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Post n°11 pubblicato il 11 Dicembre 2014 da GiuseppeLivioL2
 
Tag: Amore

 

Psico - ecologia della vita di coppia

 

 

Gli orientamenti del pensiero moderno sull'amore pongono l'accento soprattutto sugli aspetti utilitari del rapporto uomo - donna, siano essi di natura sentimentale o sessuale. Si possono comprendere tali orientamenti nel concetto generico di amore libero, da intendersi come antitetico al concetto di amore vero.

 

La cultura moderna dell'amore libero ha contribuito soprattutto a diffondere la falsa convinzione che i rapporti di coppia debbano donare un clima di intenso entusiasmo affettivo, una grande felicità o un grande piacere, in questo modo gli individui sono ossessionati dal culto idolatrico del grande amore o della sessualità totalmente appagante e i rapporti di coppia sono destinati al fallimento sin dall'inizio a causa delle eccessive pretese di felicità perché l'amore viene concepito in modo astratto, non riferito alla comunione di vita con la totalità della persona del partner, privato dell'impegno e della responsabilità; in molti casi l'amore viene addirittura consegnato al libero mercato della domanda e dell'offerta e ridotto ad un oggetto di consumo.

Si pretende, infatti, dai rapporti di coppia quello che non si pretende da altri rapporti umani come quelli con i genitori o con i figli. Chi non è particolarmente felice con i genitori o con i figli non si affretta a sciogliere il suo rapporto con loro.Dai rapporti di coppia, invece, si pretende un pieno soddisfacimento.

 

Non si riesce più a concepire il fatto che le sofferenze e le limitazioni nell'ambito di una convivenza, se accettate e vissute positivamente, sono indispensabili aspetti del processo di crescita individuale all'interno del rapporto e quindi viene a mancare la convinzione che, in un rapporto di coppia, sopportare anche delle lunghe crisi possa tornare a vantaggio dell'evoluzione personale. ( cfr J. Willi, op. cit., pag 6, pp.10-11 )

 

Lo psichiatra svizzero Jurg Willi dice che la vita di coppia deve essere studiata secondo un'ottica psicoecologica - : cioè nella vita di coppia la persona deve essere vista come - entità relazionale - che si sviluppa con il partner creando con esso un universo psicologico in cui abitare.

 

Secondo la psicoecologia il rapporto di coppia viene visto come uno degli strumenti fondamentali per rendere più facile all'uomo lo svolgimento del più importante dei suoi doveri esistenziali: la propria crescita psicologica ed umana.

Scrive Willi che "- chi vive con un altra persona è sollecitato a rendersi comprensibile all'altro, e diventa quindi più trasparente anche a se stesso-". ( J. Willi, ibidem, pag 204 )

 

L'uomo, da solo, con molta difficoltà riesce a prendere coscienza dei propri difetti e delle proprie illusioni. La coppia, invece, è un luogo privilegiato della cura del sentire e del pensare perché luogo dell'intimità, dell'unione fisica e psicologica e quindi luogo dove viene condivisa e messa a nudo la realtà totale.

In questo habitat privilegiato, che è il legame di coppia, è possibile prendere più facilmente coscienza del proprio modo di essere cognitivo - comportamentale e quindi autocriticare e smascherare le proprie idee irrazionali, le illusioni, le fanatizzazioni, le emotivizzazioni, i disordini affettivi ed intellettivi ( che si oppongono ad un'autentica crescita psicologica ) attraverso il confronto diretto con l'altro e con la critica che proviene dall'altro.

Scrive Willi:-"i coniugi si convalidano a vicenda le regole individuali, la concezione del mondo (...) fino ad arrivare agli innumerevoli dettagli della vita quotidiana, di cui sovente essi stessi non erano coscienti finché non sono stati loro segnalati dal partner. La convivenza stimola dunque a prendere continuamente posizione e ad autodefinirsi (...) le regole individuali vengono continuamente verificate e corrette (...) il raccontarsi a vicenda libera da un'ottica unilaterale e soggettiva e ha un'importante funzione di rigenerazione e di compensazione. (...) Abitare in un universo costruito in comune consente di vedere il mondo reale con altri occhi. (...) In ogni caso un rapporto di coppia è un continuo processo di crescita e di cambiamento, nel quale costantemente si soffre, si ridimensionano le aspettative e si ricomincia daccapo"-. ( J. Willi, pp. 202-205, pag 102 )

L’amore fra l’uomo e la donna è un amore in cui non è possibile abbandonarsi completamente nelle braccia dell’altro senza avere problemi, ma è un amore in cui occorre fare uno sforzo quotidiano per la riuscita del rapporto. La vita di coppia, per l’impegno che comporta da parte di tutte le componenti della personalità, sentimento, ragione e volontà, è l’ambiente che favorisce la crescita dell’amore autentico verso la persona e che permette un continuo processo di crescita psicologica nei partners: questi due aspetti sono fondamentali per la formazione psico affettiva dei figli.

Qual è l’amore autentico? L’amore autentico è quello che cerca prima di tutto il vero bene dell’altro e non il proprio benessere.

