PENSIERO NAZIONALE

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         "MARCIARE VERSO IL DESTINO"    TRIBUTO AL NOVANTESIMO DI FIUME (QUARTA PARTE).
.Ormai D'Annunzio era arrivato al cospetto della solida trave di legno che alle porte di Fiume gli sbarrava la strada. Quella era l'invalicabile linea di confine tra l'Italia e la città contesa. Un nuovo "alt" si levò nell'aria. Lo aveva pronunciato un altro generale, Giacinto Ferrero in un ulteriore ed estremo tentativo di bloccare la straordinaria valanga di carri e di uomini. Un autoblindo di testa proseguì la marcia e accellerando si lanciò contro l'ostacolo che parve di cartapesta. La barra s'infranse disperdendosi sul terreno in cento pezzi. Il conducente dell'autoblindo, Costanzo Ranci, gridò con le lacrime agli occhi "Viva Fiume Italiana". Quel momento fu poi rivissuto dal poeta con particolare intensità: "Riudiamo dentro di noi lo schianto della barra all'urto risoluto. E a noi vale più di qualunque musica. E a noi risuona più chiaro che un colpo di gong; a noi rimbomba più forte che il battente di una porta di bronzo scardinata dal cozzo dell'ariete. Quattro potenze avevano concorso a squadrare quella barra per arrestare la marcia di un migliaio di folli Italiani: "E' vietato l'ingresso alle persone non addette all'intesa" c'era là inscritto il solito divieto degli appaltatori. Gli fu opposto il motto popolano che rimane per sempre inscritto nel nostro gagliardetto blu. Al motto tennero bordone il rombo del motore e il riso della giovinezza. Al comando rispose l'azione più rapidamente che al lampo non succeda il tuono. Detto fatto. la barra si spezzò come un sermento; volo' in schegge e faville". Abbattuta la trave del confine sfilò la cabriolet rossa del comandante e quindi sfilò l'intero convoglio, mentre il popolo di Fiume, sceso nelle strade cosparse di foglie di lauro, inneggiava ai liberatori che accoglieva tumultuante con baci e lanci di fiori, al suono delle campane cittadine. Tutti gridavano il suo nome nella grande piazza rivestita di tricolori e piena all'inverosimile, tendendo le mani verso di lui per toccarlo e sentirlo palpitare. Qualcuno esclamò: "La Poesia è fatta Azione".