Creato da: 1carinodolce il 08/06/2008
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COSA TI 'PESA' DI PIù ???

Post n°477 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da 1carinodolce

  

IN QUESTO PERIODO
COS è CHE TI  'PESA'  DI PIù ? 

E  'COSA'  TI  MANCA  MAGGIORMENTE ?

 

  

IN QUESTO PERIODO
QUAL è IL TUO
DESIDERIO/BISOGNO  PRINCIPALE ?

 

 

 
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Anonimo il 02/03/10 alle 02:21 via WEB
Per René Predal Fellini appartiene a questo sguardo nuovo sul mondo, e La dolce vita si presenta «come un labirintico monumento barocco della decadenza, in cui il realismo devia costantemente verso il fantastico […] Mescolando le apocalissi derisorie (il diluvio sui figli del falso miracolo) agli interrogativi più tremendi (l’episodio di Steiner che assassina la famiglia) e le notti folli (il bagno di Anita Ekberg nella fontana di Trevi o la frenesia di via Veneto) alle albe glaciali (i tentativi di suicidio di Emma o il malessere del vecchio padre), La dolce vita stila il miserevole bilancio di un mondo ammalato con un delirio estetico che lo fa tuttavia scintillare di mille bagliori»[13]. È uno dei tanti giudizi, né il migliore né il peggiore, riguardanti il film di Fellini. Non è questa la sede per discutere dettagliatamente il significato formale e contenutistico di La dolce vita. È sufficiente ribadire che del grande rinnovamento artistico verificatosi sul finire degli anni Cinquanta del XX secolo, e durato per tutto il decennio successivo, entrato nella storiografia come la modernità del cinema, Fellini e il suo film rappresentano un passaggio imprescindibile. Abbiamo in precedenza sottolineato la presenza in La dolce vita di un duplice atteggiamento di Fellini: la nostalgia per l’eclissarsi del sacro nella «città secolare» - fenomeno storico ritenuto inarrestabile - e la curiosità per gli aspetti più stravaganti del moderno. Studiando strutturalmente il film emerge la suddivisione in scene non necessariamente concatenate una all’altra, che in alcuni casi potrebbero addirittura vivere autonomamente, per durata e significato. Il film di Fellini è una descrizione dei demoni che si sono impossessati dell’uomo quando perde il contatto con Dio. Fellini osserva con immensa curiosità il moderno. Lo sguardo plana dall’alto sull’eclissi del sacro scesa nella moderna Babilonia di Roma - ricordiamolo ancora: il centro del mondo - e fa affiorare in superficie la «volontà di potenza» impossessatasi dell’esistenza del protagonista di La dolce vita, Marcello Rubini. Le sequenze del film Il film, di una lunghezza consistente e anomala per il cinema italiano (due ore e quarantacinque minuti), è diviso in tredici scene, legate da una sola linea di continuità: la presenza di Marcello. Marcello (Marcello Mastroianni) è un giornalista trasferitosi a Roma per seguire l’arte della scrittura. Presto però ha abbandonato ogni velleità letteraria, tuffandosi nella «dolce vita» romana, tra un aperitivo a via Veneto e una serata trascorsa con la nobiltà, a caccia di pettegolezzi, informazioni e storie piccanti, da passare alla stampa in perenne ricerca di scandali. Così Tullio Kezich disegna il profilo di Marcello: «è un giornalista mondano che capta gli scandali e gli umori della café-society. Un tipo né buono né cattivo, né morale né amorale, con improvvisi spunti di cinismo e altrettanto improvvisi soprassalti»[14]. La dolce vita, come è noto, si apre con l’immagine di un elicottero impegnato a trasportare una grande statua di «Gesù Lavoratore», dono degli operai alla «città eterna». In realtà gli elicotteri sono due: nel secondo c’è Marcello con Paparazzo (Walter Santesso), il fotografo inseparabile accompagnatore. Nel tempo messo in scena da Fellini, temporalità contrassegnato dal «presente», propria a tutte le grandi opere cinematografiche della modernità[15], l’obiettivo della macchina da presa è puntato su una questione determinante: la fede sta tagliando uno ad uno gli ormeggi con la società. Detta in altre parole, stiamo assistendo all’eclissi del sacro, come una corrente di pensiero sostiene, nell’ambito della sociologia delle religioni[16]; o alla secolarizzazione, disciplina della teologia impegnata a