ignoranti, arroganti ed offensivi, mentre le bestie ospiti non s’avvantaggiano degli sforzi in buona fede dei volontari e viceversa, qualcun altro, negli uffici, magari arriva a mettersi in tasca parte dei proventi delle generose donazioni o dei fondi assegnati dai comuni serviti (nel prosieguo, esporrò i miei dubbi relativamente all’unica assemblea di bilancio cui assistetti durante il mio periodo di volontariato).Lady Winter e Garibaldi (fondatori di ENPA) credo abbiano di che rivoltarsi nella tomba.Ma se questa gente cominciasse ad essere controllata e gli illeciti gestionali, amministrativi, sanitari, etici, statutari venissero sanzionati…Non nominerò esplicitamente la struttura della quale narrerò: volutamente ed unicamente per rispetto di tutti coloro che vi operano ancora con la stessa buona fede ed ingenuità con la quale iniziai io, con la forza di volontà e spesso il grande spirito di sacrificio che queste preziose persone dimostrano col loro operato.A loro, tuttavia, ed a tutti i volontari stanchi di situazioni incongruenti con gli ideali dai quali sono animati, auguro di accostarsi quanto prima ad una cinofilia seria e responsabile, eticamente ed etologicamente corretta e, se saranno meno disgustati di me da ciò che vedono attorno a sè, tanto da riuscire a proseguire nella loro attività di canile, auguro di riuscire almeno a tentare di operare un cambiamento dall’interno.Buona fortuna, di cuore.