"Sapere aude"

La Parola e il Simbolo


 La Parola e il Simbolo   (3) Sul piano formale, la poesia ermetica continua a strutturarsi alla maniera di quella del Pascoli, per la sua versificazione libera dagli schemi tradizionali, e simbolisticamente ricca di analogie, metafore, sinestesie, in un contesto linguistico polisemico, ricco di profondi significati, interpretabili soltanto da spiritualità affini a quelle dei poeti facitori. Le tematiche della poesia ermetica, teorizzate in chiave filosofica, danno luogo ad un complesso di filosofie esistenzialistiche che hanno avuto come padre precursore, nella prima metà dell’Ottocento, il filosofo danese Soren Kierkegaard, e che si sono particolarmente affermate nell’arco temporale compreso tra le due Guerre Mondiali.Durante questo periodo, nasce in Europa una diffusa temperie spirituale, culturale ed intellettuale, che si nutre di tutte le delusioni provocate dal crollo delle illusioni delle filosofie idealistiche e positivistiche, dal disfacimento di tutte le forme d’arte tradizionali, dall’incapacità della scienza e della religione a dare risposte soddisfacenti agli interrogativi drammatici sull’Esistenza, dai cumuli di macerie a cui erano ridotte le più belle città europee.Scrive il filosofo Pietro Chiodi in “L’esistenzialismo”, Loescher, Torino, 1965, p. XXIII: “La guerra, l’odio, la distruzione, il tradimento, la sconfitta, l’amara vittoria, facevano emergere gli scogli perennemente frapposti fra il mare dell’esistere ed il porto dell’assoluto: la morte, l’errore, la colpa, il nulla, l’impotenza, il tempo”. In  questo clima storico-filosofico si staglia la figura di uno dei più grandi Pensatori dell‘Esistenzialismo, il tedesco Martin Heidegger, anche se, in tutte le circostanze in cui era preso dalla necessità di chiarire i suoi interessi filosofici, l’autore di “Essere e Tempo” ebbe sempre a sostenere di non essere un filosofo esistenzialista ma un filosofo dell’Ontologia, cioè un filosofo impegnato a cercare “il senso dell’Essere”.L’Ente al quale il filosofo poteva chiedere il “senso dell’Essere” è l’ente “uomo”, ovvero l’Esserci, secondo la terminologia del filosofo, perché, fra tutti gli enti, l’Esserci soltanto -  l’uomo nella sua concretezza situazionale  -  è in possesso di una vaga visione dell’Essere.Ma, prima di rivolgere la interrogazione all’Esserci, il filosofo è costretto a condurre un’analisi sull’uomo per meglio conoscere le caratteristiche fondamentali della sua esistenza, E secondo lo stile del padre dell’Esistenzialismo, Soren Kierkegaard, Martin Heidegger finisce per dire che l’Esistenza  - che appartiene soltanto all’uomo, perché soltanto l’uomo esiste, cioè progetta, mentre gli altri Enti vivono – risulta definita dai concetti della “possibilità”, della “scelta”, del “progetto”,  della “singolarità”, del “rischio”, della “alternativa tra autenticità ed inautenticità”.L’Esserci, interrogato sul senso dell’Essere,  sia nella sua dimensione di essere “Cura”, a se medesimo e agli altri,  sia nella sua dimensione di essere “temporalità”, non risponde per insufficienza del linguaggio metafisico tradizionale, che non è abilitato a parlare dell’Essere. (Cfr. “Lettera sull’umanesimo”, Adelphi, Milano, 1987, p.281).Il linguaggio più che appartenere all’ente uomo, all’Esserci, appartiene all’Essere, è “la casa dell ‘Essere”, scrive Heidegger durante la sua seconda fase speculativa all’interno della ricerca ontologica; il linguaggio è la via che percorre l’Essere per “svelarsi” all’esserci, all’uomo, che deve predisporsi per ascoltare il”logos”.L’uomo deve mettersi in posizione di ascolto per comprendere il logos del fenomeno, che non è kantianamente ciò che appare, ma è la rivelazione, la manifestazione della cosa in sé. E’ la realtà noumenica, per dirla ancora con la terminologia di E.Kant. E’ la “aletheia”, secondo il metodo della Fenomenologia, a cui Heidegger aderisce con grande orgoglio di Husserl, suo amico e insigne esponente della “fenomenologia” tedesca. La fenomenologia svela la verità, l’aletheia, parola greca che letteralmente significa “non nascosto”. Allora, la fenomenologia è il linguaggio dell’Essere, ovvero attraverso il metodo fenomenologico si accede al linguaggio dell’Essere, che svela all’Esserci, all’ente-uomo, capace di mettersi in posizione di ascolto, il “logos”, la verità ontologica. Sono sicuro di aver tediato chi ha avuto il coraggio di leggere queste mie brevi notazioni di significato, in stricto sensu, filosofico. Ma sono sicuro anche di essere giustificato, perché io ho immaginato di rivolgere l’intero scritto ad alcuni dei miei più pazienti ex-alunni.Questi dovrebbero sapere che i termini “parresia”, “aletheia” e “logos” sono tutti termini greci, molto imparentati fra di loro. Il termine “perresia”, come è stato detto, all’inizio di questo scritto, ha il significato letterale di “parlare con franchezza”, con sincerità, aderendo con fedeltà al proprio modo di essere, al proprio pensiero, alla propria verità.Il termine “aletheia” esprime il significato etimologico di “non-nascosto” e, quindi, di scoperta della “verità”.Il termine “logos”  è semanticamente più complesso, perché sempre dal greco possiede diverse sfumature di significato. Può significare “parola, “discorso”, “ragione”, “verità”.In tutti e tre i termini, a rifletterci bene, possiamo trovare il seme della “verità” e, cioè, la “parola” che esprime la “verità”. E’ stato questo il senso di tutta questa mia breve trattazione, a conclusione della quale corre l’obbligo di ritornare alla espressione di Papa Francesco, che invita i padri sinodali  a “parlare con parresia ed ascoltare con umiltà”.Chi è il Pontefice di Roma? E’ il Vicario di Cristo. E’ Colui il Quale, quando legge il IV Vangelo, di Giovanni, legge: “Nel principio era il Logos”, era la Parola che si è fatta Carne, che si è fatta Figlio di Dio. Era il Verbo per cui tutte la cose sono state create. Era la Ragione,  il Logos che assicura la Vita, la Verità e la Via a tutte le creature e, in particolare, agli uomini che devono mettersi in posizione di umile ascolto.GESU’ parla alle genti con la “PAROLA”, attraverso la “PARABOLA”, la maniera più semplice e pregna di significato simbolico per narrare il suo AMORE per gli uomini.  (continua)