L'ATTENTATO A GEX

MEMORIA DI CORRADO GEX


A distanza di oramai 45 anni dalla morte del deputato valdostano Corrado Gex, che si schiantò sulle colline di Ceva con un aereo assieme a sette passeggeri, ritengo doveroso scrivere un memoriale che, nello stesso tempo, sia un monito nei riguardi di coloro che intendono barare.Gli otto passeggeri dell’equipaggio del Pilatus Porter persero la vita a causa di assurde rivalità tra i diversi Servizi Internazionali, cui poco importano i comuni mortali.Per essere più precisi, diciamo che tutto ciò che avvenne prima e dopo la sciagura del 25 aprile 1966 fu frutto dell’ accurata regia del possente colonnello Renzo Rocca, dirigente del SIFAR e responsabile del REI: Il compito del REI era quello di reperire i fondi che le aziende italiane FIAT (con Valletta in testa) elargivano ai Servizi Segreti Italiani e di raccogliere quelli provenienti dalla lucrosa attività delle triangolazioni con i paesi sotto embargo, tipo URSS e Sud Africa.Denaro vuol dire potere e il colonnello Rocca, ai primi degli anni ’60, di denaro e potere ne aveva a dismisura. Per qualche anno si occupò del reclutamento in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta di elementi che servivano ad ingrossare le fila dei Servizi Segreti e della Gladio Bianca. A quell’epoca, assieme a Edgardo Sogno, era un frequentatore di una baita di proprietà di Piero Savoretti nei pressi di Courmayeur e fu così che creò una cellula della Gladio Bianca ad Aosta. Fu promotore della società Aer Aosta, alla quale fornì in maniera occulta un Pilatus Porter per attività ancor più occulte.Il velivolo, noto con la sigla I-CONA, portava sulla carlinga la vistosa scritta AER AOSTA, come se appartenesse effettivamente a tale società, quando invece si trattava di un aereo con il più ambiguo e oscuro passato che si potesse immaginare. Dalla società svizzera che costruisce tale tipo di velivoli non sono riuscito ad ottenere alcuna informazione; negli uffici del Registro Aeronautico non è stato possibile neppure entrare, come se si trattasse di un segreto di Stato. Per risalire al “curriculum “ di quel velivolo, ho dovuto basarmi su di una tabella fornitami dalla Procura di Mondovì (all. n. 1). Dall’esame di detta tabella, si può rilevare che il velivolo in questione fu assemblato nel 1962 presso le Officine Aeronavali s.p.a. di Venezia Lido, ma fu immatricolato solo il 1° luglio 1965. Faccio rilevare che, senza il certificato di immatricolazione e quello di navigabilità un aereo non può volare e da ciò si deduce che per ben tre anni il Pilatus Porter è rimasto ad arrugginire in qualche piazzale o hangar non ben precisato, a meno che non abbia operato, come credo, in forza ai Servizi segreti, ai quali è concesso il mancato rispetto di tutte le regole.Un’altra stranezza sta nel fatto che il certificato di immatricolazione n. 5019 sia datato 01/07/1965 e che alla data del 25/03/1966 l’aereo sia stato sottoposto ad una revisione, che si rende obbligatoria dopo le 1200 ore di volo. Facendo due conti, dobbiamo dedurre che il nostro Pilatus Porter in quasi nove mesi ha volato per 1200 ore, pari ad una media di 4,5 ore al giorno, festivi compresi, cosa piuttosto inusuale per quel tipo di velivolo. Dopo la revisione, l’aereo è stato trasferito ad Aosta con la sigla I-CONA e, stranamente, pur essendo trascorsi solo nove giorni, fu sottoposto in loco ad un intervento tecnico per la sostituzione di importanti parti del motore. A ben riflettere, viene da pensare che a Venezia il velivolo non abbia subito alcuna revisione ma che si sia intervenuti sul mezzo solo per installare occultamente sofisticati congegni di ripresa aerea, celati nel timone verticale di coda. Per questa ragione, a poche ore di distanza dall’impatto, gli uomini di Rocca intervennero per smontare il timone ed occultarlo così bene che è stato trovato solo dopo quarantaquattro anni. La commissione Alessandrini o aveva gli occhi bendati o fece finta di non accorgersi della mancanza di un pezzo così vistoso e importante.Al ritorno da un viaggio in Francia, il 25 aprile 1966, il velivolo fece scalo ad Albenga per rifornimento e alle ore 16,47 Z  decollò ai comandi di Corrado Gex. Portandosi subito in quota, il pilota, chiesto il permesso alla torre di controllo di Genova, sorvolò la città di Savona dieci minuti dopo il decollo. Informò la torre di controllo di Genova di aver sorvolato Savona e che il volo si svolgeva nella normalità ad una quota superiore allo strato di nuvole che, nei punti più alti, raggiungeva gli 800 m, lasciando scoperte le cime montagnose superiori a 1000 m. A quella quota il cielo era tranquillo e sereno.Alle h 17,07 Z, dieci min. dopo aver lasciato Savona e 20 min. dopo il decollo, il velivolo si trovava sulla verticale di Millesimo e lì successe qualcosa di anormale, in quanto l’aereo, come impazzito,  si lanciò a bassa quota addentrandosi