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IL GIOCO AMBIGUO DI ELEONORA


Finalmente, il comandante scese, Arturo si affrettò ad aprire lo sportello e, alzando la mano destra, si mise sugli attenti. Nel momento in cui chiuse lo sportello volse la testa verso l’alto. Una figura di donna dietro la finestra fece un rapido cenno di saluto. Zio Piero, non visto, aveva osservato tutto e trasalì, quando capì che quella donna  era Eleonora. Pochi minuti dopo era presso l’appartamento e bussava sommessamente. “Arrivo” gridò Eleonora la quale si affrettò ad aprire e rimase pietrificata nel vedere zio Piero. Era semi-vestita. Tale stato esasperò l’ira dell’uomo, il quale dopo averla spinta all’interno chiuse la porta alle spalle. “Vestiti subito e vieni via con me!” “No, non posso, ormai è troppo tardi, non posso, mai, mai, anzi ti prego vattene perché fra non molto arriverà qui……”“Chi arriverà, quel galantuomo del Comandante, oppure il suo sgherro personale?” “Non parlare zio Piero, tu non hai il diritto di trattarmi in questo modo, e poi io sono felice così..” “Non avrei mai immaginato che saresti arrivata così in basso, e che in pochissimo tempo, a causa di questo cannibale, avresti dimenticato tuo marito e tutte le persone  che ti vogliono veramente bene. Sei una sgualdrina, ecco quello che sei. A che ti serve avere vestiti, gioielli ed essere la donna di un ….maledetto?  Maledetta anche tu..” “No, no zio Piero non continuare, ti prego vattene, ti giuro domani verrò a casa tua lì parleremo meglio.” Egli la guardò a lungo negli occhi, erano dolci e sereni come quelli di una bambina, e gli riportavano alla mente l’immagine  di sua  sorella; girò su se stesso e, pentendosi, provò amarezza per aver pronunciato quella maledizione. Appena uscito, Eleonora  corse a gettarsi sul letto a piangere.