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L'EGOISMO

Post n°479 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da 1carinodolce


  
  Egoismo  da " ego ", l'io, è l'amore falso ed esagerato di se stesso, che porta ad una vera idolatria dell’ " io ", eretto ad una unica misura per le relazioni con tutte le altre persone e cose, unica meta di tutti i propri sforzi.
Fine di ogni azione umana non è che l'interesse individuale dell'agente, più o meno velato.
Perciò non è un vizio speciale, ma è in generale uno squilibrio nell'ordinamento generale voluto da Dio, un elemento latente almeno inizialmente in ogni peccato,  in quanto è avversione da Dio e conversione alle creature (l'io creato), un corrosivo della carità, in quanto virtù specifica ed in quanto è informatrice di tutte le altre virtù. 
 
L'eccessiva compiacenza di se stesso o incensamento del proprio io, crea invece un disordine nella sfera dell'amore e con il miraggio della felicità propria, esclusiva e temporale, pone l'io in primo piano, imprigionato nelle tenebre della propria personalità, con la conseguente detronizzazione di Dio dal posto che gli compete, come fine di tutte le cose, e col sacrificio delle persone con cui ha rapporto, considerate esclusivamente alla stregua di strumento da utilizzare.

 
D'altra parte l'egoista neppure con se stesso è equanime, perché pone i propri interessi temporali al di sopra di quelli eterni e non è mai per il proprio bene spirituale che sfrutta il prossimo e detronizza Dio, essendo ciò incompatibile.
Perciò stesso è assurdo dire che l'ascetica fomenti l'egoismo; nulla vi è di egoistico nella ricerca della propria santificazione che non sussista senza la ricerca di Dio e la carità verso il prossimo.
L'egoismo invece suppone non una semplice pianificazione di valori, ma un completo rovesciamento.

 
Tutto ciò che esiste, non ha alcun pregio e senso per l'egoista, se non in quanto tutto si riferisce a lui e favorisce i suoi progetti ed interessi personali.


 

L'uomo dominato dall'egoismo è dimentico della sua genesi e della funzione che ha nei riguardi del suo Creatore e di compiti che ha in seno alla società umana, si fa centro dell'universo;
tutto valorizza ad esclusivo vantaggio della propria egemonia: l'amore di sé fino al disprezzo di Dio (amor sui usque ad contemptum Dei), dice incisivamente S. Agostino. 
 
L'egoismo appare, da quanto è stato detto, negligenza o disprezzo della virtù di religione, della giustizia, ma soprattutto della carità integrale.

È il tarlo roditore, l'eliminazione dell'amore verso Dio, verso gli uomini, ed anche come si è detto verso se stesso, perché non è il suo vero bene che l'egoista persegue in quanto una volta riconosciuto se stesso punto di convergenza di tutto l'universo diventa ottuso e miope nel riconoscere le sue manchevolezze.
 
Questo egocentrismo, se spinto all'eccesso, può essere anche fonte di malattie psichiche, ma più spesso è effetto anziché causa di queste anormalità,  Caratteristico, ad es., è l'egoismo soprattutto nell'isteria.
 
 

 
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Commenti al Post:
ciubini.enrico
ciubini.enrico il 28/01/10 alle 07:26 via WEB
carissimo amico CARINODOLE. RICEVI UN CARO SALUTO DAL TUO BOL.con affetto enrico ciao.
(Rispondi)
 