L’amore autentico non è fatto solo di belle sensazioni e di bei sentimenti ma è fatto di sacrificio, di perdono, di aiuto reciproco. L’amore autentico è una strada diversa da quella di chi cerca soprattutto il proprio benessere, l’assenza di dispiaceri, delusioni, contraddizioni, è una strada diversa da quella di chi rimane insieme con un’altra persona soltanto fino a quando tutto procede senza problemi.

Quello dell’amore autentico è un percorso faticoso e difficile ma è un percorso che mette al primo posto il bene dell’altro, è un itinerario diametralmente opposto a quello dell’egoismo e che porta a concepire e a vivere un amore sempre più disinteressato, simile a quello di Dio, un amore che mette al primo posto il valore della persona e non il valore del piacere.

Insegna Giovanni Paolo II che "- (…) l’amor coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l’altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà "-( Giovanni Paolo II, Discorso al tribunale della Rota Romana, 21- 1- 1999 ).

 

Stare insieme stabilmente con una persona comporta un impegno totale e il rapporto a due favorisce la crescita psicologica perché, chi vive con un altro, è costretto a conoscere meglio se stesso: per rendersi comprensibile all’altro, infatti, deve rendersi comprensibile a se stesso, deve mettersi in discussione, deve cercare ciò che è giusto oggettivamente al di fuori delle proprie visioni unilaterali e soggettive.

Nella vita di coppia si diventa più facilmente consapevoli della soggettività delle proprie interpretazioni attraverso il confronto con la continua critica che viene dall’altro.

Secondo la psicoecologia il rapporto di coppia stabile rappresenta una fonte naturale e preziosa di psicoterapia.

 

