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Post n°379 pubblicato il 22 Maggio 2011 da giovanedestra_lecco
IMMAGINARE LA PATRIA GIOVANNI GENTILE E L'IRRIDUCIBILITA' DEL SUO PENSIERO FILOSOFICO . . Il pensiero filosofico italiano a partire dall'umanesimo ha iniziato a sviluppare una radicale eccentricità rispetto a quello seguito dalla tradizione filosofica europea riassumibile in qualche modo nel trinomio Hobbes Cartesio Kant. A determinare questa eccentricità è stata una tradizione filosofica riassumibile negli apporti di Macchiavelli, Bruno, Vico , Cuoco, Leopardi, de Santis, Croce, e infine Gentile, ovvero un pensiero antimetafisico e antirazionalistico rivolto più alle categorie umane di storia e politica. Ed è proprio con Giovanni Gentile che questa tradizione lontana dalla metafisica e dal razionalismo, trova il suo massimo distacco. In particolare questa specifica territorializzazione del pensiero filosofico italiano, vede il suo apice proprio nella filosofia Gentiliana: qui il pensiero si fa tutt'uno con le caratteristiche ambientali, linguistiche tonali che rimandano a una modalità specifica e inconfondible tipicamente italiana. Non solo perchè la Filosofia di Gentile è così dipendente dal contesto Italiano, ma proprio perchè essa si pone come Filosofia della Nazione. Nel suo pensiero non c'è concetto dello Stato che non sia fondamentalmente anche concetto della vita. Il mondo per Gentile non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo nuovo è individuo che è Nazione, Patria e legge morale e che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l’individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo. Gentile vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie. Lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme - arte, religione, scienza - e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale). Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. Nessuna azione resta sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. L'uomo per Gentile non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia l'uomo è nulla. Questa personalità superiore è la Nazione, ma la Nazione in quanto Stato. Infatti, non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vecchio concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri.
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