Libero Giubizza

Questioni che mi premono

 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: Giubizza
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 49
Prov: CE
 

AREA PERSONALE

 

FACEBOOK

 
 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Marzo 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

 

« Il dilemma tra natura e ...Borsellino elettronico »

Il dilemma tra natura e cultura (prima parte)

Post n°51 pubblicato il 31 Agosto 2007 da Giubizza

Negli ultimi decenni, a seguito della caduta dei grandi sistemi teorici che hanno animato il dibattito sociale nel corso del XX secolo, si stanno affacciando tanti piccoli sistemi dottrinari, di cui molti parecchio effimeri e spesso superficiali, che però possono ricondursi a due linee di tendenza generale. Secondo la prima, più “antica” ma ora più in auge, si intende l’esistenza di un modo di essere intrinseco e precostituito degli esseri umani. Col termine “natura” infatti i sostenitori di una visione etologica dell’Umanità intendono appunto qualcosa di “sacro” che non può essere “violato”. Ogni dottrina che si prefigge di costruire un mondo “migliore” viene vista come una forzatura alla natura umana e quindi una violenza agli esseri umani. L’unica spinta atta al cambiamento di tale natura è data dall’evoluzione, concepita in genere come qualcosa che opera in tempi non brevi.
La seconda è invece più recente e ha costituito spesso la base teorica di molte dottrine socio-politiche volte alla costruzione di una società perfettibile. È questa la visione sociologica dell’Umanità. Secondo tale visione gli esseri umani sono quel che la società li fa essere, come li forma. Pertanto è pienamente legittimo tentare di migliorare le persone perché è così che si formano gli esseri umani e il tirare in ballo la natura costituisce un inganno volto a far rinunciare al desiderio di cambiamento in meglio ed accettare l’ordine costituito. Le resistenze opposte a vari movimenti, laddove questi non hanno visto realizzati i propri scopi dichiarati, sarebbero pertanto di natura sociale, ossia tutto un insieme di spinte socio-economiche avrebbero opposto un freno e un dirottamento dalle intenzioni reali dei vari movimenti di cambiamento, impedendo la loro realizzazione e anzi distorcendoli e utilizzandoli ai propri fini di conservazione.
Non raramente l’opinione pubblica tende invece a ritenere le teorie naturaliste più moderne non solo perché oggi più in auge, ma anche per il semplice fatto che si baserebbero sui più recenti studi di genetica e neurologia, branche scientifiche più giovani o con strumenti tecnologici più avanzati e raffinati, nonché con risultati sperimentali che spesso toccano il cuore stesso della vita o del cervello e che pertanto hanno un impatto mediatico molto più incisivo rispetto alla più antica e “moderata” osservazione sociale. In realtà le concezioni teoretiche, ma direi anche filosofiche, che sono alla base delle tesi sociali sono mediamente più recenti rispetto a quelle su cui si fondano naturali.
Le due tesi fanno capo a diverse scuole e confluiscono in buona parte nell’antropologia culturale per la tesi sociologica e nell’antropologia evolutiva per la tesi naturalista. Inoltre la tesi naturalista si rifà molto all’etologia austriaca di Lorenz. Ma qui non mi interessa esporre gli aspetti scientifici, anche perché non ne sarei all’altezza, ma i risvolti politici, etici e sociali che queste due interpretazioni del mondo umano comportano.
Premetto che oltre a essere ignorante sono anche parziale. Infatti non vi sfuggirà che personalmente propendo più per il sistema sociologista che non per quello naturalista, seppure non escludo affatto aprioristicamente quest’ultimo e anzi ne accolgo molti elementi. Ma la mia critica, oltre a essere seppur lunga molto semplicistica, è più dura verso tale modello che non verso quello a me più prediletto.