nei corpi nuvolosi alquanto insidiosi, trattandosi di straticumuli e fractocumuli. Per ben 25 minuti, tempo che sarebbe stato sufficiente per raggiungere tranquillamente Torino, il velivolo vagò senza meta da una parte all’altra dell’ampia vallata in mezzo ai corpi nuvolosi, compiendo una mortale gimkana che si concluse con lo schianto in assetto di picchiata in un pianoro. Una strana considerazione è che, se l’aereo si fosse trovato in una assetto orizzontale, in quel pianoro avrebbe potuto effettuare un atterraggio di emergenza e, inoltre, in quella zona secondo le dichiarazioni di alcuni testimoni oculari, il temporale era oramai cessato da oltre 10 min. Quindi il maltempo non ebbe alcuna influenza sull’incidente. Al colonnello Rocca fu chiaro che quella sciagura fu una lezione personale nei suoi riguardi perché non ci si permettesse più di fare “birichinate” ai Paesi vicini e che, a quel punto, fosse importante per coprire le sue responsabilità fare apparire la disgrazia come dovuta a cause naturali e all’imperizia del pilota. La strategia che mise in atto, che poi si rivelò vincente, fu quella di far archiviare immediatamente il caso dalla competente procura, far sequestrare tutto il materiale fotografico dall’aeroporto di Aosta, in modo che non fosse rintracciabile la sua presenza né quella di personaggi a lui legati, e, infine, far scomparire la documentazione cartacea del Pilatus Porter, in particolare il libretto delle manutenzioni, perché non si potesse risalire al passato del velivolo. Un altro punto delicato era quello di trovare una persona di estrema fiducia e di grandi capacità per la direzione dell’Aer Aosta e dell’Aeroclub, fino alla completa archiviazione del caso. La sua scelta cadde su Bruno Milanesio e mai tale decisione fu così appropriata, giacché il Milanesio dette subito prova del suo sangue freddo e delle sue notevoli capacità.Il caso volle che i Carabinieri di Ceva arrestassero due giovani per aver sottratto alcuni pezzi del velivolo incidentato e che la Procura di Mondovì intentasse un procedimento nei loro riguardi. Richiesto al Milanesio, nella qualità di direttore, di volersi produrre come parte civile in quanto si riteneva che l’Aer Aosta fosse proprietaria del velivolo, quest’ultimo riuscì abilmente a togliersi dall’impiccio, sapendo che mai avrebbe potuto esibire un certificato di proprietà, evitando che  divenisse di pubblico dominio il fatto che la società da lui rappresentata non aveva mai posseduto alcun velivolo ed era solo una società di copertura al servizio dei Servizi Segreti.Un altro pesante intervento il col. Rocca lo fece nei riguardi della commissione d’inchiesta presieduta dal gen. Bruno Alessandrini. Non si sa se il generale fosse già un suo uomo ovvero se Rocca fece pressione presso di lui affinché sorvolasse su certi punti, benché cruciali, e producesse dei documenti che avrebbero inevitabilmente portato l’inchiesta all’archiviazione come incidente per cause naturali. La commissione ignorò volutamente il fatto che mancassero dei documenti importanti come il libretto di manutenzione e sorvolò sulla lampante contraddizione circa la proprietà del velivolo che da una parte risultava appartenere alle officine Aeronavali di Venezia Lido, mentre dal piano di volo redatto da Gex risultava come proprietario un altro soggetto. La cosa più plateale fu la descrizione dello scenario post-incidente, completamente diversa da quella che si leggeva nel rapporto dei Carabinieri: secondo questi ultimi,  due corpi giacevano carbonizzati nella cabina di pilotaggio mentre gli altri erano sparsi nei dintorni ancora integri (versione confermata da alcuni testimoni); secondo la Commissione Alessandrini, tutti i corpi erano ammassati in un tutt’uno all’interno della cabina di pilotaggio completamente carbonizzati. A mio avviso, tale versione fu ideata appositamente per rendere superflua qualsiasi indagine autoptica: non fu, difatti, eseguita alcuna autopsia, contrariamente ad ogni regola e prassi, che avrebbe, invece, evidenziato nei polmoni dei cadaveri la presenza di gas nervino. Proprio questo gas, quando l’aereo si trovò sulla verticale di Millesimo, fu sprigionato da un particolare dispositivo all’interno del velivolo provocando un annebbiamento progressivo delle funzioni intellettuali dei piloti e da quel momento iniziò il volo anomalo del velivolo, come confermato da testimoni oculari. Altra plateali gaffe della commissione Alessandrini le si trovano in una pagina del verbale in cui si riporta come data dell’incidente quella del 25 maggio (anziché aprile) e il numero delle vittime  ridotto straordinariamente a sette. Tutti i punti deboli che discreditano definitivamente l’operato della commissione Alessandrini sono riportati nella mia raccomandata inviata alla Procura di Mondovì (all. n. 2)Tornando al colonnello Renzo Rocca, un altro notevole e importante