sempresveva
sempresveva il 02/02/10 alle 17:32 via WEB
L'egocentrico non sa cosa perde. Anche se qualcuno ha detto che non c'è cosa più bella che amare se stesso...ma dopo un pò...è solitudine.
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ciubini.enrico
ciubini.enrico il 05/02/10 alle 21:46 via WEB
ciao CARINODOLCE..un caro saluto da enrico. buonanotte.
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 07/02/10 alle 15:11 via WEB
Ormai ci siamo ingoiati anche l’amo e il filo, e ancora tiriamo. È l’illusione dell’autosufficienza, patetico sogno della notte più stupida della mezza età: quando sei ancora fissato sul mito di un’adolescenza interminabile, e non ti accorgi che è già il momento di cambiare le prime protesi. Questo incantamento sulla realizzazione dell’io – vero e proprio monoteismo perverso del Sé – è il tema tragico della nostra condizione epocale, se vogliamo dirla tutta e senza troppi giri di parole. La logica del sospetto e della competizione, dell’afferrare e del fare da sé, non si limita a ferire la compassione (ed è già terribile). Uccidono la circolazione sociale della giustizia, ed erodono progressivamente anche il valore del suo esercizio legale. Senza circolazione della virtù della giustizia, che è disposizione a metterci "del mio" per il bene di tutti, c’è poco da fare, si corrompe anche la sua amministrazione pubblica a vantaggio di ciascuno. L’interpretazione puramente burocratica e formale del principio che rende a ciascuno "il suo" lascia scoperto troppo, o copre troppo poco, di ciò che noi stessi – noi umani – percepiamo come realmente e profondamente giusto. Giusto per la vita e per le sue relazioni, per le creature e per l’abitare, per la dignità del riconoscimento e la felicità della cooperazione, per ciò che è degno di essere osato e cercato, creduto e sperato, amato e anche sofferto. L’ossessione e la voracità "del mio" si allargano: e finiscono per selezionare – quasi non ce ne accorgiamo più – l’unica interpretazione accettabile del "diritto". Un batter di ciglia, ed eccoci simili all’orda primitiva, in giacca e cravatta (o anche casual griffato, bando ai formalismi). - P. Sequeri
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 07/02/10 alle 15:13 via WEB
L’abbiamo sbeffeggiata un po’, negli anni ruggenti, la circolazione della virtù della giustizia, dico, a vantaggio delle nostre capacità di gestire tecnicamente la sua distribuzione democratica. C’è poco da ridere, adesso, vero? Infatti. È l’autorealizzazione, bellezza. In verità, i «germi di una misteriosa connivenza con il male», ovvero i parassiti più indistruttibili del pianeta-uomo, ci vanno a nozze con il principio dell’autorealizzazione, quando esso si assegna come obiettivo supremo la realizzazione del Sé. È storia dell’egoismo di sempre, certo, finché ci sarà storia. La novità, però, è questa. L’interpretazione autarchica, egoistica, chiusa e autosufficiente del concetto – in sé affatto degno – dell’autorealizzazione ha guadagnato diritto di cittadinanza: e va incrementando, come dire, il suo corso legale. L’esca del godimento individuale e irresponsabile che ci realizza (enjoy!) non è più obiettivo supremo, riservato ai pochi che hanno potenza e prepotenza adatte allo scopo. È offerta di massa: comandamento supremo e passaggio di iniziazione per cuccioli secolarizzati. Guai a ribellarsi, vieni subito "nominato". La destrezza della sua assimilazione è guardata con indulgenza da molti padri e madri, che sono diventati smaliziati uomini e donne di mondo, come si dice. Patetici sognatori di mezza età, certo. Che accendono però intermittenze deliranti sempre più frequenti nelle giovani generazioni. - P. Sequeri
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Anonimo il 07/02/10 alle 15:15 via WEB
