Creato da ginomoschella il 20/11/2009

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Romanzo

 

 

IL PIANO DEL COMANDANTE

Post n°20 pubblicato il 08 Giugno 2010 da ginomoschella
 

Così, tornando verso la città, il turbamento lasciò posto alla fredda determinazione, indispensabile per elaborare il piano. Occorreva metterlo in pratica. Arrivato in ufficio, convocò quattro sgherri fedelissimi: “Ricordatevi, dobbiamo prenderli vivi, quindi niente uso d'armi che possono uccidere”. Chiamò Arturo e si fece portare a casa: “Aspetta qui, devi accompagnare la signora. Mi raccomando la massima discrezione, bada bene ad eseguire i miei ordini nei minimi dettagli; dovrai stare distante da lei almeno cinque metri, in modo che nessuno ti veda”.

Si diresse velocemente verso l’ingresso, non senza aver dato un’occhiata intorno. Non sfuggi al suo occhio attento la presenza della scorta che aveva predisposto. “Ascolta Eleonora, è arrivato al comando un dispaccio che comunica la fuga di tuo marito e l’ordine di arrestarlo”. Eleonora si lasciò andare sul divano e il comandante, sedutosi accanto,  proseguì: “Non fare così. Pensandoci bene, ho capito che bisogna riparare a quello che ho fatto. Noi abbiamo il dovere di salvarlo. Sì Eleonora….”

“E come?”  

“Facendolo fuggire.”  

“Fuggire? Dove, come?”

“Tu questa sera devi andare da lui e avvertirlo che domani mattina scatterà l’ordine per la cattura, quindi avrà il tempo per fuggire.”

Finalmente, dopo tante discussioni, Eleonora accettò: “Va bene, stasera andrò in macchina con Arturo ed avvertirò Antonio”. “Mi raccomando ancora una volta. Parlagli da fuori. Non entrare”.

 

 
 
 

NEL COMANDANTE SI FA STRADA .....

Post n°19 pubblicato il 10 Maggio 2010 da ginomoschella
 

Finalmente giunse il Comandante. Dopo avergli raccontato tutto, concluse: “Adesso non mi resta che aspettare che mi uccida”. “Non avere paura cara, nessuno oserà torcerti un capello fino a quando io vivrò. Ricordatelo, nessuno. E adesso prepara qualcosa. Mangeremo. Poi si vedrà.”

Passarono il pomeriggio insieme. Il comandante tentava di tranquillizzarla e di  convincerla: “Tuo marito è una vera e propria nullità. Non oserà torcerti un capello. E’ un pusillanime che ti costringerebbe a battere il marciapiede. Dovrebbe essere contento e ringraziarmi per averti accolto, per le possibilità che ti offro per i favori che puoi ottenere con facilità. Intanto sta tranquilla, starò fuori per qualche ora, ma nel frattempo una scorta vigilerà nei pressi dell’appartamento”. Ogni volta che si presentava una grave questione il comandante era solito prendere la macchina e girare da solo. Imboccò la strada che portava sui Peloritani e curva dopo curva, giunse lassù. C’era una spianata, presso Pizzo Chiarino: una lingua di terra, sovrastante e in mezzo ai due mari. La serata era splendidamente tersa. Rivolto verso lo Stretto scorgeva nitide le figure giù al porto nella zona falcata; si girò verso il Tirreno. Nel pelago chiare si stagliavano le isole Eolie. Il luogo romantico cedeva per un momento, tale era stato il sovvertimento nelle priorità delle cose nella vita del comandante, alle esigenze di una guerra che in certi documenti riservati appariva imminente. Ecco il posto ideale per collocare la batteria antiaerea a guardia della città. Questa soluzione aprì, come talvolta accade, la strada per l’altra, necessaria a soddisfare il sentimento più pressante nel cuore del gerarca.

 

 
 
 

ELEONORA SI RECA DA ZIO PIERO E..

Post n°18 pubblicato il 05 Maggio 2010 da ginomoschella

Il sole filtrava dalle persiane e, attraverso i pendenti smerigliati dell’abat jour, danzava nei pressi del cuscino di Eleonora. Il comandante era già in divisa. E, istintivamente, si rivolse ad Eleonora, quasi fosse un suo sottoposto: “Oggi andrò in provincia. Spero di tornare per il pranzo. Ti prego, non allontanarti da casa!”. Lei, invece, più volte aveva pensato di recarsi da zio Piero. E quella che si presentava era una vera occasione propizia. Si preparò con calma, quindi si avviò verso l’abitazione dello zio. Giunse vicino la porta. Tutto appariva tranquillo. Alcuni ragazzi giocavano a costruire case, col fango di una pozzanghera, a venti passi dalla baracca. Bussò. Nessuna risposta. Chiamò: “Zio Piero, zio Piero, sono io Eleonora. Apri zio Piero”. Si sentì un tonfo, provenire dall’interno, come una cassa che si chiudeva, si spalancò una finestra e si affacciò un uomo con gli occhi sbarrati, la bocca tremante e una pistola in mano. A quella vista, lei gettò un grido e fuggì, mentre si sentiva urlare: “Ucciderò te e i tuoi compari, sgualdrina”. Nella sua corsa pazza, urtò uno dei ragazzi e sfasciò le casette di fango. Così gli altri si alzarono di scatto e tutti cominciarono ad inviare parolacce all’indirizzo di Eleonora. Continuò a correre, senza controllo, tanto che, per la stanchezza, incespicò e cadde. Si rialzò, cercò di pulirsi, si avviò verso una carrozza ferma, vi salì e chiese di essere portata via. Con la morte nel cuore, si barricò in casa.