definire il processo storico mediante il quale la cultura e la società occidentale si affrancano dal controllo religioso. Non c’è immagine più suggestiva del Cristo volteggiante nel cielo, seguito da un uomo immerso nel proprio tempo, privo di legami religiosi, per riassumere la fisionomia di un’epoca appunto secolare. La breve sequenza di apertura del film di Fellini è seguita da un’immagine assai diversa. Siamo entrati nel vortice della «città secolare», in un locale notturno nel centro del centro del mondo; non la Roma di San Pietro, ma la Roma di via Veneto. Marcello si trova lì a caccia di notizie, e incontra Maddalena (Anouk Aimée), figlia annoiata di un facoltoso industriale. I due escono in strada, salgono su una lussuosa automobile americana decappottabile, caricano una prostituta e si fanno portare a casa sua, nella desolata periferia della città. All’alba escono, pagano la donna, e vanno via. Siamo così arrivati alla terza scena, anch’essa piuttosto breve. Marcello rincasa e scopre che la fidanzata Emma (Yvonne Fourneaux) ha tentato di suicidarsi per gelosia. Prontamente ricoverata in ospedale, la donna viene dichiarata fuori pericolo di vita. La quarta scena potrebbe considerasi un film a sé. Qui Fellini elabora una sofisticata ricostruzione dell’attraente modernità propria della società dei consumi, del divertimento e dell’industria culturale. Marcello deve recarsi all’aeroporto per accogliere una diva del cinema, Sylvia (Anita Eckberg), in arrivo a Roma. Sono trascorsi esattamente venti minuti dall’inizio del film, e allo spettatore è stato presentato Marcello, il protagonista; Maddalena, la sua amante, donna ricca, aristocratica e disinibita; ed Emma, fidanzata di Marcello, certo bella ma appartenente ad un ceto sociale basso. Ecco arrivare Sylvia, bellezza nordica, sensuale e prorompente. Questa parte del film dura trenta minuti ed è suddivisa in otto blocchi: 1 - arrivo di Sylvia all’aeroporto: una folla di giornalisti, fotografi, produttori, industriali e semplici curiosi accoglie la diva del cinema americano sbarcata a Roma per partecipare alla presentazione di un film 2 - Marcello, che lavora per la produzione del film, accompagna l’attrice in macchina dall’aeroporto al centro della città 3 - nel corso della conferenza stampa Sylvia risponde in inglese a tutte le domande, seduta su un divano, le mani perennemente tra i lunghi capelli, con aria divertita, ingenua e maliziosa 4 - Marcello, insieme ad un fotografo, accompagna Sylvia, fasciata in uno strano vestito dai richiami ecclesiastici, in Vaticano: prima salgono una ripida scala e, raggiunta la cima, si trovano in una terrazza con vista su Piazza San Pietro 5 - in onore di Sylvia e del suo fidanzato Robert (Lex Barker, famoso per aver interpretato Tarzan sullo schermo), il produttore Totò Scalise (Carlo Di Maggio) ha organizzato una serata mondana, in abiti da antichiromani: Robert ha alzato parecchio il gomito; rimprovera Sylvia di aver ballato con troppa disinvoltura, facendo infuriare la donna, che presa da un attacco d’ira abbandona la festa, inseguita da Marcello preoccupato di un possibile scandalo 6 - salita sulla macchina guidata da Marcello, Sylvia raggiunge il centro di Roma: è affascinata dalla bellezza notturna e gioca con un gattino bianco, perdendosi nelle tante stradine 7 - Marcello è riuscito a trovare un po’ di latte per il gattino, ma quando torna non trova più Sylvia, che nel frattempo è rimasta incantata dalla cascata di acqua della Fontana di Trevi: i due si bagnano, camminano abbracciati e l’alba li sorprende 8 - Marcello accompagna Sylvia in albergo in via Veneto: in una macchina c’è Robert addormentato, malignamente svegliato dai fotografi; l’uomo prima affronta Sylvia, schiaffeggiandola, e poi colpisce Marcello, sbattendolo in terra tra gli scatti divertiti dei colleghi. Alcune immagini - soprattutto la scena del bagno nella Fontana di Trevi - ancora oggi rimangono un’icona di riferimento dell’immaginario collettivo internazionale. Ogni grande cultura nazionale nell’atto di prendere coscienza di se stessa, produce un autore enciclopedico ed un testo di riferimento: nel nostro caso abbiamo Federico Fellini e La dolce vita. D’abitudine i film vengono