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Ilaria :) il 22/01/15 alle 16:12 via WEB
​ ​La misericordia non è solo un problema della teologia dei manuali neoscolastici, ma è anche un problema della filosofia, o per meglio dire di alcune tendenze filosofiche. Secondo il filosofo moderno per eccellenza Immanuel Kant, l’etica deve essere guidata non da emozioni, come la misericordia e la compassione, ma dalla stessa coscienza del dovere morale. Si pensi anche a filosofie di tipo marxista o socialista, che sospettano che la misericordia sia un sostituto della giustizia, il tentativo di rammendare buchi individuali di bisogno sociale invece di riformare lo stesso sistema sociale e creare un nuovo ordine di giustizia per tutti. Sentiamo il grido: «Non vogliamo misericordia, no, vogliamo giustizia, vogliamo i nostri diritti!». «Non vogliamo uno Stato o un imprenditore che ci faccia misericordiosamente l’elemosina, no, abbiamo diritto a uno stipendio giusto!». È bene che il nostro sistema politico sia basato sull’ideale della giustizia e ne siamo grati. Però il nostro sistema economico e sociale è basato anche sulla competizione. Non c’è spazio per la compassione e la misericordia. Prevale il più intelligente che ha più successo, prevale spesso il più forte o il più furbo, che ha la capacità di imporsi contro gli interessi degli altri e non si cura degli altri. Spesso prevalgono nella nostra società tendenze sociali darwiniste, cioè il diritto del più forte e l’affermazione senza riguardi dei propri interessi egoistici. La parola di Gesù nel suo Discorso sulla Montagna, «Beati i misericordiosi», suona strana in questo contesto. Da ultimo Friedrich Nietzsche ha disprezzato la misericordia, come espressione di debolezza, indegna dell’uomo signorile (Herrenmensch) forte e duro. Nietzsche, nel suo Così parlò Zarathustra, disegnava un vero contro-vangelo al Discorso sulla Montagna. Le conseguenze del nazismo, o meglio gli abusi che ne facevano i nazisti, erano terribili con la loro ideologia della razza signorile e il loro disprezzo dei deboli, degli handicappati, delle cosiddette razze indegne della vita. Sono state addirittura le due ideologie del marxismo e del nazismo, che tantissimo hanno devastato il XX secolo e che hanno causato tanti dolori a tantissimi uomini, che hanno portato a un ripensamento dell’idea di misericordia. Un mondo senza compassione e senza misericordia è un mondo freddo. Esistono testimonianze sconvolgenti a proposito della miseria umana e la disperazione in cui si trovava il mondo ateo del marxismo dell’Unione Sovietica, dove si viveva nella totale assenza di misericordia. Sappiamo che alla fine con la misericordia anche la giustizia era perduta e calpestata. Già Giovanni XXIII, nel suo discorso di apertura del Concilio Vaticano II, ha detto: «Oggi la Chiesa preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità». Il futuro papa Giovanni Paolo II ha vissuto il terrore della Seconda Guerra Mondiale, la dittatura nazista e comunista in Polonia, una situazione di ingiustizia, di mancanza di diritto e di misericordia. In tale situazione ha scoperto di nuovo l’importanza della misericordia biblica e ha promulgato la seconda enciclica del suo pontificato sul tema, Dives in misericordia. Come risposta ai terrori del secolo scorso, Papa Benedetto ha approfondito questo messaggio nella sua enciclica Dio è amore. Adesso Papa Francesco ha fatto della misericordia il tema centrale e fondamentale del suo pontificato. Anche in lui c’è un fondo di esperienza personale. Negli slum di Buenos Aires ha incontrato gente che si sente ed è considerata come scarto, uomini e donne, bambini e anziani esclusi dal progresso economico e culturale, bambini di strada, spesso abusati. Anche oggi si parla di almeno 12 milioni di schiavi a livello mondiale, esseri umani costretti a vivere in situazioni miserabili e al lavoro forzato. E chi di noi non pensa al destino di milioni di persone esposte al terrorismo brutale e cinico, ai rifugiati nelle mani di trafficanti senza coscienza? Il tema della misericordia non è superato, il messaggio della misericordia è di grande attualità. L’attualità della misericordia ci stimola a scavare nella tradizione del pensiero umano per una risposta alla nostra situazione. Benché la parola «misericordia» sia specifica nella Bibbia e nella tradizione biblica, se ne trovano preparazioni e anticipazioni nella tradizione umana dell’Occidente. La tradizione della filosofia e anche della teoria della tragedia nell’Occidente conosce la compassione. La tragedia classica vuole che lo spettatore sperimenti compassione con il destino dell’eroe e in lui sperimenti il suo proprio destino. Da lì nella teoria moderna del teatro spesso è provenuto l’interesse per l’insegnamento e l’educazione morale dello spettatore. I principi di empatia e di simpatia (syn-pathein, compassione) sono, dunque, costitutivi della tradizione umanistica. In quasi tutte le religioni dell’umanità si trova la cosiddetta "regola d’oro": «Ciò che non vuoi che sia fatto a te, non farlo ad un altro», o nella sua formulazione positiva: «Ciò che vuoi che sia fatto a te, fallo anche all’altro». Questa "regola d’oro" è un’eredità di tutta l’umanità. Essa è una regola di empatia, che chiede di oltrepassare il proprio io, di mettersi nella situazione dell’altro e di agire come io desidererei che l’altro agisse in tale situazione con me. Questi esempi mostrano una concezione dell’uomo che non è autoreferenziale e rinchiuso in se stesso, ma di un uomo che deve aprirsi all’altro, un’antropologia dell’empathein e del sympathein con l’altro, e una comprensione di se stesso dall’altro, all’altro e nell’altro. La tradizione biblica va oltre. Tuttavia, è il caso di aggiungere già adesso che il Corano islamico partecipa, in una certa misura, alla tradizione biblica, per cui con la misericordia è in gioco non solo la concezione dell’uomo, ma anche di Dio. Ogni Sura coranica (tranne un’eccezione) inizia con l’invocazione di Allah onnipotente e tutto-misericordioso. Ci sono, dunque, similitudini con la concezione biblica della misericordia, similitudini che sono importanti per il dialogo interreligioso e per l’autocomprensione dell’islam, che contraddice il terrorismo. Eppure, proprio lì dove appare la similitudine, anche appare la dissimilitudine decisiva fra la Bibbia e il Corano. Infatti, la concezione di Allah come Dio non è la stessa che si ha di Jahvé nell’Antico Testamento e del Dio Padre di Gesù. Un Dio che, in ragione della sua misericordia, si abbassa fino al punto di diventare uomo e morire sulla croce, una tale concezione è del tutto inimmaginabile per l’islam, anzi essa viene fortemente rifiutata e considerata in stretta contraddizione con la trascendenza assoluta di Dio. Così, già a questo punto si evidenzia che con l’idea della misericordia non solo la concezione dell’uomo come essere con e per gli altri, ma anche la concezione giudeo-cristiana di Dio stesso entra in gioco. Con la misericordia tocchiamo la vera identità del cristianesimo. Essa presuppone un fondamento generale, che risale alla creazione dell’uomo, per cui non è bene che egli sia da solo; così esiste una salda base comune per il dialogo interreligioso, che oggi è tanto importante per la pace e la sopravvivenza dell’umanità. Esistono approcci umani ermeneutici alla concezione della misericordia. Però, proprio su questo insiste una religione umanistica generale, che oltrepassa la differenza specifica cristiana e, per così dire, oltrepassa il contributo specifico del cristianesimo in questo dialogo per il bene di tutti. (...) L’affermazione «Dio è misericordia» significa che Dio ha un cuore per i miseri. Egli non è un Dio, per così dire, sopra le nuvole, disinteressato al destino degli uomini, ma piuttosto si lascia commuovere e toccare dalla miseria dell’uomo. Egli è un Dio compassionevole, un Dio «simpatico» (nel senso originale di questa parola). Tali e altri argomenti hanno portato la teologia recente a una nuova riflessione sull’immutabilità e l’impassibilità di Dio. A causa della sua perfezione assoluta Dio non si commuove, ma a causa della sua sovranità nella carità in un senso attivo e libero si lascia commuovere e toccare dalla miseria dell’uomo. Non c’è passione, ma c’è compassione in Dio.
 
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