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Post n°254 pubblicato il 28 Giugno 2009 da giovanedestra_lecco
LUCIEN FEBVRE: ONORE E PATRIA IL LIBRO NATO DALLE LEZIONI AL COLLEGE DE FRANCE . . Onore e patria» è il titolo dei due corsi tenuti da Lucien Febvre al Collège de France tra il 1945 e il 1947, e ripresi in vista della pubblicazione di un volume che l'autore non ebbe il tempo di portare a compimento. Questo testo incompiuto e rimasto per lunghi anni inedito, ritrovato per caso in una soffitta del castello che fu di Tocqueville, restituisce il senso di una riflessione attualissima. Mai come oggi onore e patria mostrano intatta la loro capacità di orientare, in certi momenti, le scelte decisive della nostra vita collettiva. Il titolo, riprende il motto della Marina militare francese, richiama la vicenda di due fratelli che, nel 1942, avevano fatto discendere da quelle parole d'ordine l'adesione a schieramenti contrapposti, con esiti tragici per entrambi. Nel novembre 1942 nei giorni dello sbarco americano nell'Africa del Nord su una nave davanti a Orano, muore un giovane ufficiale di marina: è il figlio di Henriette Psichari, che è la segretaria generale dell'"Encyclopédie française" che gli appare con il volto della "madre affranta, impietrita dal dolore" e gli svela il suo dramma: il figlio appena morto aveva seguito l'ammiraglio Darlan nella fedeltà al regime di Vichy; un altro, che era ufficiale dell'esercito, si era per tempo schierato dalla parte opposta, con la Francia libera, con De Gaulle, e le truppe comandate dal generale Leclerc. Vista con gli occhi della madre, la situazione era appunto questa: "Uno dei suoi figli era morto per difendere ciò che suo fratello si adoperava a distruggere, anch'egli al prezzo del suo sangue, se necessario". "Onore e Patria: queste parole l'ufficiale di Leclerc le aveva lette centinaia di volte sulle pieghe della sua bandiera, l'ufficiale della marina le aveva lette tutti i giorni sulla passerella della sua nave". Ed è proprio il possibile conflitto tra le due nozioni, per altri versi accoppiate in un lunga tradizione comune, a suscitare in Febvre una riflessione di potente portata storica, su «questo grande tema, e sentimento Attraverso una congiunzione finissima di erudizione, intuito e passione civile, il grande storico cerca di trovare nella Chanson de Roland o in Rabelais, in Montaigne o in Corneille, in Bossuet o in Stendhal, e naturalmente entro i suoi stessi più profondi convincimenti, gli imperativi che dal sentimento dell'onore e dall'attaccamento alla patria derivano, e le modalità con cui simili parole mobilitano, di tanto in tanto, in modo così deciso e perentorio, le coscienze. Di "onore" si considera prima, e lungamente, la definizione ultima, la gamma delle accezioni che il termine ha incorporato con i cambiamenti che via via sono sopraggiunti; sa vedere nella parola l'espressione e il riflesso di una sensibilità. Febvre si pone sia nel punto di vista di Pascal ("Onore e' preferire cio' che appare a cio' che e") e di Bossuet ("l'onore e' orgoglio"); sia quello opposto ("l'orgoglio e' una deviazione dell'onore" E cerca una soluzione abbozzando una riflessione, rimasta anch'essa incompiuta sul fatto che la "Nazione" assommi in se' quell'insieme di valori e sentimenti che consente a tutti di sentirsi parte di un tale "intero": "Nazione - cosi' si legge in un appunto -, detentrice di un patrimonio spirituale di cui rende partecipi tutti i suoi membri. Contesto culturale che fornisce una certa mentalita". Quindi osserva: "La coscienza nazionale e' un fatto. Non c'e' coscienza patriottica, non c'e' coscienza statuale. C'e' una coscienza nazionale, la cui presa si concretizza con maggiore o minore forza: nell'elite o nel popolo intero". |
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