interpretati mediante una lettura della forma o del significato sociale. L’eroe è uno spettatore, elemento assai presente nelle opere della modernità del cinema. L’eroe è inerte, passivo: non dominatore ma esploratore. Non è il costruttore del mondo tipico del cinema classico hollywoodiano, come ad esempio John Wayne nel western di John Ford L’uomo che uccise Liberty Valance (The Man who Shot Liberty Valance, 1962). Marcello è una sorta di moderna incarnazione del Faust di Goethe: attraverso il patto mefistofelico decide di vendere l’anima non tanto alle forze del male, ma alla propria epoca secolarizzata, ricevendo in cambio il grimaldello per far saltare tutte le serrature delle regole sociali, e soprattutto il biglietto di ingresso alla giostra del lusso e del divertimento. È anche uno speculatore economico, poiché vive al centro della mondanità pur non avendone i mezzi. Marcello, ultima incarnazione di Faust, è stato sedotto dal fascino della vita scintillante, stordente, sfrenata. Il compromesso lo ha trascinato nell’universo della «dolce vita», e il prezzo da pagare è la perdita di eticità. Essendo in fondo vittima di una seduzione, Marcello agli occhi del suo creatore finisce per apparire innocente, scagionato da ogni responsabilità: non è un eroe sgradevole, e sicuramente qualcosa di superiore ha avuto la meglio su di lui, allontanandolo dalla ricerca artistica, dalla corretta condotta morale, dall’orizzonte del senso religioso. Marcello non viene punito per aver sprecato vita e talento, come accade, pescando un altro esempio dal classicismo hollywoodiano, all’eroe di Viale del tramonto (Sunset Boulevard, 1950) di Billy Wylder, opera dalla struttura classica ma fortemente intrisa di tendenze moderne. La particolarità di La dolce vita è di essere un testo dalla doppia polarità: innovatore ma popolare, complesso ma semplice, stilisticamente ricercato ma adatto al consumo tipico della cultura di massa. La dolce vita (peculiarità delle «opere mondo») è la manifestazione radicale del desiderio di emancipazione dell’uomo, l’affermazione della sua «volontà di potenza», impegnato a tagliare i legami con il passato; ma è anche la consapevolezza che non è possibile ricominciare totalmente da capo: anzi, è inutile . Nelle intenzioni di Fellini il film non ha nessuna pretesa di denunciare o di perorare qualsiasi causa. «Mette il termometro - dice il regista - ad un mondo malato, che evidentemente ha la febbre. Ma se il mercurio segna quaranta gradi all’inizio del film ne segna quaranta anche alla fine»[17]. Fellini ha nostalgia per il sacro (l’eclissi dei valori è un passaggio epocale non rasserenante), pur se ha deciso di misurarsi senza timore con il moderno. Tornando alla struttura del racconto filmico, conclusa la lunga parentesi del passaggio romano di Sylvia, il film prosegue con la quinta scena, costruita per far incontrare casualmente Marcello con Steiner (Alain Cuny). Marcello sta seguendo annoiato il servizio di una modella ripresa accanto ad un cavallo. Ad un tratto sembra richiamato da qualcosa, e si reca nella moderna chiesa dalla grande entrata. Dentro la chiesa trova un amico: Steiner, uomo sofisticato, intellettuale raffinato e sensibile. Da parecchio tempo i due non si vedono. Iniziano a parlare di libri, di un articolo scritto da Marcello, piaciuto molto a Steiner. Poi quest’ultimo chiede ad un religioso il permesso di suonare il maestoso organo a canne della chiesa: esegue una musica sacra di Bach. Marcello ascolta, appare turbato: è affascinato da Steiner, figura che sembra intagliata nel legno, e ispira calma, serenità e regalità. L’attore, ricorda Kezich, richiama il gotico e ha un sapore di protestantesimo: «di spalle, con il colletto alto e bianco, fa pensare a un pastore»[18]. Durante la conversazione, Steiner chiede a Marcello perché abbia rinunciato a scrivere il romanzo. Nella scena successiva (la sesta), Marcello è stato inviato per un servizio giornalistico sulle apparizioni che si stanno verificando a quasi cinquanta chilometri da Roma. Lì, in un prato, la Madonna appare a due bambini del luogo. La sequenza, abbastanza lunga (dodici minuti), è strutturata in sei blocchi:
 
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