Benedetto XVI ha inviato ieri un messaggio per la Quaresima molto profondo e incoraggiante, ma anche affilato e splendente come un diamante, su tutto questo. Leggetevelo parola per parola, anche se non andate in chiesa: non è una predica. Non fa questione di occasionali mortificazioni e di estemporanei gesti di compassione. La circolazione sociale del proprio, e la reciprocità della sua condivisione, è il nome dimenticato della giustizia. La sua radice profonda, la sua evidenza più convincente, la sua grazia migliore. Interrogare Dio su questo ci apre una rivelazione precisa al millimetro sull’odierna condizione occidentale. Esercitarci coraggiosamente, sul punto, ci evita la fine del pesce. - P. Sequeri
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 08/02/10 alle 20:54 via WEB
«Nessuno si salva da solo», continua infatti a rammentarci Charles Peguy. Ed è quanto mai opportuno tenerlo a mente in questi mesi di crisi, mentre continua a emergere e rischia di accentuarsi una preoccupante tendenza ad affievolire gli impegni reciproci, ad allentare i legami di solidarietà, a non accettare accanto a sé presenze scomode e, comunque, "ingombranti". Il mito della "qualità della vita" porta a smarrire il senso della vita e a squalificare le vite che sono o vengono percepite come inadeguate o imperfette, vite minori e d’insuccesso: il bambino non nato, il disabile o il malato grave, l'anziano non autosufficiente, l'immigrato a cui si chiede e dà lavoro ma non vita civile, il disoccupato che pesa sulla fiscalità generale, il padre separato divenuto barbone, la madre abbandonata, la donna sola che cerca un'alternativa alla "libertà" di abortire e non riesce a trovarla nei labirinti libertari costruiti attorno al suo dramma. __ «Nessuno si salva da solo». E’ proprio necessario ricordarlo in un momento storico in cui il montare dell’onda degli egoismi viene o sottovalutato o addirittura nobilitato come un conquistato approdo di autonomia e di autodeterminazione. Ci sono "architetti" che progettano una società di persone sole. Noi no. E anche il tempo della crisi può diventare un'occasione per affermarlo nei fatti. Per ribadire che c’è ancora e sempre un’alternativa a quello sguardo cupo ed escludente, che non sta scritto che nella sofferenza si debba essere soli e che la disperazione può e deve essere vinta. Il popolo della vita lo dimostra nelle opere e nei giorni. Con riconoscenza, con coraggio e con pazienza. . M Tarquinio
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hengel0
hengel0 il 12/02/10 alle 11:40 via WEB
Un bacio..Ma immenso davvero tesoro!!!Dolcissimo fine settimana!!!TVB...Hengel
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Antologia2
Antologia2 il 13/02/10 alle 17:16 via WEB
Forse mai come in questi tempi di crisi ci rendiamo conto della verità del motto che avete scelto come tema del vostro incontro annuale: «La tua opera è un bene per tutti». E meglio di tutti lo possono capire coloro che sono più colpiti dalla crisi, le loro famiglie, i loro figli. Ma cercare di tenere in piedi un’opera in questi tempi è veramente una cosa ardua. Voi lo sapete bene, voi che vi dibattete tra continuare a costruire questo bene o gettare la spugna, chiudendo i battenti. La tentazione dell’individualismo è sempre in agguato. L’insidia del si-salvi-chi-può è più forte che mai. Per tanti di voi sarebbe più comodo. Vi risparmiereste non poche preoccupazioni. Eppure non vi siete chiusi in voi stessi, dimenticando gli altri. In questo modo avete vinto l’individualismo di cui parlava Bernhard Scholz. Ma siccome la tentazione permane, per potere resistere occorre avere delle ragioni che ce lo consentano. Questo vuole essere lo scopo del mio contributo. Paradossalmente, la crisi può diventare un’occasione per mettere delle fondamenta più salde all’opera che state costruendo, guadagnando più consapevolezza delle ragioni sottese. ( Julián Carrón )
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ossurerotte
ossurerotte il 15/02/10 alle 04:15 via WEB
Ciao! Avevo inviato gli auguri per San Valentino, ma la messaggeria e' colma per cui bisohnerebbe svuotarla. Grazie, ettore
