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LA FATA MORGANA TESSE LA RETE DELLA SEDUZIONE (tratto dal capitolo: il marito di Eleonora)


 Il mare era calmo e la nave traghetto lo solcava, tracciando una lunga scia bianca. La superficie levigata, inondata dagli abbondanti spruzzi, tornava gradualmente a ricomporsi. Dalla ringhiera Eleonora osservava il movimento incessante dei gabbiani che si abbassavano fino al pelo dell’acqua, si posavano e, di nuovo s’innalzavano volando via verso il cielo, azzurro senza fine. Al centro della nave, v’erano alcuni Ufficiali della Milizia Volontaria Fascista; di tanto in tanto si inchinavano ed esclamavano: “Si, Signor Comandante”. Eleonora, spinta dalla curiosità si avvicinò e si alzò sulla punta dei piedi per vedere in faccia la persona, meritevole di tanti ossequi. Lo individuò: era più anziano degli altri e dal volto traspariva un certo grado di supponenza e di severità. Ella si allungò ancor di più e i bottoni della camicetta, sotto l’impulso del petto, cedettero,  mostrandolo in tutta la sua freschezza. Con mossa repentina afferrò un lato dell’indumento, ma riuscì a  coprirsi solo in parte, tanto che i soldati rimasero abbagliati da forme così solidamente generose. Il capo di quel branco si fece largo e si avvicinò ad Eleonora che, impacciata, cercava di ricomporsi: “Bella fanciulla, la camicetta e la gonnellina che indossate aderiscono perfettamente al vostro fascino e siete riuscita ad ipnotizzare  i miei Ufficiali. Ma ora che mi trovo qui,  sento che volete chiedermi qualcosa.”Eleonora balbettò e il comandante insistette: “Coraggio! Dite! Di che avete bisogno?”“Parlare con voi signor comandante.”“ Non avere paura, orsù.”Egli era passato al tu, confidenziale e autoritario insieme, ed Eleonora stava cadendo nella sua rete, senza accorgersene. Così, rinfrancata, riprese: “Signor comandante, mio marito è all’ospedale militare di Messina. Desidero una raccomandazione perchè  si è ammalato durante la leva, ma nessuno vuole riconoscere la causa di servizio.” “Ma certo, mia cara, sarà fatto, domani mattina alle dieci vieni nel mio ufficio”. Così dicendo, le porse un biglietto da visita. In quel momento la nave traghetto incominciò la  manovra per invertire la marcia. Eleonora sbandò: in una mano teneva il biglietto, con l’altra stringeva un lembo del tessuto, ma costretta ad  ancorarsi a qualcosa  di solido lasciò la presa. Trovò sostegno nel  braccio pronto e rassicurante di lui. Il gerarca, privo di ritegno, deglutì: incominciava a pregustare sviluppi inimmaginabili fino a qualche istante prima.  Più in alto v’era un capitano, di ben altro stampo, dagli occhi chiari come quei fondali marini e rivolti verso Messina. La giornata straordinariamente nitida evocava la fata Morgana e dal ponte della nave,  persone e cose, che si trovavano  sulla sponda siciliana, sembravano vicinissime, mentre in realtà erano a qualche chilometro di distanza.  Volentieri sarebbe rimasto ad assistere allo spettacolo , che ancora una volta, si replicava nello Stretto, ma non sopportando le prepotenze e le ingiustizie gettò un ultimo sguardo e rientrò in cabina per pilotare le attività di approdo. Tuttavia, un’idea lo attraversò  illuminandolo, e rivolgendosi al suo vice suggerì: “Oggi la ciurma mi sembra più apatica del solito”. L’ assistente lo guardò.  Interpretò la massima, al volo, uscì sul ponte e si mise a gridare, troncando in tal modo l’incipiente approccio.