suo intervento riguardò l’inserimento di un elemento chiave presso la Procura di Mondovì, che conducesse l’inchiesta in un modo a lui favorevole. Nell’aprile 1966, a Mondovì il procuratore era il dott. Ezio Trione, mentre in maggio dello stesso anno subentrò il dott. Riccardo Bausone.C’è un detto che recita: “ A pensare male si fa peccato…ma spesso ci si azzecca”. A questo proposito viene spontaneo chiedersi se fu il dott. Bausone, quasi compaesano del col. Rocca, l’uomo inserito nella Procura di Mondovì, a fare archiviare il caso. Posso comunque testimoniare che il dott. Bausone del caso Gex se ne infischiava altamente. Alcuni anni orsono, infatti, inviai alla Procura di Mondovì una richiesta di riapertura del caso, accompagnata da adeguati documenti; trattandosi di strage, non c’era nessuna prescrizione. Il dott. Bausone mi invitò con una lettera ufficiale nei suoi uffici presso la Procura di Mondovì ma, per dimostrarmi il suo menefreghismo e il suo disprezzo mi fece ricevere da un appuntato il quale, dopo aver preso le mie generalità e avermi posto delle domande prive di senso, si limitò a prendere i documenti che avevo prodotto, che certamente saranno finiti in fondo a qualche cassetto per tutto il tempo in cui rimase in  carica come procuratore. Qualsiasi commento, a questo punto, è superfluo.Di una cosa si può, comunque, essere certi che chi ha chiuso l’inchiesta, nonostante le plateali contraddizioni presenti nel verbale della commissione Alessandrini, deve averlo fatto coprendosi entrambi gli occhi per obbedire alla volontà del col. Rocca, il cui intento era quello che in alcun modo potesse rendersi palese la verità.In considerazione di tutto ciò mi chiedo se la Procura di Mondovì sia la sede più indicata per far luce sui luttuosi fatti della vicenda Gex. Purtroppo, per far trasferire l’incarico ad altra Procura ci vorrebbero appoggi e mezzi di cui non dispongo.  Ne hanno in abbondanza le autorità politiche valdostane che, invece, preferiscono erigere altari in mezzo ai boschi di Ceva e utilizzare il caso Gex come una bella vettura d’epoca, da esporre ben lucidata nelle grandi occasioni, piuttosto che spezzare una lancia in favore della verità. Ma siamo sicuri che le autorità politiche valdostane vogliano davvero la verità? O preferiscono forse che il caso Gex sia relegato nella mitologia, poiché sanno benissimo che quel nucleo di potere creato ad Aosta dal col. Rocca si è inserito come un cancro nel tessuto politico valdostano? Ne abbiamo prova in qualche giravolta politica, come quella messa in atto ai primi degli anni ‘70 da Bruno Milanesio nei confronti di Cesare Dujani, che portò in auge Mario Andrione. Ricordiamo che Milanesio, in qualità di direttore dell’Aer Aosta e dell’omonimo aeroclub, e Andrione, segretario di Corrado Gex, sotto l’egida di Renzo Rocca, hanno partecipato all’operazione di chiusura dell’inchiesta, segregandone i relativi verbali, affinché tutto fosse avvolto da un alone di mistero che persiste fino ai giorni nostri. Vietato chiedersi perché prestigiosi incarichi siano stati oggi affidati ad uno dei soggetti sopra menzionati. Che si tratti di un retaggio del passato?Non furono soltanto queste le prodezze del col. Rocca. Aveva, infatti, predisposto un piano di riserva nel caso in cui qualcosa non avesse funzionato. Prima del processo nei confronti dei coniugi Rinaldi e del loro aiutante Giraud, il col. Rocca rese visita in carcere, badando che non rimanesse traccia, ai tre elementi suddetti allo scopo di stipulare accordi e contratti. Il documento della zarina, riportato nel libro di Mary Pace “Corrado Gex”, che vedrebbe i Rinaldi e il Giraud esecutori della strage, è frutto di quegli accordi segreti. È una vecchia abitudine dei Servizi Segreti di far firmare una cambiale in bianco ai propri affiliati.Vorrei far rilevare che la Valle d’Aosta è sempre stata terra di conquiste da parte di dirigenti dei Servizi Segreti implicati nella Gladio Bianca. Riporto, di seguito, uno stralcio di una lettera inviatami da una persona molto addentro nella politica valdostana e avente forti legami con qualche personaggio citato nel presente memoriale.“Le cito, solo un episodio, che data nel 2003, non di decenni fa: uno dei primi atti della giunta Perrin fu di nominare a capo della sicurezza regionale il generale Paolo Inzerilli, già capo di stato maggiore del SISMI e capo di Gladio. Quindi un partito che ha nei suoi statuti la “sovranità” della Valle d’Aosta nomina uno dei più controversi esponenti degli anni della strategia della tensione, come tale sospettato di reati che vanno fino alla strage, in una posizione in cui può controllare qualunque atto, telefonata, messaggio, dell’amministrazione regionale. E questo nel silenzio pneumatico di tute le forze politiche, “giornalisti” et similia”.Igino MelottiTel: 335 7080218Fax: 0165 800078e-mail: info@mistofritto.com Allegati. n. 5