Si ricomincia, la piccola appendice epifanica non la conto neppure. Ormai bisogna tornare alle grane quotidiane, senza più l’alibi degli acquisti e delle performance culinarie con cui giustificare le rimozioni momentanee. Allora, pronti via, ho deciso: oggi pomeriggio – il primo di vedovanza bianca di questo nuovo anno – mi metto al lavoro, ricomincio a pensare all’esercito di pancioni enormi e di neonati minuscoli sui quali concentrare il mio neurone, alla ricerca di idee nuove con le quali propinare concetti vecchi. Non puoi dire nulla di rivoluzionario sulla gravidanza o sui neonati, allora bisogna trovare un altro modo, ma neanche quello deve essere rivoluzionario, altrimenti il cliente si spaventa e ti sega il lavoro. Il briefing? Tono amichevole senza essere salottiero, affidabile senza sembrare didattico, divertente senza usare l’ironia. E soprattutto, deve essere rigorosamente po-si-ti-vo! L’emozione, la gioia, il miracolo della maternità… Tutto il resto, il vomito, il mal di schiena, le caviglie gonfie e il dolore inimmaginabile del travaglio va edulcorato, ridotto alla stregua di un lieve fastidio, più simile a un unghia spezzata che alla fatica di portarsi dentro, e poi espellere, un torello di quattro chili. Penso alle benedizioni che manderanno alla scrivente le mamme in attesa, confrontando la realtà con la passeggiata meravigliosa prospettata dalle mie parole. A Milano si dice che quello della gravidanza e del parto è un “mal desmenteghin”, cioè che si scorda subito dopo la nascita del pupo. Un po’ più difficile, però, dimenticarsi del fagotto grinzoso e urlante che monopolizzerà tutto il tempo, notti comprese. Scrivere alle neo mamme di prendersi cura di sé con massaggi, letture e musica, sono certa che mi assicurerà un numero piuttosto alto di inviti a usare le mie terga per pratiche non ortodosse… Per fortuna non ci sarà il mio nome sui libercoli… io sono solo la pennivendola!
Nuovo anno, vecchio lavoro
Si ricomincia, la piccola appendice epifanica non la conto neppure. Ormai bisogna tornare alle grane quotidiane, senza più l’alibi degli acquisti e delle performance culinarie con cui giustificare le rimozioni momentanee. Allora, pronti via, ho deciso: oggi pomeriggio – il primo di vedovanza bianca di questo nuovo anno – mi metto al lavoro, ricomincio a pensare all’esercito di pancioni enormi e di neonati minuscoli sui quali concentrare il mio neurone, alla ricerca di idee nuove con le quali propinare concetti vecchi. Non puoi dire nulla di rivoluzionario sulla gravidanza o sui neonati, allora bisogna trovare un altro modo, ma neanche quello deve essere rivoluzionario, altrimenti il cliente si spaventa e ti sega il lavoro. Il briefing? Tono amichevole senza essere salottiero, affidabile senza sembrare didattico, divertente senza usare l’ironia. E soprattutto, deve essere rigorosamente po-si-ti-vo! L’emozione, la gioia, il miracolo della maternità… Tutto il resto, il vomito, il mal di schiena, le caviglie gonfie e il dolore inimmaginabile del travaglio va edulcorato, ridotto alla stregua di un lieve fastidio, più simile a un unghia spezzata che alla fatica di portarsi dentro, e poi espellere, un torello di quattro chili. Penso alle benedizioni che manderanno alla scrivente le mamme in attesa, confrontando la realtà con la passeggiata meravigliosa prospettata dalle mie parole. A Milano si dice che quello della gravidanza e del parto è un “mal desmenteghin”, cioè che si scorda subito dopo la nascita del pupo. Un po’ più difficile, però, dimenticarsi del fagotto grinzoso e urlante che monopolizzerà tutto il tempo, notti comprese. Scrivere alle neo mamme di prendersi cura di sé con massaggi, letture e musica, sono certa che mi assicurerà un numero piuttosto alto di inviti a usare le mie terga per pratiche non ortodosse… Per fortuna non ci sarà il mio nome sui libercoli… io sono solo la pennivendola!