E fin qui è la lucida analisi di qualcosa che sperimentiamo ogni giorno. Ma provocante è la questione posta da Seewald: com’è che, anche in Paesi in cui quasi tutti sono battezzati, «una maggioranza accetta di essere dominata da una minoranza di opinion leader?». E il Papa, in risposta, si domanda: in che misura queste persone sono ancora parte della Chiesa? Da un lato, dice, non vogliono perdere questo fondamento, dall’altro «è chiaro che sono interiormente plasmate dal pensiero moderno». Insomma, l’avvento di una dittatura del relativismo è possibile per una «schizofrenia» dei cristiani, un ridurre la fede a un vecchio substrato che vive «parallelamente» alla modernità, ma non la contagia e non la fermenta. A fronte di questa realtà, Benedetto XVI afferma l’urgenza della «nuova evangelizzazione» recentemente annunciata – di un nuovo inizio, che susciti un cristianesimo capace di distinguersi alla "controreligione" avanzante.
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E il denso dialogo del libro, nella asciuttezza della forma giornalistica, interpella profondamente noi cristiani insofferenti di tirannie mediatiche, politiche ed economiche, giustamente ribelli al conformismo cui ci viene chiesto di allinearci. Perché certo, le forze della «antireligione obbligatoria» sono ampie e attrezzate; ma Benedetto XVI non guarda a loro, guarda ai suoi, e (ci) domanda: in che cosa realmente credete, in chi davvero riponete la vostra speranza? In un Dio che si mette da parte, finita la messa della domenica; o in Cristo che "c’entra" con tutto, e trasforma ogni cosa?
La questione posta da Benedetto XVI dice una volta di più del suo coraggio, quando afferma in sostanza che alla prima radice della crisi presente c’è una fede spesso astratta, "divisa", incapace di fecondare di sé la realtà. Il problema, insomma, prima che gli avversari siamo noi – e questa è sempre una cosa scomoda da dire. |