Libero Giubizza

Il diritto di vita e di morte 2


Dal laicismo al femminismo Il laicismo ha però prestato il fianco a molti sviamenti di stampo ben poco laico. Ciò può essere dovuto a vari motivi. Potrebbe essere che come tutti i movimenti culturali si presta a mutamenti, revisioni, distorsioni. Del resto anche le dottrine cosiddette “forti” come l’islam e il cristianesimo non sono state immuni da “eresie”. Anzi forse l’orientamento dottrinario che ha caratterizzato e tuttora caratterizza queste religioni potrebbe essere non altro che l’eresia che ha prevalso su tutte. Un’altra spiegazione è che il laicismo sia una sorta di neutralismo dottrinario che lascerebbe un vuoto di valori che può essere facilmente riempito da tendenze dottrinarie più “faziose”. In ogni caso gli esempi di sviamenti più o meno leggeri o più o meno pesanti che ci sono stati nel corso della storia dalla linea di un’autentica laicità possono essere parecchi, come per esempio il culto della dea Ragione da parte di Robespierre, ma anche molte correnti positiviste. Lo stesso marxismo secondo molti altro non è che una sorta di cristianesimo “laico”, ossia svuotato del contenuto divino. Ma lo sviamento forse più grave lo si è avuto negli ultimi decenni da parte del femminismo. Questo si pretende laico, ma in realtà non è altro che il culto della femminilità. La fine dell’era delle esplorazioni, l’avanzare della tecnica che ha reso i lavori di forza fisica piuttosto marginali, l’innalzamento del tenore di vita nei paesi occidentali e molti altri fenomeni che hanno caratterizzato la società del secondo dopoguerra, in particolare in occidente, hanno reso “vincenti” e prevalenti i valori lunari e femminei. Non c’è più bisogno di coraggio, anzi il coraggio è deleterio. Non c’è più bisogno di spirito guerriero, anzi si vuole la pace. Tutto questo, che magari potrebbe non avere di per sé valenza negativa, ma anzi piuttosto positiva, ha però contribuito alla cosiddetta “femminilizzazione” della società. E ovviamente degli individui che ne fanno parte. Sembrerebbe il trionfo dei principi lunari, della non vita e soprattutto questo trionfo si riflette sul culto della donna, la quale diviene una nuova divinità in terra, a cui spetta l’autorità di stabilire il bene e il male, il bello e il brutto, il giusto e l’ingiusto. Anche la denatalità che affligge l’occidente sembrerebbe rispecchiare il principio della non vita, della morte per freddo, per spegnimento, per apatia e non per guerra, violenza, furore e aggressività. Un specie di castrazione sociale progressiva che porta prima all’invecchiamento e allo svilimento e poi alla morte per estinzione. Un’estinzione causata da spegnimento della vitalità. Certo parrebbe che i motivi della denatalità siano di ordine economico. Il sistema occidentale è alquanto “saturo”, vecchio, intasato. E infatti sono proprio le epoche più critiche quelle più “lunari”. Basti pensare al periodo storico che precede e succede la caduta dell’Impero Romano, uno dei periodi più nefasti della storia e in cui imperversavano, non solo guerra, pestilenze, barbarie e cose del genere, ma anche fenomeni come il monachesimo, l’ascetismo e l’eremitismo che comportano l’astensione ai rapporti carnali e quindi la non proliferazione. Però c’è anche da dire che per fare pochi figli sarebbe bastato e basterebbe una buona campagna e una capillare e facile diffusione di metodi anticoncezionali, se proprio la cosiddetta “castità” oggi è troppo di peso. Ma l’introduzione di altri tipi di “rimedi” come in primis l’aborto, comportano il fine sfacciato di dare alla donna il potere di vita o di morte, nonché, non essendo stato prevista la corrispettiva piena libertà al riconoscimento paterno, anche il destino genitoriale degli uomini. La colpa di essere uomini