da
'MISERICORDIA , Empatia del mondo '
di
Walter Kasper
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Povertà è un tema attuale nel nostro mondo ed è una sfida soprattutto per noi cristiani. Certo, povertà si trova anche da noi, in Occidente. Se faccio una piccola passeggiata attorno a San Pietro incontro non solo molti turisti, ma anche, soprattutto la sera, molti poveri che vivono sulla strada. Nelle periferie di Roma sono ancora molti di più. Grave la povertà nascosta di molti anziani, di molte famiglie, che non possono pagare l’affitto, la corrente, il gas o che alla fine del mese non hanno più soldi per mangiare, per le medicine. Il volto della povertà lo vediamo anche nelle nostre città nel mezzo di una civilizzazione cosiddetta di abbondanza.
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Il problema della povertà è ancora più grave nell’emisfero sud. Mi ricordo di molte visite negli slum in Africa, Asia, America Latina. Da ogni visita sono ritornato diverso. Lì abitano due terzi dei cristiani. Sono i nostri fratelli e sorelle. Poiché non sanno come vivere vengono da noi, bussano alle nostre porte, arrivano sulle nostre coste e chiedono asilo. Emigrazione e immigrazione sono oggi una realtà per molti milioni, sono segni dei tempi. Domandiamoci: ascoltiamo il grido dei poveri? O facciamo parte della globalizzazione dell’indifferenza? Se fosse così, non saremmo più degni di chiamarci cristiani.
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Papa Francesco ha capito la sfida e sa interpretare i segni dei tempi. Lui ha il desiderio, pure il sogno, di una Chiesa povera per i poveri. Un programma che ha presentato già nei primi giorni del suo Pontificato e che ha ripetuto spesso; anzi, non solo ripetuto, ma sottolineato con gesti forti: le visita a Lampedusa, in Sardegna, in Albania. E col suo stile di vita semplice. Lui non è più il papa-imperatore, il papa-re, il papa-principe del passato. Ha chiuso definitivamente l’epoca di Costantino e iniziato una nuova era nella storia della Chiesa.
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Molti erano e molti sono ancora sorpresi e si chiedono: che cosa significa «Chiesa povera per i poveri»? Si domandano: come mai una Chiesa povera può aiutare i poveri? E ci si chiede ancora: il programma del Papa non è forse un programma irrealistico, utopico, romantico?
Ma per comprendere il Papa si deve scavare più in profondità. Questo Papa non è né comunista né liberale, è un radicale nel senso originale di questa parola. Lui è radicale perché va alla radice del cristianesimo. Per questo Papa il punto di partenza e la norma sono solo il vangelo di Gesù Cristo. Non a caso la sua lettera apostolica ha il titolo Evangelii gaudium.
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Si può anche dire: Lui è un papa evangelico, certo non nel senso confessionale, ma nel senso originale di questo termine. Lui vuole un rinnovamento della Chiesa a partire dall’origine. Solo dalla sorgente si può attingere acqua fresca. E di questa acqua fresca abbiamo bisogno. La riforma della Chiesa, che oggi molti richiedono, non è un adattamento allo status quo, alla situazione, al mondo. «Non conformatevi a questo mondo», dice l’apostolo Paolo. Riforma significa ritornare alla forma originale della Chiesa, alla Chiesa del nuovo Testamento, della primitiva Chiesa di Gerusalemme. Certo, non possiamo ripristinarla, ma dobbiamo plasmare la Chiesa in un modo costruttivo e creativo secondo il modello e secondo l’esempio delle origini. In ultima analisi dobbiamo plasmare la Chiesa e la vita di ogni cristiano secondo il modello e secondo l’esempio di Gesù. Questo è il significato della parola 'radicale'. Si tratta di vivere la radicalità della carità e della tenerezza con chi è povero. (...) Vivere la povertà del Vangelo vuol dire poi vivere la misericordia. Nel Sermone sulla montagna Gesù aggiunge alla beatitudine per i poveri un’altra beatitudine: «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). E aggiunge: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,38).
Che cosa è questa misericordia? Se partiamo dallo stesso termine, misericordia vuol dire avere un cuore per i miseri, avere compassione e lasciarsi muovere dalla sofferenza altrui. Gesù ci mostra che questa compassione non è solo una emozione; l’emozione del cuore deve diventare attiva e portarci a muovere le mani e i piedi per andare incontro e per aiutare l’altro. In questo senso Gesù raccontò la parabola del buon Samaritano: lui sentì compassione per il povero ferito e scese nel fango della strada, toccò e fasciò le sue ferite, lo portò nell’albergo e pagò tutte le spese per lui (Lc 10,29-37).
Misericordia è un comportamento attivo che combatte attivamente la povertà e la miseria altrui e la povertà e la miseria nel mondo. La misericordia resiste all’ingiustizia e s’impegna per la giustizia e, come il buon Samaritano, va anche oltre la giustizia. La povertà non è un valore in se stesso, no, è una realtà da combattere e da superare. La misericordia vuol dire farsi povero condividendo i propri beni per superare la povertà degli altri.
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continua
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belliissssssima!
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