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LA RABBIA DI ZIO PIERO


Lo zio Piero era seduto davanti la baracca. Aveva la testa che gli martellava, da molto era passato mezzogiorno e ancora la nipote non tornava. Mille congetture, tante ipotesi, molte domande, a cui non riusciva a dare risposte adeguate. Infine, la rabbia covata dentro esplose, si alzò, con un calcio mandò lo sgabello a sbattere contro porta, e si avviò verso la città. Aveva fatto un centinaio di metri quasi di corsa, quando vide Eleonora, che giungeva sorridendo; si fermò di scatto e l’aspettò.“Tutto bene” gridò Eleonora, ma il sorriso le morì sulle labbra perchè dal volto di lui traspariva un notevole turbamento.“Mi fai stare in pensiero. E’ molto tardi…. Avevo preparato da mangiare..”“Hai ragione zietto caro, il tempo vola, ma sono contenta perché finalmente c’è qualcuno che s’interessa di mio marito.” Egli la scrutava, alla ricerca di qualche segno che poteva rivelare quanto  più temeva. “Adesso andiamo a mangiare. Dopo mi racconterai tutto”.  Erano seduti uno di fronte all’altra e a nulla erano giovate due ore di discussioni per fare intendere ad Eleonora che la cosa più prudente sarebbe stata quella di andare all’ospedale, fare visita al marito e ritornare subito in Calabria.“No, il lupo non è così cattivo come lo descrivi tu, io ho la certezza che il comandante s’interesserà. Quindi domani vado all’ospedale e poi torno da lui.”“Bene voglia la fortuna esser dalla tua parte. Io vado, se esci, chiudi la  baracca e  metti la chiave  sotto la pietra vicino alla porta, addio Eleonora.”“Arrivederci zio Piero.”