Viviamo in un’epoca in cui alle donne tutto è dovuto. La donna ha preso il posto del vecchio dio cristiano ed è assurta al rango di divinità. Il genere femminile come genere sacro, il culto della femminilità, vera o costruita che sia. La dea madre (http://giubizza.blogspot.com/2007/06/la-dea-madre.html). Tutte le rivendicazioni delle donne sono indiscutibili, mentre se degli uomini osano alzare la testa allora si dà il via a reazioni isteriche (http://www.libero-news.it/libero/LF_showArticle.jsp?edition=&topic=4896&idarticle=86054182) e quasi non meritano di essere chiamati uomini. Il femminismo imperversa nell’aria e influenza il vivere sociale, le norme di vita, le leggi, le sentenze dei giudici, l’orientamento della scienza e della medicina. Il mondo è a misura di donna, essa è il parametro entro cui tutto deve rientrare. Le donne entrano in posti tradizionalmente maschili e invece di adeguarvisi come norme civili vorrebbero, dettano legge dal primo giorno. Ogni posto deve conformarsi alle aspettative dell’essere donna e nulla che trasgredisce questo viene accettato di buon grado. Tutto ciò che sono e che fanno le donne va bene, tutto ciò che sono e che fanno gli uomini va male. E questo indipendentemente da cosa sono e cosa fanno, in quanto lo stesso modo di essere. Esiste una differenza radicale di giudizio tra il modo di essere uomini e quello di essere donne. Per “modo di essere” o più semplicemente “modalità” e che consiste in tutto quell’insieme di “caratteristiche” come l’essere, il presentarsi, il fare, il dire, il sentire, il percepire, il cogliere, il porsi con se stessi e col mondo di quegli esseri oggi quasi tanto disprezzati quali sono i maschi umani. Ho notato che molti movimenti maschili propongono una rivisitazione e rivalutazione di un modello “tradizionale” di maschio, un modello che io ho la sensazione che si rifaccia un po’ agli uomini come erano negli anni ’50 o giù di lì. Anche perché prima di allora, se scaviamo indietro nel tempo e giungiamo fino a secoli or sono, credo che sul modo di essere uomini possiamo averne solo dei vaghi sentori in base alle testimonianze storiche lasciateci. Possiamo solo presumere che magari l’uomo tipo degli anni ’50 del XX secolo corrisponda allo stesso uomo tipo del maschio romano dell’antichità. Quindi si tratta piuttosto di modelli idealizzati più che reali. Ma anche il modo di essere dell’antica Roma possiamo solo idealizzarlo e magari invece era alquanto diverso da come ce lo immaginiamo noi adesso. Lungi da me affermare che gli uomini non siano fatti in un certo modo per natura e altrettanto le donne, ciò che intendo dire è che non penso si possa negare che sotto molti aspetti e per molti uomini e donne fosse la società che definiamo “patriarcale” a imporre e stabilire quale doveva essere il modo di essere. Io credo che, per come è la situazione odierna, non ci sarà mai un modo di essere maschio che vada bene, perché qualsiasi stile, modalità, atteggiamento o comportamento che gli uomini scelgono per sé (uso il verbo “scegliere” per semplicità ma forse il tutto sarebbe da ricondursi nel modo di formare se stessi e farsi formare) andrà sempre male per la semplice ragione che sono uomini. Questo mentre gli stessi stili, atteggiamenti, comportamenti e modi di essere scelti dalle donne andranno sempre bene perché donne. La questione per me non consiste nel modo di essere ma di chi si presenta con quel modo di essere, chi lo stabilisce, chi lo valuta e per chi lo si sceglie. Pertanto io noto che: 1. il modo di essere delle donne va sempre bene per i più. Se volessimo per semplicità ricondurre tutte le modalità, gli stili, i comportamenti, le propensioni, le tendenze, gli atteggiamenti e così via nelle sole due categorie "maschile" e "femminile" troviamo che se una donna sceglia una modalità "femminile" viene apprezzata dai più perché mantiene, conserva e valorizza la sua femminilità. Se invece attua una modalità "virile" è vista come una "pionera", una innovatrice, una trasgressiva che travalica gli schemi e le convenzioni. 