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LE ANGOSCE DEL COMANDANTE


Eleonora era rimasta a letto stordita e incapace di alcuna reazione. Il suo pensiero andava lontano, alla piccola casa, ove appena sposina non aveva avuto il tempo di conoscere ed amare suo marito che era militare. Il comandante era lì. Il disordine della stanza, la posizione del corpo di Eleonora, quello stato di strano torpore lo misero all’erta. Girò gli occhi intorno e il suo sguardo si posò su una sedia. Si mosse. Eleonora che era in dormiveglia trasalì, e gridò: “ Chi è?” “Mia cara sono io”. Il Comandante si sforzava di mantenere la calma e il suo tono abituale. “Mi hai fatto paura, non ti avevo sentito entrare.” “No, non aver paura, sono io, ma tu stai male? Mi domando come mai sei ancora a letto?” “Mi alzo subito caro.” “Fai con comodo. Tanto oggi non devo tornare in ufficio.” Un’ora dopo pranzavano in un ristorante elegante del centro. Il comandante la fissava per tentare di leggere i suoi pensieri, ma quegli occhi da bambina innamorata ancora una volta lo convinsero che non poteva fare al meno di lei e in cuor suo si diceva: “la amo, si la amo e non posso vivere senza di lei. Forse l’ho trascurata un pochino, da oggi farò in modo di starle più a lungo vicino: non posso, non posso perderla, mai, a costo di  qualunque cosa”. Così tralasciò tutti gli impegni per trascorrere la serata insieme a lei. Squillò il telefono: “Sì sono il comandante, avvertite il mio autista di farsi trovare qui domattina alle ore otto; avete capito? Bene.” Chiuse il telefono. Dai suoi gesti traspariva un certo nervosismo.