Zena

San Giovanni Battista (Patrono di Genova) e la tradizione dei fuochi


                         
Esempio significativo di sincretismo fra Celebrazioni religiose e tradizioni dettate dalladevozione e tradizioni che affondano le radici nell’età pre-cristiana, la Festività di SanGiovanni Battista riunisce sempre tradizionalmente due elementi simbolici di per se stessicontrastanti come l’acqua e il fuoco: l’una simbolo di purificazione e di fertilità, l’altrosimbolo di luce; tanto che un tempo la Processione verso il porto si snodava al lume dellefiaccole e, nel XVI e XVII secolo, il periodo delle luminarie poste sulle finestre delle casedurava dal 16 giugno al 1 luglio.I fuochi di festa, anche tenuto conto delle parole dedicate da Cristo al Precursore “Egli eralume ardente e illuminante” (Giov. , capo V, v. 35), assumevano così un valore cristiano;tanto che nel 1391 un decreto degli Statuti di Orvieto vietava i falò ( termine che derivadal greco bizantino faròs cioè faro, e dal greco falòs cioè fiaccola) in qualsiasi festa trannein quella del Battista; e nel 1570 - in pieno “Secolo d’Oro”e giusto vent’anni dopol’apertura della “Strada Nuova” coi suoi magnifici Palazzi - a Genova una “grida” invitavala popolazione a celebrare San Giovanni Battista “con quella letizia che lo celebrarono linostri antichi da tempo immemorabile” e ordinava che s’alzassero nelle piazze pubbliche“fuochi di giubilo con più larga mano che si può.La tradizione del fuochi che illuminano la Notte della Vigilia della Festa di San Giovanni èdocumentata - nel corso dei secoli - a Genova, sul territorio ligure, nelle antiche colonie enei più o meno lontani insediamenti dei genovesi , in Provenza (dove si intreccia con latradizione locale dei “fudos”, da “feu d’os” cioè fuoco d’ossa: per taluni, l’usanza avrebbeinteso ricordare le ossa del Battista bruciate dai pagani a Sebaste; secondo Jacopo daVaragine, l’usanza di bruciare le ossa di animali morti avrebbe sortito l’effetto diallontanare, grazie al fumo, eventuali favolosi e pestilenziali “dragoni”, secondo altri diricavare fertilizzanti o medicamenti più o meno “prodigiosi”) tanto è vero che, già apartire dal XI secolo, si hanno notizie d’archivio sui grandi fuochi accesi nelle piazzeprincipali di Genova. L’annalista Scriba - nel 1227- racconta che intorno ai fuochi la popolazione si raccoglieva in intrattenimenti festosi con canti e danze e giostre; in quantoalla comunità genovese di Caffa, destinava ai fuochi la somma di cento aspri ;mentre aPera sul Bosforo la quantità di denaro che i genovesi destinavano per allestire i fuochi eramaggiore perchè comprendeva la cifra necessaria al podestà per allestire un festosorinfresco.Ancora oggi a Genova ci si ricorda delle tradizionali e diffusissime “questue”che i ragazzieffettuavano casa per casa e da una bottega all’altra nell’imminenza della Festa di SanGiovanni: questue di materiale combustibile da “organizzare” via via in cataste - sistematepreferibilmente sulle alture e sui greti dei torrenti - che infine venivano accese ailluminare la Notte di San Giovanni e c’era la gara al falò più alto e luminoso;e questue didenaro o bevande o dolciumi in modo da poter poi riunirsi allegramente,alla luce dellefiamme, a festeggiare il Santo Patrono.Nelle località costiere i fuochi di San Giovanni s’accendevano e s’accendono tuttora , sullespiagge dove l’acqua moltiplica di infiniti suggestivi riflessi la fantasmagoria del fuoco.