2. il modo di essere degli uomini invece va sempre male perché se un uomo sceglie una modalità maschile è visto come un "maschilista" tradizionalista, retrogrado e grezzo. Se invece attua un modo di essere "femminile" allora è disprezzato dai più perché è visto come effemminato, ridicolo, incongruente, eccetera eccetera. Altro punto è chi stabilisce e valuta i vari modi di essere e di fare e per chi si "attuano" tali modalità. E qui io noto che: 1. le donne stabiliscono e gestiscono loro e per loro il proprio modo di essere e di fare e soprattutto lo valutano loro senza dover tener conto dei giudizi maschili. Gli uomini che le giudicano male sono visti in cagnesco come degli idioti. 2. gli uomini invece devono “scegliere” una certa modalità di essere e di fare imposta dalle donne e per le donne e soggetta ai loro giudizi. Giudizi che saranno per lo più negativi in quanto qualsiasi modo di essere e di fare non si addice più a nessun uomo in fin dei conti. Anzi le stesse donne che li giudicano bene sono viste spesso male dalle più e dai più... Io credo che uno dei nodi fondamentali per il movimento maschile sia proprio rivendicare la piena libertà degli uomini di essere e di fare come meglio loro aggrada, come loro vogliono e per loro stessi e senza dover dar conto del giudizio né degli altri uomini, né tantomeno delle donne. Nel momento in cui un movimento maschile volesse stabilire anch'esso un modo di essere per gli uomini non farebbe che aggravare la situazione mettendo gli uomini tra il loro incudine e il martello del femminismo. È questo lo stesso meccanismo che attuano coloro che vogliono conservare o "rivalutare" vecchi e nuovi doveri maschili in un'epoca che rinnega agli uomini i loro diritti e riconosce alle donne diritti supplementari senza attribuire alcun particolare dovere. Così facendo si aggrava la situation. Valori e tradizioni Alcuni movimenti maschili fanno ricondurre la Questione Maschile (QM) in una questione di fede e tradizione. A parte l’ovvia e legittima piena libertà individuale di scegliere quali valori condividere, vorrei avanzare delle mie personalissime obiezioni riguardo l’uso della religione a sostegno della QM: 1. se tornassimo al medio evo ci credo che il femminismo verrebbe sconfitto. Ma la sfida della QM non è invece sconfiggerlo in un contesto moderno? Non è superarlo invece di tornare indietro? 2. avrei forti dubbi riguardo il fatto che il cristianesimo sia davvero poi tanto virile. Questo per le stesse perplessità sopra esposte e avanzate già più di un secolo fa da pensatori come Nietzsche; 3. la religione si fonda su ordini e personaggi simbolici, che hanno sicuramente assolto dei compiti più o meno buoni o più o meno cattivi, ma ora che abbiamo raggiunto un certo grado di consapevolezza credo sarebbe meglio affrontare le cose nell’ottica più realistica che io ritengo sia quella laica. In definitiva direi che la carta della religione, così come secondo alcuni quella del "maschilismo" (anche se dipende da cosa si intende con questa parola: http://giubizza.blogspot.com/2007/06/maschilismo.html; http://it.wikipedia.org/wiki/Maschilismo), è assolutamente bruciata e persa in partenza. Purtroppo io ho la netta sensazione che alcuni movimenti maschili più che occuparsi di difendere i maschi e volere giustizia in una società iniqua, puntino più a rivalutare e scavare vecchi miti e valori che non poco contrastano con l’attuale contesto in cui viviamo. Il dono Oltre alla saggia frase “Non esistono uomini impotenti ma donne