Aspetti, si può fermare un istante su questa idea dell’essere prescelti?
Tutti siamo prescelti. Tutti siamo portatori di talento: è una rivoluzione, un rovesciamento totale della mentalità corrente. Se io dico prescelto, immaginiamo una persona, un essere toccato in modo speciale; non riusciamo a contare due prescelti. Ma in realtà non è così. Ognuno di noi rappresenta un’eccezione, ognuno di noi ha qualcosa di eccezionale da dire agli altri, da comunicare agli altri. Cioè siamo tutti una anomalia del sistema. Ma ci fanno credere che il talento è una rara fortuna, un tratto straordinario. La rivoluzione è che lo straordinario è il dono attribuito a ciascuno. E si sviluppa nel lavoro, nelle scelte professionali normali, non è questione di genio artistico. Dovremmo essere appagati da quello che facciamo. Poi anche retribuiti, ma la prima forma di retribuzione deve avvenire attraverso quello che noi facciamo, è il primo riconoscimento. Attraverso quello che noi facciamo noi diciamo agli altri chi siamo, se lo strumento che usiamo ha a che fare con il nostro talento.