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Un blog creato da GiuseppeLivioL2 il 31/08/2014

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Post n°85 pubblicato il 06 Marzo 2017 da GiuseppeLivioL2



FENOMENO O NO  ???    


Domenico Berardi  


   

Sembrava destinato a diventare subito un grandissimo calciatore, un top player  

come Belotti, Verratti e Donnarumma,   

invece ha dovuto rallentare parecchio la sua corsa, che pareva inarrestabile, verso la definitiva consacrazione..  

Riuscirà a riprendere alla grande (speriamo  alla grandissima) 

e a diventare titolare della Nazionale italiana ??    

 

 

 
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Master of Puppets il 18/03/17 alle 21:48 via WEB
L'impatto con la droga è pur sempre duro ("Twisting your mind and smashing your dreams", "Travisando la tua mente e distruggendo i tuoi sogni"), tanto che non ci si accorge nemmeno che la sostanza ci sta lentamente uccidendo ("Blinded by me, you can't see a thing", "Reso cieco da me, non riesci a vedere nulla"). Terribili sono gli ultimi versi del chorus: dovrai "solo chiamarmi per nome/perché io ti sentirò gridare/Maestro/Maestro" ("Just call my name/'cause I'll hear you scream/Master/Master"). In altre parole, quando si è in astinenza da droga, basta pensarla, basta "chiamarla" col pensiero, affinché il suo delirante bisogno accompagni - quasi meccanicamente - i gesti corporei verso l'assunzione. Allucinante. Agendo sempre in questa maniera ("Needlework this way") mai si tradiranno le proprie aspettative ("Never you betray") nei riguardi dell'effetto gratificante della droga. Però, così facendo, "una vita fatta di morte si sta delineando sempre più chiara" ("Life of death becoming clearer"). Il momento dell'assunzione si caratterizza ormai per due cose: "monopolio del dolore, [e] miseria rituale" ("Pain monopoly/ritual misery"), sottolineando quanto sia degradante il doversi drogare perché non se ne riesce a fare a meno. Ed allora arriva una delle immagini più desolanti, con te che "ti prepari la colazione su uno specchio" ("Chop your breakfast on a mirror"), superficie liscia che permette di individuare bene tutti i grani da assumere, senza che questi vengano dispersi. Non c'è che dire: liriche assurdamente nude e crude, ma fottutamente evocative. Musicalmente parlando, invece, gli stacchi che introducono la canzone si potrebbero riconoscere fra altri mille. Tutti urlerebbero subito "MASTER!!". A partire dall'inconfondibile riff d'apertura, la canzone si struttura con dei poderosi stacchi che danno il la ad un groove a dir poco leggendario, indelebilmente inciso nel cuore di ognuno di noi. Il tiro è deciso, ma non troppo veloce, marcato piuttosto sugli stacchi di batteria. Il cambio di tono permette alla canzone di variare e non stufare, sebbene non si discosti dalla medesima resa sonora. Il chorus è impreziosito da alcune sferzate melodiche di chitarra, mentre la voce di Hetfield viene affiancata da un eco che riprende i fine versi. Il chorus acquisisce maggiore velocità e traghetta la canzone verso la sua seconda sezione, identica alla prima. A metà traccia la mitica risata viene letta, alla luce dei fatti di cui sopra, come una voce che si perde nei meandri della testa di un tossicodipendente. La droga pare essere finalmente arrivata, dopo tanto tempo passato ad invocarla. L'arpeggio pulito di chitarra è la sostanza che si diffonde, superando la superficie delle vene: la soavità del musica che si sprigiona è quasi paradisiaca e l'assolo seguente - oltre che storia - è zuccheroso miele, un orgasmo indotto dalla droga. Se la prima parte della canzone può essere intesa come una disperata richiesta di assunzione, la parte centrale e l'assolo come l'effetto stordente ed appagante, la terza parte (dal post-assolo fino alla fine) può essere il tragico lascito degli effetti della cocaina sul corpo del protagonista, uomo già segnato nel suo destino. Il resto della canzone - da 4:47 in poi - è la nuova caduta nell'oblio: un nuovo viaggio nel dolore e nella triste sofferenza di essere dipendenti. Un potente crescendo di tamburi apre una sezione in cui le chitarre procedono strascicanti, talmente pesanti da far male alle orecchio, così abrasive nel loro incedere. Bellissimi i cori di supporto ad Hetfield che rimarcano l'incredulità del drogato: "Maestro, maestro/dove sono i sogni che prima avevo?" ("Master, Master/where's the dreams/that I've been after?") s'interroga il disgraziato. Poco ci passa prima che avvenga una lucida constatazione dei fatti ("Master, Master/you promised only lies", "Maestro, maestro/Tu hai promesso solo menzogne"). Ma ormai è troppo tardi, giacché "Risate, risate/tutto quello che posso sentire o vedere sono risate/Risate, risate/Ridendo delle mie grida" ("Laughter, Laughter/all I hear or see is laughter/Laughter, Laughter/laughing at my cries"): il tragico passo è stato compiuto ed oramai è inutile qualsiasi rimedio: si è irreparabilmente persi nella propria miseria. A questa splendida sezione s'accompagna uno speditissimo assolo di Hammett, che fa correre la sua ascia come meglio sa fare. Irripetibili i fraseggi a salire e poi a scendere che sono dal minuto 6:19 in poi. L'ultima strofa della canzone è a coronamento di questo viaggio infernale nella droga: domandandosi se l'inferno è valso tutto questo, il protagonista si ritrova in un labirinto senza fine, fatto di parole senza un senso, ma con i giorni ben contati, giacché la sua vita sta volgendo al termine ("Hell is worth all that/natural habitat/Just a rhyme without a reason/Neverending maze/drift on numbered days/now your life is out of season"). Il bridge finale è la dichiarazione d'intenti della droga: lei s'impossesserà di te, ti aiuterà a morire, scorrerà al tuo interno ed, infine, ti controllerà ("I will occupy/I will help you die/I will run through you/Now I rule you too"). Otto minuti e trentacinque di viaggio negli anfratti della droga, un dedalo da cui è difficile uscire e che strema - quasi - come una dose vera. Canzone pazzesca. E siamo solo alla seconda traccia. 
 
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