Sociologismo contro naturalismo
Quindi facciamo il punto tra i due… punti di vista. Vediamo che entrambi in un certo modo sacralizzano un aspetto e ne denigrano un altro. Quello evoluzionistico-etologico, forse neodarwiniano, vede in una cosa indefinita chiamata “natura” qualcosa di intoccabile e immutabile, che non può essere forzato, pena il disastro. Questa concezione fa leva sul fatto che oggi i grandi sistemi teorici che si sono prefissati di costruire un modello sociale migliore non hanno raggiunto gli scopi che si erano prefissati, adducendo che questi erano contrari alla natura umana.
La visione del processo di funzionamento della società è opposta nei due “massimi sistemi”. Infatti il “sistema” naturalistico afferma che è la natura umana dei vari individui a costruire la società, che in fin dei conti rispecchia la natura degli esseri umani. Inoltre tutta la storia umana è una sorta di “eterno ritorno” in quanto ciò che noi oggi facciamo in chiave moderna, lo facevano anche i nostri antenati in versione più antica. Ma fondamentalmente la società umana non è cambiata nella struttura base. Una visione opposta a quello sociologico che invece distingue l’avvicendarsi nella storia di vari sistemi sociali completamente diversi l’uno dall’altro e con individui che erano diversi da noi uomini moderni. La società quindi si forma su proprie leggi a seconda delle condizioni storiche in cui una comunità umana opera, e gli individui vengono formati da essa. Così per questa visione il progetto è sacro e ogni appello alla natura umana è un tentativo di sabotare il cambiamento sociale.
L’argomentazione a favore di questo punto di vista è che i vari tentativi di cambiare il mondo hanno trovato resistenze sociali che hanno impedito la realizzazione piena degli intenti riformistici o rivoluzionari. Inoltre fanno notare che sono passati pochi decenni di tentativi di cambiamento e che è normale che molti tentativi possano andare in fumo. Fanno spesso altresì notare che non è detto che ciò che è di ordine sociale e culturale debba essere per forza di cose più “malleabile” di ciò che è naturale. Ci sono stereotipi che vengono tramandati e sono molto duri a morire, come possono esservi pulsioni innate facilmente modellabili senza alcun danno di sorta. Molto importante è anche la notazione che i vari tentativi di cambiamento erano isolati e circondati da un mondo che invece andava in controtendenza.