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ciubini.enrico
ciubini.enrico il 25/02/10 alle 07:38 via WEB
cin cin... auguri di buon compleanno CIAO CARINODOLCE... CON AFFETTO...enrico
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maraciccia
maraciccia il 25/02/10 alle 10:14 via WEB
AUGURIIIIIII
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semprepazza
semprepazza il 26/02/10 alle 10:56 via WEB
Compleanno? Augurixximixximi! Diana
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ciubini.enrico
ciubini.enrico il 02/03/10 alle 09:35 via WEB
CIAO CARINO DOLCE... grazie per la tua visita al mio blog. con affetto...enrico
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briciole68
briciole68 il 11/03/10 alle 16:18 via WEB
un pizzico di amor proprio serve, giusto per l'autostima, certo che il troppo storpia e l'egocentrico mi diventa pure antipatico!!!. Ma è così per tutte le cose...:))) in realtà..anche se non sono molto cattolica...comunque ammiro Gesù e lui disse proprio "ama il prossimo tuo come te stesso ". L'egoismo è aridità nell'anima e nel cuore. Grazie per la tua visita, il tuo blog mi piace, anzi sai che faccio lo inserisco tra i miei blog amici :)))) un saluto dalla baviera. Giusy
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Reginella78_A
Reginella78_A il 15/03/10 alle 19:16 via WEB
Un po' di sano egoismo, ma giusto per non buttarsi a terra qualche volta ci vuole, ma a volte tendere la mano a chi ci sta accanto dovrebbe essere un imperativo.... Io ho un'amica un po' pensante, ma anche molto sola, come faccio a voltarle le spalle se mi chiede aiuto... Invece ne ho un'altra che non fa altro che dire "io ho già i miei problemi" .... insomma questa è una forma di egoismo che non condivido, quando ne risentono proprio le persone che hai accanto, quindi figuriamoci nei confronti del vicino che non conosci!
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fabrizia2009.p
fabrizia2009.p il 18/03/10 alle 19:54 via WEB
l'essere che nutre la propria anima di egoismo è fondamentalmente un essere che si procura solo solitudine
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 21/03/10 alle 22:43 via WEB
Un'Italia anticristiana Un'Italia anticristiana Sempre più di frequente il discorso pubblico delle società occidentali mostra un atteggiamento sprezzante, quando non apertamente ostile, verso il Cristianesimo. All'indifferenza e alla lontananza che fino a qualche anno fa erano la regola, a una secolarizzazione per così dire silenziosa, vanno progressivamente sostituendosi un'irrisione impaziente, un'aperta aggressività che non è più solo appannaggio di ristrette cerchie di colti, come invece avveniva un tempo. Il bersaglio vero e maggiore è nella sostanza l’idea cristiana nel suo complesso, come dicevo, ma naturalmente, non foss'altro che per ragioni numeriche e di rappresentanza simbolica, sono poi quasi sempre il cattolicesimo e la sua Chiesa a essere presi in special modo di mira. Dappertutto, ma, come è ovvio, in Italia più che altrove. Il celibato, il maschilismo, la pedofilia, l'autoritarismo gerarchico, la manipolazione della vera figura di Gesù, l'adulterazione dei testi fondativi, la complicità nella persecuzione degli ebrei, le speculazioni finanziarie, il disprezzo verso le donne e la conseguente negazione dei loro «diritti », il sessismo antiomosessuale, il disconoscimento del desiderio di paternità e maternità, il sostegno al fascismo, l'ostilità all'uso dei preservativi e dunque l'appoggio di fatto alla diffusione dell'Aids, la diffidenza verso la scienza, il dogmatismo e perciò l'intolleranza congenita: la lista dei capi d'accusa è pressoché infinita, come si vede, e se ne assommano di vecchi, di nuovi e di nuovissimi. Ma da un po' di tempo vi si aggiunge qualcosa che contribuisce a dare a quelle imputazioni un peso e un senso diversi, un impatto più largo e distruttivo, finendo per unirle tutte nel segno di un attacco solo complessivo. Questo qualcosa