 
 
 

LE ANGOSCE DEL COMANDANTE

Post n°17 pubblicato il 22 Aprile 2010 da ginomoschella

Eleonora era rimasta a letto stordita e incapace di alcuna reazione. Il suo pensiero andava lontano, alla piccola casa, ove appena sposina non aveva avuto il tempo di conoscere ed amare suo marito che era militare. Il comandante era lì. Il disordine della stanza, la posizione del corpo di Eleonora, quello stato di strano torpore lo misero all’erta. Girò gli occhi intorno e il suo sguardo si posò su una sedia. Si mosse. Eleonora che era in dormiveglia trasalì, e gridò: “ Chi è?”

“Mia cara sono io”.

Il Comandante si sforzava di mantenere la calma e il suo tono abituale.

“Mi hai fatto paura, non ti avevo sentito entrare.”

“No, non aver paura, sono io, ma tu stai male? Mi domando come mai sei ancora a letto?”

“Mi alzo subito caro.”

“Fai con comodo. Tanto oggi non devo tornare in ufficio.”

Un’ora dopo pranzavano in un ristorante elegante del centro. Il comandante la fissava per tentare di leggere i suoi pensieri, ma quegli occhi da bambina innamorata ancora una volta lo convinsero che non poteva fare al meno di lei e in cuor suo si diceva: “la amo, si la amo e non posso vivere senza di lei. Forse l’ho trascurata un pochino, da oggi farò in modo di starle più a lungo vicino: non posso, non posso perderla, mai, a costo di  qualunque cosa”. Così tralasciò tutti gli impegni per trascorrere la serata insieme a lei. Squillò il telefono: “Sì sono il comandante, avvertite il mio autista di farsi trovare qui domattina alle ore otto; avete capito? Bene.” Chiuse il telefono. Dai suoi gesti traspariva un certo nervosismo.

 

 
 
 

IL MARITO DI ELEONORA

Post n°16 pubblicato il 13 Aprile 2010 da ginomoschella

I compagni di lavoro erano appena andati via che zio Piero sentì bussare alla porta. "Sono arrivati prima del previsto", pensò. 

“Aspettate, porci e schifosi sgherri che mi preparo e poi andremo via.”

Aveva finito di pronunciare a bassa voce queste parole, che sentì una voce.

“Zio Piero, zio Piero, sono io.”. Volò verso la porta, la aprì e fra le sue braccia cadde sfinito Antonio.

“Oh, mio caro, come mai, tu qui? Ti sapevo all’ospedale di Palermo, che cosa è successo?”

“Sono due mesi che mi lasciano marcire in quell’ospedale e non si decidono neanche a visitarmi, non ho resistito, ed inoltre nessuna notizia di mia moglie. L’altro ieri ho ricevuto una lettera da mia madre. C’è scritto che Eleonora è partita da due mesi e non è ancora tornata a casa; avevo ricevuto un biglietto, che mi diceva che sarebbe venuta da me e poi più nulla. Che cosa è successo zio Piero? Dov’è Eleonora? Dimmi zio Piero dov’è? Che cosa le è successo?”

“ Calmati Antonio, prima di tutto ringrazia il cielo per avermi trovato. Credo che  verranno, fra poco, con una scusa qualsiasi e mi porteranno al confino,  solo per alcuni mesi o, forse,  per anni. Chissà. Il regime che ci schiaccia è tale che a nulla valgono le leggi; sono loro la legge, se parli sei un traditore, se ti lamenti, un disfattista.”

“ Tutto quello che dici è vero e sacrosanto. Me lo hai ripetuto tante volte ed oggi   posso  confermarlo con certezza, perché l’ho sperimentato personalmente. Ma zio Piero, io voglio sapere dove si trova Eleonora.”

Tutta la notte passò tra un discorso e l’altro. E finalmente zio Piero decise che era venuto il momento di non nascondere più  la verità, perché a suo vedere sarebbe stato peggio. Dunque raccontò tutto. Antonio stanco, avvilito raggrinzito dal dolore si addormentò con il capo sopra le ginocchia di zio Piero. L'uomo rude del porto pianse. Era  la prima volta che dai suoi occhi  spuntavano le lacrime.

 

 
 
 
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