PENSIERO NAZIONALE

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           INTERESSE   STRATEGICO       IL CASO PARMALAT E IL NUOVO RUOLO DEGLI STATI NAZIONE.                 
.Nel pieno dell'infuriare della vicenda Parmalat nel mese passato ci si mise il Wall Street Journal a delineare il nuovo scenario in cui si muoveva l'economia mondiale: dalle colonne dei commenti di mercato sprizzava veleno in quantità circa la nostra preoccupazione strategica  che Parmalat non cadesse in mani straniere. E parimenti si scagliava anche contro la Francia che aveva dichiarato intoccabile il gruppo Danone finito nelle mire dell'americana Pepsi Cola. Negli stessi giorni  a Parigi il ministro delle Finanze Christine Lagarde e quello dell'agricoltura Bruno Le Maire facevano barricate  contro gli americani della General Mills rei di volere acquisire la maggioranza della Yoplait compromettendo il "futuro dell'industria lattiera in Francia".Uno scenario quello del 2011 totalmente diverso da quello che i soloni della globalizzazione prefiguravano all'inizio del nuovo millennio. Si trattò infatti secondo loro di un errore di valutazione senza precedenti: le multinazionali nella loro visione avrebbero progressivamente eroso il potere dei governi e degli stati nazionali, uniformando costumi e tradizioni in un unico grande magma umano dalle parvenze americanoidi.Invece, le multinazionali sono finite per diventare strumenti della politica industriale e commerciale delle principali Nazioni Sviluppate. Si parla tuttoggi ai più alti livelli di come in un contesto di mondo multipolare e di economie emergenti sia necessario difendere le ricchezze e gli standard di vita raggiunti. E di come ciò dipenda ormai in maniera  fondamentale dall'export. In tal senso di come diventi indispensabile la creazione di grandi fondi d'investimento strategici a disposizione dei vari ministeri dell'Economia e il successivo intervento per la tutela dei propri "Campioni nazionali" (ovvero le multinazionali del proprio paese). Lo scopo è che queste si trasformino in una sorta di nuove portaerei di tipo commerciale pronte a sostenere aggressive politiche di penetrazione economica.Il Wall Street Journal, maestro dell'ambiguità (pronto a elogiare il libero mercato quando funzionale agli interessi americani, e pronto a praticare il colbertismo quando devono difendersi) attaccava il nostro protezionismo mostrando dati alla mano come le nostre aziende  in cinque anni avessero completato sullo scenario internazionale acquisizioni per 228 miliardi di dollari, una cifra di un terzo superiore rispetto a quelle di senso inverso e contrario. Dati tuttavia volutamente non aggiornati, perchè mancavano le ultime operazioni a nostro sfavore, ovvero il passaggio di Bulgari alla francese Luis Vuitton, l'imminente spezzatino di Edison e la partita ancora aperta di Groupama su fondiaria SAI. E oggi, potremmo aggiungere anche la caduta di Parmalat.