Dialogo tra i due massimi sistemi
Non vado oltre la descrizione di questi sistemi perché non ne ho la competenza e trascenderei in un mero nozionismo. Ma vorrei fare alcune osservazioni personali riguardo tali concezioni:
1. Entrambi risultano parziali e verrebbe banalmente da dire che possono essere veri entrambi. Non che tale osservazione non possa essere vera, ma non dice niente. Personalmente trovo però il sistema naturalistico molto semplicistico e a dire il vero anche un po’ puerile. Aldilà della infantile contestazione di stampo sessantottino, il sistema sociologico è molto più completo e raffinato, nonché più avanzato. Le varie interpretazioni sociologiche riescono a spiegare molti dei fenomeni storici e sociali senza ricorrere al vago concetto di natura umana. Questo mentre invece le concezioni naturalistiche quando trascurano molti aspetti presi in considerazione dalle teorie sociologiche sfociano in una vera e propria opera di superficiale decontestualizzazione che non tiene in debito conto lo sfondo delle condizioni storiche in cui vari eventi e comportamenti umani si sono avverati. La forza principale della prospettiva naturalistica sta nella caduta di quei falsi miti che si fondavano sulla concezione sociologica, prima tra tutti il falso comunismo sovietico. La dissoluzione di questi miti ha fatto ritornare in auge modelli naturalistici che a differenza di quelli ottocenteschi fanno uso di una tecnologia più avanzata con ricerche un po’ aleatorie, per esempio l’utilizzo dell’imaging cerebrale per visualizzare il funzionamento del cervello negli adulti ormai già formati non dice però che tale funzionamento delle varie aree sia per forza un fatto innato. Inoltre bisogna anche tener presente la fase in cui si trova il capitalismo odierno con la possibilità e la necessità di “eternizzarsi”. La spiegazione che si pretende “evoluzionistica” in realtà vorrebbe spiegare l’evoluzione umana senza tener conto dell’evoluzione sociale e delle leggi che regolano questa. Il tutto solo perché i sistemi che si fondavano o pretendevano di fondarsi sulle teorizzazioni sociologiche hanno deluso i più.
2. Dopo queste prime sensazioni vediamo che in fondo questi due modelli non sono poi tanto diversi nella loro struttura. Bisogna dire innanzitutto che anche il modello sociologico ha le sue pecche. Se infatti questo modello spiega spesso molto bene eventi, fenomeni, processi di evoluzione sociale e così via, però manca di spiegare cosa c’è alla base di tutto. Per esempio, perché esistono spinte al cambiamento e spinte alla conservazione? Le spinte al cambiamento possono essere viste come il tentativo di fuoriuscire da uno stato di sofferenza, ma in un mondo migliore anche quelli che in passato erano ricchi e potenti vivrebbero bene come persone comuni rinunciando ai propri trascorsi privilegi. Eppure questi personaggi tendono per lo più a conservare il proprio status e non a cederlo con molta facilità. E non solo loro, anche moltissimi che non godono di una posizione sociale privilegiata tendono a essere non di rado conservatori.
Perché allora i potentati del mondo, ma anche la gran parte del popolo, tende a opporre non poche resistenze al cambiamento? Le teorie sociologiche spesso affermano che comunque sia l’essere umano è fondamentalmente conservatore. Quindi in fin dei conti neanche i sostenitori delle teorie a impronta sociologica escludono che esistano delle spinte ancestrali dovute a una strutturazione naturale dell’essere umano. Cambia però il concetto che si ha di queste pulsioni innate. Per esempio il fatto che gli esseri umani tendano a essere conservatori per natura non dice in che senso lo siano. Ma si evince chiaramente che mentre per i modelli naturalistici la spinta conservatrice è dovuta alla predisposizione a vivere in un certo modo prestabilito, i modelli sociologisti invece propendono per il concetto che le persone semplicemente tendono a conservare il contesto ambientale in cui sono cresciuti.
Ma anche il cambiamento però deve essere possibile. Se l’essere umano è in grado di mutare vuol dire che esistono aspetti della sua natura preposti al cambiamento. La stessa “utopia” se ben guardiamo, la voglia di fantasticare e volere un mondo migliore, armonioso, a “misura d’uomo”, è sempre presente nella storia e denota di far parte di quella strutturazione di base che i naturalisti chiamano “natura umana”.
3. Entrambi i modelli hanno per lo più una loro epoca d’oro di riferimento che rispecchia il modo di vivere tipico della natura umana, vista in modo diverso a seconda del modello prescelto. Quello sociologico si rifà in linea di massima a un “comunismo primitivo” risalente alle tribù di raccoglitori e cacciatori. Quindi in definitiva le teorie sociologiche non è che escludono un contesto sociale tipo che rispecchia la natura umana, ma identificano questo contesto nella tribù di cacciatori e raccoglitori in cui l’Umanità si è evoluta e poi allontanata per varie necessità. E a questa tenderebbe a tornare in una versione però “high tech”.
Diversamente invece le teorie “evoluzionistiche” si suddividono in linea generale in due versioni. Quella più “modernista” lascia intendere che il capitalismo in fin dei conti è la società tipo in cui si esprime pienamente la natura umana, il migliore dei mondi possibili. Anzi il capitalismo è sempre esistito in fondo e sempre esisterà. Questo non lo si dice apertamente, anzi è raro che si faccia ricorso al termine “capitalismo”, ma risulta chiaro dalla lettura che gli evoluzionisti fanno della storia. I comportamenti umani delle società precapitaliste sono visti esattamente come quelli della società capitalista. In realtà è piuttosto aleatorio dire che un dato comportamento possa essere simile o diverso da un altro, quale spirito lo abbia animato e così via. Si gioca sull’equivoco e sul non conosciuto.
La versione più “tradizionalista” delle teorie naturalistiche identifica invece l’epoca d’oro nel feudalesimo o nell’antichità. La Grecia classica, l’Impero Romano o il Sacro Romano Impero sono visti come dei punti di riferimento storici, dei “paradisi” in terra in cui l’armonia regnava sovrana contro il degrado odierno. Degrado spesso addossato alle velleità di cambiamento che fanno per lo più capo alle teorie sociologiche che non hanno tenuto conto della natura umana e contribuendo a creare un contesto storico disarmonico e innaturale come quello consumistico.
A quanto pare quindi entrambi i modelli alla fine non fanno altro che accusarsi vicendevolmente di contrastare il normale svolgimento della natura umana, entrambi però evidenziando, enfatizzando e sostenendo alcuni aspetti di essa e sminuendo, trascurando e contrastandone altri. Sistemi parziali quindi, che non vedono l’Uomo nella sua completezza, nel suo essere tensione, corda tesa tra cambiamento e conservazione, e di cui ogni espressione sociale è al tempo stesso interazione tra contingenze ambientali e istinti primordiali da esse modellati.

