The Good Wife

Un'offerta speciale


Già dal parcheggio capisci che la situazione è critica, quando ti tocca salire al quarto piano per trovare un posto. Il supermercato di venerdì significa volersi far del male. Peggio se è momento delle insidiose offerte speciali.Le corsie sono la materializzazione del concetto di caos. Più che un supermercato, una pista di autoscontro.Il rischio di femori fratturati è altissimo, soprattutto per le vecchiette con il cappellino a marron glacé, quelle che procedono con lo sguardo perso e lo sprint di una tartaruga pluricentenaria, e che ti verrebbe voglia di far sedere nel seggiolino del tuo carrello pur di farle arrivare incolumi al lontanissimo approdo delle casse (ma solo se non hai fretta, altrimenti accarezzi più facilmente l’idea di una raffica di bazooka risolutoria).Nella coda interminabile alla cassa, davanti a me, una coppietta che la terza età deve averla superata da un pezzo. Li guardo per un bel po’, non solo perché non ho altro da fare, ma perché sono fragili e teneri come due passeri sul ramo di un albero. Minuscola lei, poco più alto ma curvo lui (possono essere i nonni di Frodo), e senza un particolare fuori posto. Ordinati, precisi nei piccoli  movimenti incerti,  bisbigliano tra loro, guardandosi in volto quando si parlano, e più di una volta sorridono. Nel carrello niente di superfluo, con la piccola eccezione di una scatola di cioccolatini, forse per un regalo o, spero, da condividere tra loro, uno per sera, davanti alla tivù.La coda procede lentissima, lei forse è stanca, perché lui le batte delicatamente la mano tra le spalle, come per confortarla.Si intuisce che da tempo immemorabile ciascuno di loro è l’orizzonte dell’altro, tanto si somigliano nei gesti e nelle espressioni. Ma ciò nonostante, dopo una vita passata insieme, non si guardano, si vedono. E non si limitano a sentirsi, si ascoltano.Chissà quante volte le mani sottili di lei, adesso deformate dall’artrite e solcate da grosse vene azzurre, si sono alzate a sistemargli il colletto della camicia appena stirata, o ad accarezzargli il viso; quante volte si saranno reciprocamente consolati; quanto avranno condiviso, nella morbida accoglienza dei corpi non ancora spigolosi e contorti, un’intimità sempre più profonda; quante volte lui le avrà offerto il braccio e l’avrà sorretta per scendere dal marciapiede. Sono certa che avvenga tuttora, anche se ormai non si capisce bene chi sorregga chi.  Come tutti, avranno passato momenti neri nella loro lunga vita, ma sembrano averlo fatto insieme e insieme esserne usciti, continuando a far scorrere nella clessidra i piccoli riti quotidiani. Magari sarà stato un matrimonio terribile, ma qualcosa mi dice che non è stato così. E mi piace pensare che il prossimo ostacolo sul cammino l’affronteranno ancora insieme, con i loro piccoli passi cauti, preoccupati solo di non perdere il ritmo comune. Raccolgo da terra un pacchetto di pastina sgusciato a tradimento dal loro carrello e glielo porgo. Mi ringraziano chiamandomi “signorina”, con la riconoscenza di chi alla gentilezza altrui non è più abituato. In silenzio, con un sorriso, li ringrazio io, per ciò che inconsapevolmente mi hanno offerto: uno scorcio di vita che mi ha riconciliato con la stessa. Un’offerta preziosa, inattesa e gratuita proprio qui, fra pile di scatole di pelati e il beep ininterrotto del lettore di codici a barre.