Memorabile in questo senso la scena in cui l’agente della Stasi rientra a casa dopo l’ennesima sessione di ascolto e nell’ascensore incontra un bambino che incautamente riferisce il commento negativo del padre sul Servizio informativo…Con umorismo autentico, ma anche con un’innegabile profondità l’autore ci fa sentire che ormai le cose non potranno essere più come prima.
E se la vicenda non può per certi versi avere che un epilogo tragico (perché la violenza del potere e la cecità della burocrazia finiscono per forzare la mano al complicato sistema di controllo per ottenere i risultati desiderati – ma curiosamente fino alla fine la popolarità di Dreyman costringe a rispettate una sorta di ridicola e formale correttezza), lo sguardo finale dell’autore è invece aperto alla speranza.
Accusato di ingenuità da pochi critici resi forse troppo cinici dall’abitudine (e invece noi ringraziamo il cielo che all’autore resti ancora una buona scorta di positività che speriamo non perda nel prosieguo della sua carriera) per un finale che si apre al futuro tra la caduta del Muro e l’apertura degli archivi della Stasi, il film è invece, a nostro avviso, un atto di fede nel valore purificatore dell’arte intesa in senso alto, nella capacità dell’uomo di cambiare e sacrificarsi (che sono poi quei “buoni sentimenti” che avevano reso popolari i lavori di Dreyman), nella possibilità che incontri più o meno consapevoli possano cambiare le cose.
Per ognuno, nella storia, infatti, c’è uno sguardo di pietà, ad ognuno è offerta la possibilità di riscattarsi. Solo alcuni scelgono di cogliere questa occasione e ne pagano le conseguenze, ma è proprio grazie al loro coraggio e alla loro umiltà, sembra dirci l’autore, che la Germania può sperare di avere un’anima con cui affrontare la sua storia e il suo passato. |