Alla base di tutto?
Lasciando perdere le dottrine e le correnti di pensiero su basi di tipo per lo più religioso e/o filosofico, e prendendo in considerazione quelli che assumono a fondamento dei propri principi postulati e teorizzazioni più o meno scientifici o che si pretendono tali, notiamo che la concezione base del naturalismo più diffuso sta nel fatto che l’evoluzione genetica sarebbe molto lenta, mentre quella sociale più rapida. Quindi si verrebbe a costituire una dicotomia tra evoluzione sociale ed evoluzione biologica. Mentre la natura umana rimarrebbe immutata per periodi lunghi, la società cambierebbe di continuo entrando spesso in contrasto con il modo di essere intrinseco degli esseri umani. Molte dottrine socio-politiche che condividono questa visione, propongono pertanto delle misure non per cambiare il mondo, ma anzi per mettere un freno allo sviamento che porterebbe al degrado e al disordine. Ecco che non di rado si affaccia la figura di un ordine morale e naturale con relativi tutori, di un insieme di valori a cui fare riferimento per non andare oltre eventuali misure e ricondurre l’evoluzione sociale nei ranghi della natura umana. Tutto ciò che va oltre è pertanto una violenza contro l’ordine naturale. La politica si trasforma così in un’operazione di gestione del dato e di vincolo all’ordine, nello stabilire il bene e il male e ciò che può essere fatto e ciò che non va fatto.
Questo ordine di pensiero trascura, però, di spiegare come mai gli esseri umani tendano anche a cambiare e a deviare dall’ordine, come mai pare sia più facile trasgredire questo che non rispettarlo. Inoltre molte ricerche, a parte alcune che evidenziano che ciò che si definisce “natura umana” sia qualcosa di molto più ampio, complesso e articolato e soggetto a cambiamenti non poi tanto lenti, attestano che in realtà l’evoluzione genetica sia molto più rapida di quanto si pensi comunemente e che anzi segue quasi a ruota l’evoluzione sociale.
Le argomentazioni naturalistiche sono logiche ma non dimostrate e forse non dimostrabili, o dimostrabili molto difficilmente. Prendiamo per esempio le cure parentali, e di conseguenza, l’istituto del matrimonio che ne esce fuori. Una certa percentuale di uomini è legata a donne che hanno partorito o partoriranno figli non loro. Nel matrimonio una certa percentuale di uomini rischia di allevare figli di altri senza saperlo o fingendo di non sapere, ovvero è un'istituzione mediante la quale un uomo ha una certa percentuale di rischio di allevare un figlio non suo.
Però il matrimonio monogamico consente anche una discreta "distribuzione" di donne a vari uomini, anche uomini comuni. Pertanto è un'istituzione conveniente per gli uomini oppure no? Un interessante articolo sul mito del libero amore è alla pagina http://www.giovannidesio.it/articoli/libero_amore.htm.
Se ben ci pensiamo senza matrimonio e disinteressandosi del fatto di dover educare i propri figli biologici e del fatto che una donna debba avere dei figli biologicamente suoi a cui tramandare ciò che possiede, in fondo un uomo vivrebbe meglio: niente intossicazioni di fegato, scenate di gelosia, delusioni, controlli vari, palpitazioni, etc.
Che vantaggio c'è nell'allevare figli biologicamente propri? Ovvero, che vantaggio c'è nel distinguere i figli propri da quelli degli altri? La società andrebbe avanti pure se tutti i bambini fossero educati da adulti che non per forza devono essere i loro genitori. Che vantaggi evolutivi ha il distinguere i propri figli da quelli degli altri?
Di certo ha dei "costi" conseguenti il controllo, l'accertamento, le varie "ansie" e roba del genere, ma per essersi affermato vuol dire che ha dei vantaggi che superano questi "costi".
E poi come si è affermato? Nelle strutture sociali più antiche in cui ci siamo evoluti, quale è la tribù, tutti i compiti attinenti l'educazione potevano benissimo essere svolti dalla tribù stessa. E forse ciò accadeva pure in vario modo. Però poi a detta di molti, con la proprietà privata sarebbe nata la famiglia e il diritto ereditario per garantire al maschio di tramandare le sue proprietà ai propri figli. Si, va bene, però il fatto che il maschio abbia l'esigenza di tramandare le sue proprietà ai propri figli presuppone l'esistenza di questa esigenza o se vogliamo di questo "istinto", altrimenti il diritto ereditario non sarebbe nato.
Ma da dove proviene questo "istinto"? E qual è il motivo della sua esistenza?
Datosi che il legame monogamico e le cure parentali comportano di certo dei costi, per essersi affermate vuol dire che devono comportare anche dei vantaggi che ripagano tali costi. Ma il tutto non è detto che debba per forza di cose essere di mera natura biologico-evolutiva.
