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Ravasi 2002

Post n°417 pubblicato il 12 Marzo 2009 da citazioni_bellisssss

 



I vostri figli non sono i vostri figli. Essi non vengono da voi, ma attraverso voi, e non vi appartengono benché viviate insieme.
Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri, poiché essi hanno i loro pensieri.
Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime: essi abitano, infatti, in case future che voi neppure in sogno potrete visitare
.


La sua fama è certamente superiore al merito reale; tuttavia il poeta libanese (ma vissuto molti anni in America) Kahlil Gibran (1883-1931) sa spesso esprimere in modo lieve e vivido alcuni sentimenti radicali.
È il caso di queste righe tratte dalla sua opera più nota, Il profeta.

La persona non può mai essere un possesso, neppure nel caso del figlio.
Ogni creatura è sempre una sorpresa, frutto dell'infinita "fantasia" del Creatore, pur recando al suo interno il marchio fisiologico dei genitori.

In questa luce l'educazione è, sì, importante, come lo è la famiglia.
Tuttavia il destino di un figlio non sarà mai il frutto puro e semplice del contesto in cui è vissuto né tanto meno l'oggettivazione dei sogni e delle attese dei genitori.

I genitori, perciò, s'impegnino con tutte le forze per far brillare valori e capacità dei loro figli, ma siano pronti - come Maria e Giuseppe, anche se il loro fu un caso assolutamente irripetibile - ad accettare la via che essi imboccheranno, differente da quella sperata da loro.

E, se avranno però fatto il loro dovere di guide ed educatori, non si colpevolizzino in modo angoscioso di fronte al fallimento umano e spirituale di un loro figlio, consapevoli della libertà e responsabilità ultima di ogni persona.

Gianfranco Ravasi
20 settembre 2002

 
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Commenti al Post:
Antologia2
Antologia2 il 10/05/09 alle 02:31 via WEB
LE VELINE -- Quale grazia sarà mai se in un corpo così bello non c'è neppure un granello di sale? Lascio la verifica a qualche lettore che forse ha più di me una disponibilità di tempo: in un articolo trovo questa frase assegnata a Catullo, il celebre poeta latino veronese del I sec. a.C. i cui Carmi sono striati dalla passione amorosa per Lesbia, pseudonimo per indicare una nobildonna romana colta e bellissima che per un quindicennio travolse il poeta, miscelando in lui tutti i sentimenti, compreso anche quello dell'odio (famoso è il suo distico: «Odio e amo: perché fai questo? tu forse domandi. / Non lo so, ma sento che così avviene in me e ne sono torturato»). Sta di fatto che la citazione sembra calzare a pennello alla situazione odierna in cui impera il modello televisivo. Certo, il pensiero corre subito al fenomeno delle "veline", ove ciò che conta è soprattutto l'ostentazione sfacciata dell'esteriorità, cercando di convincere che dentro non c'è nulla e che questo è più che sufficiente per avere successo. Per fortuna non è sempre così: ne posso essere testimone, avendo talora parlato con queste ragazze "televisive", ridotte a un simile comportamento dalla loro vanità e dal meccanismo della comunicazione attuale, ma non per questo del tutto vane e vacue. Sta di fatto, però, che a furia di privilegiare l'apparire, le figure dalla pelle perfetta, si è perso il desiderio del «granello di sale», cioè di un'interiorità che è fatta di umanità, di pensiero, di sapienza. È per questo che le relazioni ai nostri giorni si sciolgono dopo pochi mesi: è un contatto di corpi, non un incontro di intelligenze, di sentimenti profondi, di anime. Non ci si deve stancare, allora, di riproporre il ritorno alla sostanza della vita, al cuore autentico della persona, al gusto della verità e dell'amore genuino.
(Rispondi)
 
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