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ELEONORA SI RECA DA ZIO PIERO E..


Il sole filtrava dalle persiane e, attraverso i pendenti smerigliati dell’abat jour, danzava nei pressi del cuscino di Eleonora. Il comandante era già in divisa. E, istintivamente, si rivolse ad Eleonora, quasi fosse un suo sottoposto: “Oggi andrò in provincia. Spero di tornare per il pranzo. Ti prego, non allontanarti da casa!”. Lei, invece, più volte aveva pensato di recarsi da zio Piero. E quella che si presentava era una vera occasione propizia. Si preparò con calma, quindi si avviò verso l’abitazione dello zio. Giunse vicino la porta. Tutto appariva tranquillo. Alcuni ragazzi giocavano a costruire case, col fango di una pozzanghera, a venti passi dalla baracca. Bussò. Nessuna risposta. Chiamò: “Zio Piero, zio Piero, sono io Eleonora. Apri zio Piero”. Si sentì un tonfo, provenire dall’interno, come una cassa che si chiudeva, si spalancò una finestra e si affacciò un uomo con gli occhi sbarrati, la bocca tremante e una pistola in mano. A quella vista, lei gettò un grido e fuggì, mentre si sentiva urlare: “Ucciderò te e i tuoi compari, sgualdrina”. Nella sua corsa pazza, urtò uno dei ragazzi e sfasciò le casette di fango. Così gli altri si alzarono di scatto e tutti cominciarono ad inviare parolacce all’indirizzo di Eleonora. Continuò a correre, senza controllo, tanto che, per la stanchezza, incespicò e cadde. Si rialzò, cercò di pulirsi, si avviò verso una carrozza ferma, vi salì e chiese di essere portata via. Con la morte nel cuore, si barricò in casa.