incapaci” la grande Coco Chanel (http://it.wikipedia.org/wiki/Coco_Chanel) affermò anche un’altra grande verità, cioè che l’essenza maschile consiste nel dono. Si, è vero che la maschilità consiste nel donare se stessi e sacrificarsi, ma etimologicamente il dono è un atto di libera scelta individuale, altrimenti è un’estorsione, una tassa sulla maschilità. Pertanto mai come in questo campo, pur essendo forse il nocciolo duro della maschilità, vale il principio della libera scelta. Se un uomo viene allevato con la concezione di dover donare, se viene costretto da leggi, procedure e formalità varie e concedere questo dono, la stessa natura del dono è del tutto traviata. Quindi niente costrizioni né condizionamenti di sorta. È l’individuo che sceglie se, quando, come, cosa e quanto donare in piena libertà. Ovviamente questo però varrà anche per le donne, seppure è questo un discorso che è a loro più estraneo. Ma comunque la libertà va rispettata anche nei giudizi, ammirando chi dona intelligentemente (magari non solo alle donne), rispettando chi non vuole donare un bel niente, perché è una scelta comunque da rispettare, e criticando aspramente chi dona in maniera inconsulta perché sciupa così un qualcosa di prezioso per l’Umanità. Da tenere ovviamente conto che nell’attuale contesto conviene donare il meno possibile, soprattutto alle donne, in quanto già fin troppo favorite e privilegiati a fronte di uomini già fin troppo sobbarcati di oneri e doveri di sorta. Pertanto i doni del terzo tipo, quelli fatti in maniera inconsulta, sono probabilmente la maggioranza, se non addirittura la quasi totalità o addirittura la totalità. Recuperare i principi solari o sapere usare quelli lunari? Cosa fare per contrastare questa tendenza? Buona cosa può essere la rivendicazione e la denuncia. Denunciare i soprusi commessi in nome del femminismo imperante, rivendicare i propri diritti di essere uomini e un mondo non a sola misura femminile. Buona cosa può essere altresì il recupero dei principi solari, della vita, dell’azione. Saper rivalutare e riscoprire questi principi in piena libertà può essere d’aiuto a guardare in faccia alla dea madre imperante e non sottomettersi ad essa. La logica non è pedanteria, ma una visione coerente del mondo. La forza fisica non è forza “bruta” ma forza “pura”! Forza e vigore sia psichico che fisico sono la base fondamentale della solarità e non cose di cui vergognarsi, ma da andare fieri. Ma anche saper utilizzare i principi lunari, imparare a gestirli e farli propri insieme a quelli solari non sarebbe male per poter essere completi e coscienti di cosa affrontare. Insomma per contrastare questo andamento sociale squilibrato odierno bisogna saper essere allo stesso tempo equilibrati ma anche opporre una forza “squilibrata” in senso inverso. Saper ripagare con la stessa moneta, ma anche ristabilire un giusto equilibrio. Bisogna essere coraggiosi, energici e fregarsene dei giudizi isterici del pensiero prevalente. Bisogna saper essere tutto, ma soprattutto se stessi, sapere essere liberi di essere come si vuole senza tener conto a nessuno che non a se stessi. Essere completi e consapevoli. Avere un buon equilibrio interiore tra il Sole e la Luna. Insomma imparare a essere uomini in quanto maschi, in quanto noi stessi e non in base a un modo di essere e di fare che gli altri si aspettano da noi. Perché possiamo essere uomini anche senza “fare” gli uomini, anzi, oggi più che mai dovremo imparare a fare meno ed essere di più. Essere come piace a noi e non come ci viene imposto da chicchessia e fare ciò che ci va di fare senza sentirci in obbligo verso nessuno, soprattutto verso le donne che men che mai meritano il nostro essere e agire da uomini. --Postato da Giubizza su Il blog di Giubizza il 8/09/2007 11:11:00 AM