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Post n°435 pubblicato il 30 Maggio 2009 da Antologia2

  Arrivato sugli schermi con un rumoroso corollario di polemiche, il film tratto dal romanzo di Dan Brown
(una furbissima collezione di falsità storiche e calunnie presentate come vere per mettere in discussione la natura divina di Cristo e accusare la Chiesa di aver insabbiato verità e commesso violenze di ogni genere) gioca le carte di una messa in scena sontuosa e di un cast di alto livello, restando per altro molto, forse troppo fedele all’originale e riservando quindi poche sorprese agli spettatori.

L’intera vicenda, costruita come una lunga e a tratti noiosa caccia al tesoro, si sviluppa sull’arco di poche ore durante le quali personaggi dallo scarsissimo spessore (per i quali lo spettatore, dunque, finisce per provare scarsa preoccupazione) sono sballottati tra cupi complotti che affonderebbero le radici fin nei primi anni di vita della Chiesa (identificata univocamente come luogo di corruzione, violenza e ottusità) e che nel presente sono portati avanti da demoniaci rappresentati dell’Opus Dei, il cui nome viene ripetuto con un’insistenza talmente inutile da suggerire che gli autori della versione cinematografica provino un gusto particolare nell’infamare la Prelatura a mezzo grande schermo. Questo Silas che prima uccide a sangue freddo e poi si fustiga è un ridicolo sadomasochista da manicomio che sembra riesumato dalle vignette massoniche e anticlericali di fine Ottocento.

L’irresponsabilità e l’incoscienza con cui l’Opus Dei –istituzione riconosciuta dalla Chiesa Cattolica, lodata e incoraggiata da tutti i Pontefici che l’hanno conosciuta, da Pio XII fino a Benedetto XVI, viene dipinta come se fosse una setta di fanatici assassini è assolutamente stupefacente e si inserisce in quella curiosa eccezione del mondo contemporaneo per cui bisogna essere sempre rispettosi con tutti, ma gli unici che possono essere diffamati impunemente, fino ai  modi più assurdi, sono i cattolici.

Sulla risibilità e l’infondatezza (storica, artistica e teologica) delle tesi presentate nel corso del film si sono spese molte parole (un’ampia rassegna dei principali articoli della stampa internazionale si può trovare sul sito www.opusdei.it , e una trattazione sistematica in inglese delle questioni sollevate dal romanzo su www.jesusdecoded.com , sito promosso dalla Conferenza Episcopale Americana), ma vale la pena forse sottolineare come l’esito ultimo del percorso proposto dalla pellicola -che fondamentalmente vuole negare la natura divina di Gesù e, attraverso una confusa valorizzazione della figura della Maddalena, infamare la Chiesa e la sua pretesa di essere vero luogo di incontro con Cristo anche oggi- sia quello di proporre come alternativa una fusione di divino e umano nell’uomo di stampo gnostico e neopagano che ben si inserisce nelle correnti new age oggi molto diffuse in una certa cultura americana.

Correnti che trovano molto seguito non tanto tra la gente comune, ma proprio tra la gente del mondo dello spettacolo che ha contribuito a realizzare la pellicola e ha testardamente rifiutato qualunque tipo di dialogo con chi da questa pellicola non può non essere offeso.

Ma chi si aspettava una pellicola di grande impatto capace di “convincere” anche gli spettatori più diffidenti, rimarrà deluso. Il film di Howard, solitamente un buon professionista specie se affiancato da uno sperimentato collaboratore come Akiva Goldsman (ai due si devono pellicole riuscite come A Beautiful Mind e Cinderella Man) è, invece, un’operazione commerciale in cui al grande spiegamento di risorse (anche per ingaggiare un attore come Tom Hanks che qui regala una prova ben poco carismatica) non corrisponde un’equivalente riuscita narrativa e visiva.

Chi pensava che Goldsman e Howard rimanessero fedeli alla trama di Dan Brown solo per amor di soldi, ma rinunciassero, per rispetto alla sensibilità dei credenti, a una serie di affermazioni totalmente gratuite –che poco hanno a che fare con la trama del film, e quindi lo appesantiscono- rimarrà deluso.

Pronunciate sullo schermo (e drammatizzate in modo molto goffo e irritante – vedi il dialogo tra Langdon, Sophie Neveu e il professor Teabing), le teorie di Dan Brown si dimostrano oltre che false anche di una pesantezza indigeribile e il gioco degli indovinelli artistici, delle filastrocche e degli anagrammi stanca come una Settimana Enigmistica di cui si debbano risolvere tutti i quiz in una volta sola.

Lo scarso spessore dei personaggi, e l’ancor minore coinvolgimento su quanto loro accade, dà il colpo di grazia cosicché lo spettatore arriva alla soluzione finale ben poco disposto a dar credito alle conclusioni.

 

Resta il fatto che la pellicola, con la sua pretesa di autenticità e fondatezza storica, non è altro che l’amplificazione di una menzogna che, benché mal raccontata, rappresenta, come è stato ricordato in altre sedi, il modo in cui oggi di Gesù e della sua Chiesa viene fatto mercato.