Nel suo libro "Il gene egoista", Richard Dawkins espone la tesi che l'evoluzione non è di specie ma dell'individuo all'interno della specie. Cioè tutto quello che un individuo fa non è per la sopravvivenza della specie ma per la sopravvivenza dei suoi geni, ossia dei propri figli e parenti a discapito degli altri non parenti a lui.
Ma nonostante questo succede che spesso un individuo si comporta in modo "cooperativo" e non "competitivo" con altre persone non parenti all'individuo, ma solo se la cosa da un vantaggio all'individuo stesso, la cosiddetta strategia "tit for tat", ossia io faccio un favore a te, tu ne fai uno a me ed alla fine abbiamo un vantaggio entrambi. Si fa un favore agli altri solo se è utile a se stessi.
Da questo punto di vista un uomo che fa crescere un figlio usando le risorse di un altro uomo ha un vantaggio enorme, chi fa crescere un figlio non suo dedicandogli risorse ha uno svantaggio enorme.
Ok, ottimo! Mettiamo però due tribù, una in cui i bambini sono allevati dagli adulti senza che i genitori si interessino di chi siano i loro figli e un'altra in cui i genitori ci tengono a distinguere i propri figli dagli altri bambini ed occuparsi più direttamente della loro educazione. Ora quale delle due tribù si riproduce meglio? E perché?
Si può azzardare una risposta. E cioè che questa tribù in cui i genitori non si interessano dei bambini si trasformerebbe in una in cui i genitori distinguono i bambini.
Ammettiamo che volersi prendere cura dei figli sia un comportamento dettato dai geni e non dalla cultura.
Ammettiamo che ad un certo punto in questa tribù c'è una mutazione genetica che porta una persona a volersi prendere cura dei propri figli e non di bambini a caso. Questi figli avranno un vantaggio rispetto agli altri perché i loro genitori si interessano maggiormente a loro e trasmettono a loro volta questo vantaggio ai loro figli.
I geni che non fanno interessare i genitori dei propri figli quindi scompaiono e restano solo gli altri. Sempre però che le attenzioni dirette dei loro genitori riescano davvero a garantire un trattamento migliore. Il fatto si tradurrebbe in attenzioni = cibo + insegnamenti su come vivere = sopravvivenza.
Questo sarebbe particolarmente vero dove il cibo scarseggia, non come oggi che basta andare al supermercato.
I bambini hanno un periodo in cui non sono autosufficienti ed hanno bisogno di un adulto per sopravvivere. Negargli le attenzioni vuol dire morte.
Ma nella tribù senza genitorialità il cibo viene distribuito con certi criteri e gli insegnamenti vengono impartiti dagli adulti. Ora come fanno i genitori col gene della genitorialità a fuoriuscire da questi canoni? Devono ingaggiare battaglia col resto della tribù?
E qui c’è da dire che non ha importanza il metodo, non è dettato dai geni il metodo usato per aiutare i propri figli, al massimo i geni ti portano a voler aiutare di più i tuoi figli che gli altri. Una volta che un genitore vuole più bene ai suoi figli trova un qualche metodo per aiutarli, anche in modo subdolo e contro la legge volendo, è pur sempre un vantaggio che i geni della genitorialità hanno rispetto a chi si interessa di tutti i bambini indifferentemente. La vita presenta molte occasioni per poter sfruttare questo vantaggio che gli altri (quelli senza la genitorialità) non hanno.
E anche la tribù nel suo complesso ne avrebbe vantaggio nel lungo periodo?
Dawkins dà proprio dei valori alle persone, in base ai quali è vantaggioso indirizzare il proprio investimento di risorse (tempo, cibo, etc.), un figlio vale la metà di se stessi, un nipote un quarto, anche i fratelli o i genitori hanno un certo valore. Un bambino non parente vale 0.
Il punto è che una persona non vive per la sua tribù, ma per diffondere i propri geni (non i geni umani, ma del singolo individuo), in questo senso la selezione non è "di specie" ma individuale.
Il tutto sembrerebbe molto interessante. Non mi hanno mai convinto molto le teorie del "gene egoista" però il tutto ha una sua logica non c’è che dire. Ma il fatto che vi sia una logica non per forza vuol dire che sia tutto vero.

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/GiubiLibero/trackback.php?msg=3186726

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
Nessun commento
 
 
 

INFO


Un blog di: Giubizza
Data di creazione: 18/05/2007
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

toninmargiovanni.rubino_2010Peppone84miticoterenceFrances850italianthevalkyriemaresi.silviasmohilarysiciliano.teresabasthardOne1dary_tAlicia94gina1993macinomariavictordicostanzo7
 

ULTIMI COMMENTI

Mah!
Inviato da: Peppone84
il 06/11/2016 alle 21:37
 
Le ragazze italiane sono le migliori..
Inviato da: LN1979
il 23/05/2012 alle 14:55
 
Sito interessante Comuni del Centro
Inviato da: Turista23
il 21/10/2007 alle 00:50
 
Grazias! :-D
Inviato da: Giubizza
il 07/08/2007 alle 00:21
 
Ciao, solo adesso vedo questo tuo commento. Per come si è...
Inviato da: Giubizza
il 07/08/2007 alle 00:19
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963