è un radicalismo enfatico nutrito d'acrimonia; è, insieme, una contestazione sul terreno dei principi, un chiedere conto dal tono oltraggiato e perentorio che dà tutta l'idea di voler preludere a una storica resa dei conti. Ciò che più colpisce, infatti, della situazione odierna — e non solo immagino chi è credente ma pure, e forse più, chi come il sottoscritto non lo è—è soprattutto l'ovvietà ideologico-culturale della posizione anticristiana, la sua facile diffusione, oramai, anche in ambienti e strati sociali non particolarmente colti ma «medi», anche «popolari». Ai preti, alla Chiesa, alla vicenda cristiana non viene più perdonato da nessuno più nulla. Si direbbe — esagero certo, ma appena un poco — che ormai nelle nostre società, a cominciare dall'Italia, lo stesso senso comune della maggioranza stia diventando di fatto anticristiano. Anche se esso preferisce perlopiù nascondersi dietro la polemica contro le «colpe» o i «ritardi» della Chiesa cattolica. Tra i tanti e assai complessi motivi che stanno dietro questa grande trasformazione dello spirito pubblico del Paese ne cito tre che mi paiono particolarmente significativi. Al primo posto l'ingenuità modernista, l'illuminismo divenuto chiacchiera da bar. Ci piace pensarci compiutamente moderni, e modernità sembra voler dire che gli unici limiti legittimi siano quelli che ci poniamo noi stessi. Le vecchie autorità sono tutte morte e al loro posto ha diritto di sedere solo la Scienza. Siamo capaci di amministrarci finalmente da soli, non c'è bisogno d'alcuna trascendenza che c'insegni dov'è il bene e dov'è il male. Che cosa c'entrano dunque la religione con i suoi comandamenti, i preti con i loro divieti? Accade così che ogni cosa che getta ombra sull' una o sugli altri ci appaia allora come la rassicurante conferma della nostra superiorità: alla fin fine siamo migliori di chi pure vorrebbe farci continuamente la lezione. E poi — ecco un secondo motivo — la Chiesa e tutto ciò che la riguarda (religione inclusa) ricadono nella condanna liquidatoria del passato, di qualsiasi passato, che in Italia si manifesta con un'ampiezza che non ha eguali. Il che significa non solo che tutto ciò che è antico, che sta in una tradizione, è perciò stesso sempre più sentito come lontano ed estraneo (unica eccezione l'eno-gastronomia: l'ideologia dello slow food è la sola tradizione in cui gli italiani di oggi si riconoscono realmente), ma significa anche, questa messa in mora del passato, che il pensare in termini storici sta ormai diventando una rarità. Sempre più diffusi, invece, l'ignoranza della storia, dei contenuti reali delle questioni, e l'antistoricismo, l'applicazione dei criteri di oggi ai fatti di ieri: da cui la ridicola condanna di tutte le malefatte, le uccisioni e le incomprensioni addebitabili al Cristianesimo, a maggior gloria di un eticismo presuntuoso che pensa di avere l'ultima parola su tutto. E da ultimo il cinismo della secolare antropologia italiana, e cioè il fondo limaccioso che si agita al di sotto dell'appena sopraggiunta ingenuità modernista. Il cinismo che sa come va il mondo e dunque non se la beve; che appena sente predicare il bene sospetta subito il male; che ha il piacere dello sporco, del proclamarne l'ubiquità e la forza. Quel feroce tratto nazionale che per principio non può credere in alcuna cosa che cerchi la luce, che miri oltre e tenga lo sguardo rivolto in alto, perché ha sempre bisogno di abbassare tutto alla sua bassezza. Ernesto Galli Della Loggia 21 marzo 2010 © www.corriere.it/editoriali/
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 23/03/10 alle 20:53 via WEB
" L' ITALIA E IL MITO DELLA VIOLENZA BUONA " .......... http://fattisentire.org/modules.php?name=News&file=print&sid=2645
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ninograg1
ninograg1 il 30/03/10 alle 00:29 via WEB
l'egoismo è connaturato all'uomo. oggi poi è il sentimento dominante
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