 

Un’operazione irresponsabile e truffaldina che non può che suscitare la massima disapprovazione.  
Luisa Cotta Ramosino  
 

 

 
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Commenti al Post:
ginevra1154
ginevra1154 il 07/06/09 alle 15:22 via WEB
....buona domenica un sorriso Ginevra....
(Rispondi)
 
Antologia2
Antologia2 il 11/07/09 alle 17:29 via WEB
Il G8 un indubbio successo politico e organizzativo / La formula chiude alla grande. Il futuro è l'inclusività / Il G8 che si è chiuso ieri a L’Aquila con un indubbio successo politico, diplomatico e organizzativo e con una ricaduta d’immagine di cui il nostro Paese aveva sicuramente bisogno rischia di essere ricordato come il canto del cigno di un mondo fondato sulle ideologie e gli schemi del Novecento, in procinto d’essere soppiantato da un mondo nuovo, i cui equilibri sono e saranno molto diversi da quelli a cui eravamo avvezzi. E non stiamo alludendo solo al fatto che gli stessi protagonisti del vertice sono i primi ad ammettere - pur con diverse sfumature - come questa formula in auge da 25 anni sia ormai superata e che un G14 appare decisamente più consono alla realtà planetaria e più attrezzato ad affrontarne le sfide. Il vertice aquilano - al di là delle oggettive conquiste in termini di lotta alla povertà e di sicurezza alimentare con stanziamenti che hanno superato di ben 5 miliardi di dollari gli ammontari messi in preventivo (l’Italia concorrerà con 450 milioni), dell’accentuarsi dell’attenzione alla dimensione sociale, dell’impegno contro le armi nucleari, dello sforzo di tracciare nuove e più sicure regole per i mercati finanziari - si segnala infatti a nostro parere per due novità, solo apparentemente in conflitto fra loro. La prima è che la voce di paesi come la Cina e l’India, giganti demografici e da anni ormai anche economici, si è fatta sentire spezzando il cerchio dei riti e delle consuetudini occidentali con una serie di veti che hanno finito per attrarre il consenso di una vasta parte di quelle nazioni emergenti - dall’Egitto all’America Latina, dall’Indonesia al Messico - che non sono più disposte ad accettare passivamente le decisioni del ricco club occidentale. Ne è una riprova il mancato accordo globale sul clima, accolto sì dal vecchio salotto buono del G8 ma respinto dai due giganti asiatici e dai loro nuovi alleati, il che segna la prima vera battuta d’arresto nella marcia finora trionfale di Barack Obama nel ridisegno dell’economia e della politica mondiale. Ma c’è un rovescio della medaglia, non meno promettente: lo sfilacciarsi di un club oggettivamente anacronistico come il G8 (anacronistico almeno quanto lo è l’assetto del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che rappresenta, come ha pubblicamente sottolineato ieri lo stesso Berlusconi a chiusura del vertice, una realtà scaturita da una guerra del secolo scorso), l’invecchiare di istituzioni come lo stesso Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale sono il segno eloquente di un bisogno di modernità che preme sotto la crosta delle vecchie regole perché se ne istituiscano di nuove. Non a caso lo speculare sorgere di nuove formule come il G14 o anche il G20 avvicina molto più di quanto non allontani nazioni che fino a ieri stentavano a parlarsi e ad intendersi o che - è il caso dell’Africa - non venivano contemplate e non avevano voce. Questo è il messaggio sotto traccia che ci pare di cogliere dal summit dell’Aquila: fronteggiare la grande crisi economica mondiale è una formidabile occasione per ridisegnare i rapporti internazionali. O, come dice Barack Obama, «credo che siamo in un periodo di transizione. Stiamo cercando la formula giusta che combini l’efficienza e la capacità di agire con l’inclusività». Parola quest’ultima di grande rilevanza e significato. Perché questo allargarsi a una pur rischiosa collegialità mondiale sarà probabilmente il miglior antidoto possibile a quella "società liquida" lucidamente teorizzata da Zygmunt Bauman che è il vero grande morbo sociale che l’Occidente ha trasmesso ad ogni angolo del mondo. Esattamente l’opposto di quanto il G8 dell’Aquila e i vertici che seguiranno si sono riproposti: di mettere cioè l’uomo e la persona al centro di ogni futuro progetto. - Giorgio Ferrari -
(Rispondi)
 
francescolucia78
francescolucia78 il 04/02/10 alle 09:10 via WEB
Prima di leggere o guardare il codice da Vinci bisogna partire dal presupposto che l'autore è un satanista. Quindi aveva tutto l'interesse di mattere in cattiva luce Gesù e la chiesa. Buona giornata a tutti. Dio vi benedica!!!
(Rispondi)
 
piccolofiore650
piccolofiore650 il 02/04/10 alle 14:10 via WEB
Io penso si tratti di un investimento della globalizzazione..difatti credo che il libro abbia venduto milioni di copie,sarà poi la chiesa a difendersi Premetto però che questi scandali di pedofilia commessi all interno della chiesa mondiale alimentino i dubbi e purtroppo anche gli eventi positivi vengono distorti
(Rispondi)
 
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