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Avevo sentito parlare di questo libro da un amico, ma non si ricordava nè il titolo nè l'autore. Sabato sera mi sono autoregalato un po' di roba da leggere.Tra gli altri anche questo, che ho poi scoperto essere quello che cercavo.E' scritto da un giornalista genovese (Giorno, Corsera, Espresso) di cui già avevo letto altre cose, assieme ad una persona che con i carabinieri non ce la può avere per principio, dal momento che ne è stato generale: Nicolò Bozzo, già braccio destra di Dalla Chiesa e, dopo il ritiro dall'Arma, comandante della Polizia municipale di Genova (proprio ai tempi del G8, guarda te!!!). Non è un libro sul G8. E' il racconto di un tot di decenni di storia italiana (dal  "Piano Solo" alla P2 agli anni di piombo fino ad arrivare ai giorni nostri) visti da chi li ha vissuti con la divisa. E vissuti anche con un ruolo di primo piano, direi.Al G8 sono dedicati un paio di capitoli. Senza riscriverli tutti, giusto alcuni passaggi:"Chi ha seguito il lavoro di ricostruzione compiuto attorno ai vecchi progetti cospirativi non può non notare almeno una significativa coincidenza. I fatti di Genova accadono immediatamente dopo l'ascesa al potere delle destre che si ispirano al "piano di rinascita democratica" (apro una parentesi: non è stato il primo a fare questa osservazione. Un'analisi più dettagliata in questo senso l'ha già fatta, se non ricordo male, Sergio Flamigni) La notte cilena che ne seguì può essere letta in diversi modi: una esibizione di muscoli per salutare dal basso il nuovo corso alla ricerca di riconoscimenti e consensi, l'atteso momento di sfogo per una voglia di repressione da tempo sotto carica, oppure il risultato di una regia dall'alto ben decisa ad imporre, costi quel che costi, un giro di vite al movimento no global. Così come insegnava a suo tempo Gianfranco Miglio, ideologo della Lega: "i giornali si comprano, la magistratura si riforma, resta solo il problema di controllare la piazza".Già la premessa non è male, perché in genere si guarda al "durante" o al "dopo": raramente al prima. Grazie alla sua esperienza, Bozzo fa risaltare alcune cose:A Genova, il 20 e 21 luglio, troviamo schierati non solo i vertici delle forze dell'ordine, col numero uno dell'Ucigos, prefetto Arnaldo La Barbera, e i massimo responsabili dello Sco, Gratteri, Luperi e Caldarozzi, ma nella sala operativa del forte San Giuliano troneggia il vicepresidentedel Consiglio Gianfranco Fini (una presenza anomala, tanto che un esponente di An, Fisichella, il 7 agosto dichiara a Repubblica: "Quello che non trovo pertinente è che parlamentari di An e di altre forze politiche si trovassero nelle sale operative della questura...). Se è vero, coma assicura un veterano dell'Arma che la grande maggioranza dei militari ha evitato di incontrare il segretario di An, non c'è dubbio che la sera, quando Fini si reca alla Fiera del mare, in visita alla cittadella di polizia e carabinieri, viene accolto con saluti romani, applausi e ripetuti "Alalà".Fini non è solo. Lo accompagnano Filippo Ascierto, ex carabiniere, eletto per An a Padova (esperto sul campo della sicurezza meno su quello della storia, dal momento che sul suo sito internet campeggiava la teoria secondo la quale gli ebrei nel lager furono solo sottoposti a disinfestazione dai pidocchi, solo che per eccesso di dosaggio ne morirono un po'....) e Giorgio Bornacin, deputato, tuttora alfiere della vecchia fiamma....C'è poi un risvolto che non sapevo ed ho trovato particolarmente interessante: Bozzo, come direttore della polizia municipale di Genova, partecipa a tutti gli incontri preparatori, e quando incontra il  prefetto Aldo Gianni, nominato a capo di tutti i servizi di sicurezza del vertice, gli offre la massima collaborazione. Dopo le elezioni di maggio tutti gli apparati di sicurezza locali vengono ignorati, bypassati...Un modo singolare di prepararsi al vertice. Come pure singolare è il fatto che vengano fatti recapitare a Genova centinaia di body bag, le sacche per raccogliere i cadaveri...Ci sono poi altre considerazioni, altri fatti e altre domande, come l'insofferenza degli ufficiali dell'Arma verso la condotta temporeggiatrice dei commissari di polizia cui spetta dirigere le operazioni di piazza (si evince dai nastri delle comunicazioni messe a disposizione dei giudici dalla polizia, non dai carabinieri): il fatto che a comando delle cinque compagnie dell'Arma ci fossero altrettanti ufficiali dei parà del Tuscania, reduci da Somalia, Kossovo e Libano aiuta a capire qualcosa.Coma l'assoluta mancanza di iniziative contro i black bloc in piena fase devastatrice: solo dopo molte telefonate di cittadini impauriti e pressioni dall'alta una colonna motorizzata dei cc parte da Marassi per andare ad attaccare....i manifestanti che, autorizzati, sfilavano in via Tolemaide.Non mi dilungo sulla descrizione di quanto accaduto in piazza Alimonda (se non per ribadire, ancora, il fatto che un conto è prendere un estintore e sollevarlo davanti ad un carabiniere inerme, un conto un carabiniere che punta la pistola contro un ragazzo inerme e che solo DOPO prende l'estintore...), sul destino di molti giornalisti, italiani e non; sulla vicenda di Antonio Buglio (quello che aveva detto che le molotov della Diaz erano state trovate molto tempo prima, costretto a dimettersi dalla polizia nel 2002): sul dietrofront dell'allora ministro Scajola (che prima aveva ammesso di aver autorizzato le forze dell'ordine a fare uso delle armi salvo poi dire il contrario...); la testimonianza di Gian Paolo Ormezzano; le perle successe a Bolzanto (le garbate frasi rivolte alle ragazze "Ti buttiamo dentro al cellulare e ci pensiamo noi.. siamo una ventina, ti bastiamo troia....". Le canzonette dei carabinieri: "Uno, due, tre, viva Pinochet, quattro, cinque, sei, morte agli ebrei, sette, otto, nove il negretto non commuove". I cori: viva il duce"). Le teste dentro alle tazze del cesso per chi protestava. La meraviglie raccontate dall'ex ministro Castelli. Le prodezze del medico Giacomo Toccafondi, di cui si è già detto in altri post.In totale 47 imputati: tra questo il vicequestore Alessandro Perugini. Questo, per chi non se lo ricordasse.