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Giano, il dio bifronte, come me. Contraddizione e complementarietà. Il racconto della mia strada, quella che sto costruendo verso i miei sogni. E di me.

 

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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 15 Novembre 2005 da GianoReloaded
 

Attenzione! Post delirante, tecnico-filosofico-commerciale-aziendale-metodologico

Stiamo procedendo bene. Ultimamente vedo che sempre di più mi sto appassionando a quello che sto facendo. Non siamo ancora alla prima riunione e già ho in mente quello che voglio dire. Fino ad ora il mio lavoro è stato quello di analizzare le tecniche esistenti per misurare (quantificare, in euro) il capitale intangibile delle aziende. Cioè “dire quanto valgono” le persone, le loro conoscenze. Tutte le metodologie vanno a cercare aspetti che riguardano solitamente dei dati in possesso, vengono articolate secondo uno schema quasi standard, che dai primi studiosi della materia non cambia poi tanto, anzi, tutti dicono esplicitamente di derivare affermazioni dai rispettivi precursori. Il mio lavoro è più ristretto. Tra le cose così dette “intagibili” ci sono anche i marchi, o brand, come va di moda chiamarli.

Ho in mente di presentarmi il giorno della riunione ed esporre il mio pensiero, che a grandi linee è questo. Dobbiamo misurare un marchio. Solo che in tutte le tecniche quando si deve misurare qualcosa si parte da quello e si cerca cosa c’è sotto. Io non credo sia giusto. Io voglio cambiare prospettiva. Voglio girare intorno. Il marchio e i prodotti correlati si influenzano a vicenda. Così come se un marchio fa parte di un gruppo, c’è mutuo scambio di immagine e reputazione. E nella mia testa c’è già uno schema di cerchi e freccette che rappresenta tutto in un mio modello. Praticamente ci ho costruito sopra qualcosa di mio, l’ho messo in piedi e ci ho fatto le fondamenta. E non solo. Penso: Io dico che marchio è prodotto, e prodotto è marchio. Ma quante altre relazioni ci sono? Non lo so, ma so che verranno fuori e pian piano si scopriranno cose di cui non possiamo nemmeno immaginare ora. E così mi rendo conto che alla fine non ho niente, perché so che è una scatola aperta questo mio lavoro. So che pian piano la dovrò riempire con cose che troverò per strada. E poi ripenso e dico noi. Fico, mi sento parte di un team, di un gruppo, abbiamo uno scopo comune.

Chi sono io? In fondo sono uno studentello universitario, con 4 esami alla meta che ha già iniziato una tesi. Che ragion d’essere hanno tutte queste cose nella mia testa. Come posso permettermi di arrivare davanti ad un relatore e un correlatore che hanno mooolta più esperienza di me nel settore? Ho proiezioni future, schemi, processi, indicatori. Ed ho appena iniziato. E se ora con le poche informazioni colte ho elaborato tutto questo dove finirò quando mi sarò letto tutta la letteratura in materia?

E la cosa mi piace. Perché non mi intimorisce, ma mi stimola. Che ci si possa arrivare realmente a far qualcosa di grande. Non credo di poter dire di sì o no. Dico semplicemente: Provo, poi vi dico. Vi siete mai chiesti a cosa serve avere freni più potenti? Rispondete! Sicuramente la prima risposta che vi sarà passata per la testa è “per frenare meglio”. E invece no, freni più potenti servono per poter andare più veloci. Pensateci. Questa me l’hanno insegnata ed è stato uno degli insegnamenti che di più mi è piaciuto ed ho fatto mio. In questo momento sento di avere freni potentissimi che mi permettono di correndo molto. Forse sopra le mie possibilità.. però in fondo chissenefrega. Mal che vada non mi fermerò e darò una capocciata al muro. E se poi dovessi sfondarlo ed aprire una strada nuova… bhè quello si che sarebbe un bel botto!

E, per non smentire mai il giano che è in me penso.. ambizione, passione, apertura per quel che riguarda queste materie e questo lato di me hanno i freni della miglior Ferrari. Perché in amore per frenare devo metter giù i piedi come un neonato col triciclo?

Vado a due velocità

 
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